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ESCLUSIVA TMW - Crisetig: "Mirandes piccolo club, ma ci alleniamo. I ricordi con Benitez e Mou"

di Andrea Losapio
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

“Sono negativo sia al tampone che al sierologico”. Lorenzo Crisetig, dallo scorso 6 febbraio, è al Mirandes, club di seconda divisione spagnola che ha perso in semifinale di Copa del Rey contro la Real Sociedad. L’ex Frosinone è rimasto in Spagna dopo lo scoppio della pandemia. “Non pensavo fosse così lunga, in Italia c’era il boom, mi sembrava più un problema che una soluzione. Inizialmente c’era differenza fra Bergamo e Milano oppure la Spagna. Poi c’è stata una espansione rapida, simile”.

La situazione si è sentita?
“Specialmente nel periodo di lockdown, la gente non usciva di casa se non con mascherine e guanti. Non c’era bisogno dell’autocertificazione, la gente è stata molto diligente”.

È da solo?
“Sì, le giornate erano più lunghe, avevo qualche svago, serie tv, sto approfondendo lo spagnolo, giocavo alla Playstation cucinavo. Sentivo gli amici a Milano, ho vissuto sei anni lì. Qui forse la situazione era un po’ meglio”.

Come si sta trovando in Spagna?
“È la prima esperienza all’estero, in un altro club, mi sta piacendo come approccio e per come vivono, calcio in particolare. Cambia rispetto all’Italia, soprattutto nel metodo di allenamento: al 99% è con la palla, ad alta intensità, pochissimo il riscaldamento. Qualche volta il lavoro atletico, i compagni e lo staff sono molto disponibili. Io non parlavo una parola di spagnolo, oramai l’ho imparato”:

Preferisce il calcio spagnolo?
“Mi fa un po’ sorridere come possibile affermazione, non parlando di me: se uno è bravo, ha voglia di applicarsi, fa bene comunque. Però sì, rispetto all’Italia c’è meno attenzione tattica, meno dogmi, c’è più abilità individuale”:

Che cosa cambia?
“I ritmi, gli orari del pranzo e della cena. Io sono di Udine, del Nord Italia, pranzo e ceno presto. Qui invece sono orari traslati di un’ora e mezza. Poi il cibo è simile all’Italia, l’integrazione è più semplice”.

Il Mirandes è un piccolo club.
“Ma è la seconda volta che in pochi anni arrivano in semifinale di Copa del Rey, il club non è a un livello enorme ma lavora bene, con i giovani, c’è molto entusiasmo. Abbiamo vinto contro il Villarreal. Poi la cittadina, Miranda sull’Ebro, ha circa 60 mila abitanti. C’è l’idea di fare calcio, lo stadio è da 7 mila persone e senza centro sportivo, ma c’è un antistadio. Tutto è molto curato, il luogo ti fa fornire la prestazione”.

Parlando della sua carriera, credeva di poter fare di più?
“Al Cagliari ho potuto esprimermi al meglio, dopo due anni di B, ho fatto 30 presenze, era una grande cosa. A Bologna ho trovato meno spazio, non ho mai avuto la possibilità di trovare continuità, poi sono andato in prestito al Crotone e ci siamo salvati in maniera incredibile”.

Però Bologna è stato forse un ostacolo per la sua carriera?
“No, non mi sento di dire così. Dall’Inter avevano puntato molto su di me, mi avevano cercato con molta insistenza, poi è cambiato il progetto. Quando le cose non vanno bene ci sono responsabilità da parte di ambo le parti. Ora sono contento di essere qui”.

Il calcio spagnolo riparte anche in B?
“Così dicono, il protocollo sarà quello della Liga, si valuterà la situazione. Specialmente per le prime settimane”.

Cosa dice la tabella di marcia?
“Abbiamo iniziato ad allenarci in maniera individuale, dopo i risultati degli esami. Poi potremo allenarci in gruppi da sei, poi da dieci e infine, verso la fine di maggio, tutti insieme. Non vedo l’ora di ricominciare a giocare, di allenarmi, di fare quella cosa che mi piace di più. Ci devono essere determinate condizioni, come la questione civile, extra calcio. Intanto sono contento di allenarmi”.

Cosa cambierebbe nella sua carriera?
“Me lo chiedo spesso anche io. Rifarei qualsiasi scelta, in quel momento erano giuste. Mi hanno fatto vivere determinate esperienze”.

Da teenager era andato in panchina con Mourinho…
“Una esperienza indescrivibile. Ero al primo anno di Primavera, passare da lì ad allenarti con i campioni, fare un’amichevole, anche solo per pochi minuti, bellissimo”.

Un ricordo del portoghese?
“Dopo la partita - mi fece molto piacere - rientrammo con l’aereo. Avevo preso posizione più o meno in fondo, prima di partire il mister si è alzato, lo seguivo con lo sguardo e avevo le cuffie, poi si è fermato da me e mi ha fatto i complimenti, stringendomi la mano”.

Poi ha giocato anche in Champions…
“Non mi sono reso nemmeno bene conto, lì sembra che non sia vero. Rientrammo la sera da Mosca, alle 2-3 del mattino, avevo talmente adrenalina che il giorno dopo mi convocarono per la Nextgen di Primavera e dissi subito di sì. Benitez? Ha vinto talmente tanto, puoi solo parlarne bene”.

Dopo quelle esperienze pensavi di fare il professionista?
“Mia madre mi ha sempre detto di finire gli studi. Poi era tutto in più, avessi avuto responsi positivi ok, altrimenti amen. Mi sono diplomato al liceo scientifico. Per il momento ho sempre pensato di volere rimanere nel calcio, non so ancora come, speriamo sia così. Però volevo una esperienza in Spagna, qualche tempo fa c’era stata la possibilità di andare a Malaga. Non mi precludo niente”.

E ora cosa spera?
“Il mimo contratto scade, ma ho una opzione per l’anno prossimo. Spero di rimanere qui, sarei molto contento”.

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