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ESCLUSIVA TMW - Paolillo: "City elude il FPF. Nell'Inter rivedo la fame di vittoria del Triplete"

di Ivan Cardia
Fonte: Inviato a Istanbul
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

"Alla fine non sarà a Istanbul, ma tiferò da casa". Ernesto Paolillo sa bene cosa vuol dire vincere la Champions League. L'amministratore delegato dell'Inter che vinse il triplete presenta a TMW la finale contro il Manchester City.

Sembra Davide che sfida Golia…
"Assolutamente sì. Mi viene in mente una frase che sentii dire a Nereo Rocco. Scendeva in campo alla guida di una squadra non favorita e gli dissero: 'Che vinca il migliore'. Rispose: 'Speriamo di no'".

Se le dico che la rosa del City è costata quasi un miliardo in nove anni e quella dell'Inter 290 milioni in dodici anni cosa mi risponde?
"Parliamo di dimensioni completamente diverse. Però mi auguro che l'Inter vinca per tre motivi. Anzitutto, di cuore: sono interista sin da bambino e continuo a esserlo. La seconda motivazione è per le regole del fair play, che puntano a far sì che le squadre meno spendaccioni possano vincere. Anche se l'Inter non è proprio tra le più virtuose, sarebbe comunque una vittoria del FFP. Il terzo motivo è Marotta: sono convinto che sia il migliore dirigente sportivo italiano in assoluto. Merita di vincere una Champions, non solo per la sua bravura ma perché ha costruito questa squadra vendendo i migliori e indovinando gli acquisti. Ha speso bene quel poco che poteva".

Tra l'altro sarà la terza finale per lui…
"Assolutamente sì. Per questo tifo Inter e tifo Marotta".

Parlava del Financial Fair Play, di cui lei è stato tra i padri fondatori. È paradossale, l'Inter ne ha violato le regole e il City no.
"È un classico caso di elusione delle norme, dovuto al fatto che la proprietà si confonde con lo sponsor. Quello che quest'ultimo paga viene preso per buono e non considerato eccessivo come dovrebbe essere. Lo stesso ragionamento vale sia per Etihad nel caso del City che per il Qatar in quello del PSG. Servirebbe una regola chiara, ma non è stata messa e non è in animo di metterla, sul dare alle sponsorizzazioni un effettivo valore commerciale".

Limitare l'ingresso di fondi sovrani nel calcio è invece sostanzialmente impossibile.
"È impossibile. E poi dobbiamo parlare chiaro: andrebbe fuori da una logica di bene del calcio. Dei grossi investitori è bene che ci siano, movimentano il mercato".

La finale ha portato tanti milioni nelle casse dell'Inter e fatto crescere il brand. È un risultato che aiuta Zhang a cedere meglio il club o ad andare avanti?

"Sono arrivati diversi milioni, come giustamente dice lei. Però non sono sufficienti a coprire il debito che la proprietà ha con Oaktree. Dubito che riesca a ripagare i debiti con questi introiti, semmai aiutano a pagare le rate. Io mi auguro che, acquistando valore sia il brand che i giocatori stessi, questo permetta alla proprietà di vendere meglio. Ma di vendere".

In tal caso, crede più all'ipotesi Zilliacus o a scenari che chiamano in casa gli Stati Uniti?
"Io credo che lo sport sia ormai in mano agli USA, hanno dimostrato di saperne fare un business come in NBA o in NFL. Poi io penso sempre che qualche Paese arabo si impegnerà: prima o poi mi aspetto l'Arabia Saudita, che non spenda solo tanto per avere qualche giocatore blasonato in un campionato povero di talento. La rivalità tra le grandi famiglie arabe c'è e il calcio può beneficiarne. Infine, mi aspetto sempre nuovi fondi internazionali, magari asiatici, che possano investire nel calcio. Credo meno, lo dico chiaramente, all'imprenditoria italiana, che ormai non ha molto da dare al calcio".

Lei ha vissuto in prima persona il Triplete, rivede qualcosa di quella squadra in questa?
"La fame di vittoria. È quella che mi fa sperare in un risultato positivo. Nel calcio, a tutti i livelli, ho visto che la squadra più affamata di vittoria vince: la determinazione spesso fa molto più della classe. Rivedo quella fame e questo mi fa ben sperare".

In Inzaghi, invece, è difficile rivedere Mourinho.

"Sono molto diversi per caratteristiche. Inzaghi è andato molto bene perché è stato disposto a mettersi in gioco con un'Inter dove venivano venduti grandi giocatori e gli acquisti erano buoni calciatori ma non campioni. Alcuni li ha resi campioni lui, va detto. È riuscito a essere il miglior sostituto possibile di Conte: ha permesso di mantenere l'ossatura della squadra senza cambiare giocatori. Ci sono state tante critiche, io sono stato il primo e lo ammetto: alla fine, però, ha avuto ragione lui. È in finale, è bravissimo e sono pronto a fare il mea culpa".

Si è già meritato il rinnovo di contratto di cui si parla?
"E beh, direi di sì. Assolutamente sì".

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