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ESCLUSIVA TMW - Bertolacci e il Kayserispor: "Qui sembra la Bundesliga. Scudetto? Spero Milan"

di Andrea Losapio
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

"Fa veramente freddo qui, per la prima volta nella mia vita mi sono allenato con guanti, cappello e k-way al 6 di maggio". Andrea Bertolacci ha cambiato vita a gennaio, scegliendo la città di Kayseri, all'interno della Turchia a un passo dalla Cappadocia, e il Kayseripor. "Settimana scorsa c'erano 26 gradi e sembrava estate. Ora fa freddo".

Un cambio di vita da Istanbul a Kayseri?
"A Istanbul sono stato benissimo, ero al Karagumruk, in un club dove giocavo con tanti amici ed ex compagni. Con alcuni di loro ho giocato al Genoa e al Milan, il gruppo era affiatato. Qui a livello di squadra mi rovo bene, il club è molto serio. La città è abbastanza grande, una delle più ampie della Turchia. Molti europei vengono a visitarla, perché poi vanno in Cappadocia. Però la differenza la vedi".

Com'è vivere a Istanbul?
"Bellissimo, è una città di cui sono innamorato. Negli ultimi mesi avevo un appartamento vista mare sul Bosforo, uno spettacolo. Il problema è che per fare un kilometro, in auto, ci impieghi un'ora di macchina. Una volta sono sceso dal taxi e sono andato a piedi. Istanbul mi è rimasta nel cuore, ma devi avere un po' di pazienza nelle ore di puna".

Peggio di Roma?
"Io ci sono vissuto, ci sono cresciuto. Pensavo fosse una passeggiata, essendo abituato al traffico romano. Lì ho capito che non è possibile descriverlo, puoi solo viverci".

La famiglia è rimasta in Italia?
"Sì, qui a Kayseri non c'è una scuola internazionale, è una città più vecchio stampo, più musulmana".

Come passa il tempo?
"Studio inglese. Ho un insegnante online e impiego molte ore a perfezionarlo, mi servirà per il lavoro dopo il calcio. Quindi preferisco saperlo molto bene. Poi libri e serie Netflix, non c'è troppo da fare".

Quindi cosa farà dopo?
"Non lo so ancora, qualcosa scatterà nella mia testa nei prossimi anni e lo capirò. Voglio scegliere per bene cosa sono portato a fare".

Tornando indietro: come mai il Kayserispor?
"Ho fatto una scelta di campo, la presidentessa è una persona che vuole migliorare il club, crescere. Qui lo stadio è bellissimo. Tutti gli impianti sono di proprietà, uno più bello dell'altro, il nostro è una bomboniera. Quando ero venuto a giocarci all'andata, con il Karagumruk, ho segnato pure. Ma mi meravigliai per la bellezza della struttura".

A che stadi europei lo paragona?
"A quelli della Bundes. Sono tutti organizzati con i box, perché in inverno fa freddo, permettono alle famiglie o a chi può di vederla da dentro".

E sportivamente?
"Ho un contratto di due anni e mezzo, al Karagumruk ero in scadenza. Loro mi hanno voluto fortemente, potevano magari aspettare per un precontratto oppure scambiare calciatori, invece hanno deciso di prendermi. Per questo ho scelto così, avevo altre opportunità".

Al Karagumruk c'era Farioli, allenatore italiano in rampa di lancio. Come si è trovato?
"Benissimo. A prescindere dalla persona, molto composta, ne posso parlare solo bene. Il suo calcio è anche il mio, con costruzione da dietro, movimento in sincronia. Ha la mentalità giusta. Non a caso sono tornato ai miei livelli quando ho trovato un allenatore che esprimesse questo tipo di gioco, i numeri sono dalla mia (otto gol quest'anno, ndr)".

C'è stato un momento in cui lei è stato preso dal Milan per la rinascita...
"È difficile da spiegare. Io ho sofferto molto gli anni rossoneri, ho avuto infortuni in serie e non ero abituato. Nei primi quattro o cinque anni di carriera avevo avuto solo un piccolo stop. Nulla di grave. Da lì è iniziato un momento difficile, quando trovavo spazio poi mi facevo male. Quando avevo la possibilità di ritornare mi fermavo ancora, quidni dovevo riniziare tutto da capo. Non era facile mentalmente. Il Milan è un club che ti chiede molto, è importante, vuole vincere".

Però al Genoa era andato bene.
"Sì, ho fatto molte partite, era tornato con fiducia. Poi avevo un allenatore, Gattuso, che mi ha voluto fortemente, mi ha convinto e quasi costretto a rimanere".

Invece...
"Mi sarei rimesso in gioco, ero a un anno dalla scadenza. Purtroppo sono stati stagioni di stravolgimento, prima con Berlusconi e Galliani, poi Barbara, i cinesi, sono ritornato e c'era Elliott, è stato particolare".

Era arrivato con grandi speranze.
"E ho anche giocato parecchio, poi non ero abituato a farmi male. L'ultimo anno c'erano promesse, non mantenute".

Poi ha scelto la Samp. A Genova non gliel'hanno perdonata.
"Lo so, il Genoa è stata la mia seconda casa, ho passato quattro anni indimenticabili, ho raggiunto la Nazionale, ho passato i momenti più belli della mia carriera. Purtroppo alle volte capitano situazioni, nel calcio, che ti portano a fare scelte. Dopo avere concluso il contratto con il Milan mi dovevo guardare intorno, accettare situazioni difficili. In quel momento c'era quella, l'ho dovuta prendere. Posso capire la delusione che hanno provato per l'affetto che mi hanno voluto. So che possono avermi visto, da un lato, come una ferita aperta. Quando i tifosi reagiscono così è per il sentimento che hanno corrisposto nei miei confronti".

Genoa che rischia di andare in B.
"Io mi sono allontanato dal sistema calcio italiano, so che ci sono stati problemi, c'ero anche io. Con Preziosi il Genoa ha rischiato per un paio di anni, però alla fine i grandi giocatori sono sempre arrivati, soldi ce n'erano. Genova si merita di stare nella parte sinistra della classifica".

Che tipo è Gasperini?
"Posso solo parlarne bene, per me è stato il mio vero primo insegnante di calcio, ci sono nozioni che mi porto ancora dentro. Tecnicamente è un maestro perché esalta ogni singolo giocatore, ne tira fuori il meglio. Vuol dire qualcosa. Ho solo stima per lui, poi ci si può trovare bene o male, quello è carattere. Ha una personalità forte, ti dice le cose in faccia. Se ci sono problemi non ha remore, non ha mezze misure, li tira fuori davanti a tutti e cerca di trovare la soluzione. Non penso sia cambiato in questi anni, è un allenatore che stimo: l'Atalanta prima che arrivasse lui rischiava di retrocedere, è riuscito a portarli in Champions, in alcune situazioni era primo...".

Chi vince lo Scudetto?
"Da una parte dico vinca il migliore. Avendo giocato nel Milan... Spero che alla fine lo vincano loro, è la mia ex squadra, sarei contento per alcuni compagno che ancora conosco e sono lì. C'ero al primo anno di Elliott, si vedeva il lavoro fatto da Maldini, volevano tornare a certi livelli. C'era ambizione, un progetto serio. Se oggi sono lì è anche per quello che è stato fatto, io rimango un tifoso milanista".

Come vede il calcio italiano?
"Il messaggio che vorrei mandare è quello di puntare sui nostri talenti. La storia va avanti da un po', si preferisce il calciatore straniero a quello italiano. Qui è necessario avere tre giocatori turchi, dall'anno prossimo saranno quattro con la nuova riforma. Non gli si può contestare nulla, è un paese che tiene molto ai valori e alla popolazione. Mi dispiace vedere sempre meno italiani, tutto si riflette poi sulla nostra Nazionale. Anche io ho iniziato a 18-19 anni, uscito dalla Roma, ma ho avuto la fortuna di scegliere una piazza come Lecce che dopo sei mesi era in A. C'era anche un allenatore, De Canio, che puntava molto su di me. Ci sono tanti incastri che devono andare bene per giocare in Italia. Si etichetta ogni giovane come nuovo fenomeno, sarebbe meglio non farlo".

Stasera affrontate il Gazisehir.
"Vero, ma io non gioco. Siamo oramai salvi e mercoledì c'è il ritorno di Coppa di Turchia con il Trabzonspor, semifinale. All'andata abbiamo perso 1-0 fuori casa, c'è grande attesa".

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