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Donne, mamma, Baggio e Mancini. Pelè e la beffa con il Lecce, le frasi celebri di Eriksson

di Andrea Losapio
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Sven-Goran Eriksson, come tutti gli allenatori di una certa generazione, era capace anche di regalare aforismi. Momenti speciali nella dialettica calcistica che, con l'avvento delle televisioni (e degli uffici stampa) sono oramai quasi impossibili da raggranellare. Ecco una collezione di quanto detto da Svennis nel corso delle sue avventure, dall'Inghilterra alle donne, ma anche sul calcio in generale e sui suoi giocatori.

“La più grande barriera al successo è la paura di fallire".

“Per guidare la nazionale inglese bisogna vincere tutte le partite, non avere una vita privata e magari guadagnare poco.”

“In qualunque Paese quando si perde si viene criticati, ma in Inghilterra sembra che possa scoppiare una nuova guerra mondiale".

“Perché non si possono avere più donne contemporaneamente?”

“Vorrei che la gente pensasse al calcio quando sente parlare di me, alle belle cose che ho fatto. Ma credo che alcuni pensino soltanto alle donne quando sentono il mio nome".

Sulla vittoria dello Scudetto del Giubileo. “Ricorderò sempre lo scudetto con la Lazio. Vincere il campionato in Italia se non sei Juventus, Milan o Inter non è facile".

Sulla sfida fra Roma e Lecce, finita 2-3 e che costò lo Scudetto ai giallorossi. "Non dimenticherò mai quella beffa. Considero ancora quella stagione il mio capolavoro. Forse neanche il Goteborg o il Benfica o la Samp, giocò bene come la Roma che rimontò undici punti alla Juve di Platini. Ma tutto si spense sul più bello, come nei sogni. E il sogno diventò un incubo. Per diversi giorni non mi riuscì a dormire. E, quando crollavo, mi svegliavo di soprassalto, gli occhi gonfi di lacrime. Una sofferenza che in qualche modo mi ha cambiato e che ha cambiato la storia della Roma".

Su Svezia 1958. "Hamrin era il nostro giocatore preferito, ma dopo quel Mondiale volevamo tutti essere Pelé".

Su Roberto Baggio. "Era un giocatore complesso da inserire in un sistema, ma ad alcuni calciatori devi lasciare libertà per consentirgli di dare il meglio: solo così riusciranno a farti vincere. Fino a quel momento avevo allenato grandi calciatori: Nilsson, Chalana, Falcão, Boniek, Pruzzo. Talenti speciali. Ma non avevo mai avuto a che fare con uno del calibro di Roberto".

Su Roberto Mancini. "Rompipalle è una delle parole italiane che preferisco. Un rompipalle è una persona estremamente esigente, ma viene detta in modo affettuoso. Alla Sampdoria, avevamo il più grande rompipalle che io abbia mai conosciuto. Roberto Mancini era un grandissimo rompipalle. E lo dico con tutto l'affetto del mondo".

Sul chi ringraziare per la carriera. "Mia madre ha fatto qualsiasi cosa per me. Io dovevo essere la sua rivincita per questa vita".

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