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Dallo scontro con Nainggolan a Pietrasanta, Mattiello si racconta: "C'è rammarico ma sono orgoglioso"

Esclusiva TMW
di Ludovico Mauro
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© foto di Aleksandr Dal Cero

Una carriera falcidiata dagli infortuni che però è proseguita senza mollare. Noto ai più dopo quel terribile scontro di gioco con Nainggolan in un Chievo-Roma del 2015, Federico Mattiello, ex Juventus, Atalanta e Bologna fra le altre - dopo una stagione di inattività -, ha ripreso da poco in una sorta di seconda casa, a Pietrasanta, in Promozione Toscana, come racconta in esclusiva a Tuttomercatoweb.com ripercorrendo a 360° le tappe principali della sua carriera: "Sono contento, mi sto divertendo. A Pietrasanta vengo in vacanza da quando sono piccolo. E poi dopo tanti anni torno a fare ruoli in campo che mi piacciono, come accadeva da ragazzino: sono sempre stato abituato da sempre a fare il terzino, ora però sto ritrovando una posizione che mi diverte di più. Poi la società è seria, non mi fa mancare niente e anche con i compagni sto bene. Procede tutto al meglio, sono felice".

Dopo diversi infortuni gravi, ha molto rammarico per la sua carriera?
"Ci sono degli aspetti di cui vado orgoglioso, come l'essere rientrato dopo quegli infortuni, perché ne ho avuti due di seguito a tibia e perone. Non sarebbe stato da tutti rientrare ad altri livelli, per cui ci sono dei motivi d'orgoglio ma c'è anche rammarico. Non tanto per la sfortuna, perché alla fine sono rientrato in campo e ora a 29 anni mi sento integro, quanto per il ruolo in campo: adesso a Pietrasanta sto giocando da mezzala a centrocampo, nella posizione in cui ero partito nelle giovanili della Juventus. Mentre quasi tutta la carriera l'ho fatta da terzino destro, e purtroppo dopo le prime gare sono stato bollato in quel ruolo lì. Ma è una posizione che non mi è mai piaciuta, infatti le migliori gare in carriera le ho fatte da esterno sinistro di centrocampo nel 3-5-2. Quindi c'è il rammarico di aver giocato sempre in posizioni che non i piacevano, cosa che mi ha influenzato anche negli infortuni, perché quando in campo non ti senti libero sei più soggetto agli infortuni".

E a proposito della Juventus, com'è stata la sua esperienza a Torino? E come le sembra questa squadra con Thiago Motta?
"Sto seguendo poco le vicende del nostro campionato, ma da quel che ho potuto vedere mi sembra un'ottima Juventus, nata con nuovi stimoli. Sicuramente può fare un ottimo campionato.
La mia esperienza torinese è partita dal settore giovanile fino alla prima squadra. Mi ha cambiato profondamente, da punti di vista umani oltreché tecnici. La Juventus è stata una scuola di vita. Mi hanno insegnato fin da subito non solo le cose tecniche di campo, ma anche gli atteggiamenti da uomo. In prima squadra è stato bellissimo ma anche un'arma a doppio taglio, perché se avessi trovato una Juve un po' più debole avrei avuto più spazio. Ma è stato favoloso, come andare all'Università migliore che ci sia. Allenarsi con quei grandi campioni fa tutta la differenza del mondo, te la porti dietro ovunque. Campioni del genere ti migliorano".

Ha qualche ricordo in particolare? Magari legato anche ad Allegri.
"Grossi aneddoti non ne ho, io ero giovane, pensavo solo ad allarmi e a divertirmi. Ma i ricordi sono bellissimi, era una Juve che girava, piena di campioni. Allegri era una figura perfetta per quella Juventus, perché era un grande gestore e sapeva come tenere a bada tanti galli nel pollaio. E ci riuscì perfettamente, furono annate in cui la Juve dominava in lungo e in largo in Italia facendo anche due finali europee. Era un periodo bellissimo per il club e il tecnico".

Però il suo secondo ciclo alla Juventus è stato diverso.
"È arrivato in una Juventus totalmente diversa dal suo primo mandato. E questa è stata la chiave del fatto che le cose non siano andate secondo i piani. Era una Juve diversa, che puntava più sui giovani, senza una disponibilità economica che aveva in precedenza. Come allenatore, Allegri calzava a pennello più per la Juve del suo primo ciclo che del secondo, dove c'era da lavorare con i giovani che hanno una testa diversa. Non è come gestire i Buffon, Chiellini, Tevez… la differenza è stata che si è ritrovato in una Juventus diversa".

Proprio in bianconero ha giocato con Morata, scelto dal Milan come centravanti.
"Quando arrivò alla Juventus era giovane, un po' come me anche se è tre anni più grande. Eravamo due giovani, lui come giocatore era acerbo ma si vedevano le sue qualità. A livello umano è un bravissimo ragazzo e sono felice abbia vinto un Europeo con la nazionale. Non ha bisogno di presentazioni per quello che ha fatto negli ultimi anni e in particolare di recente. Ha iniziato a segnare di più, è stato Campione d'Europa da capitano: per il prezzo che è stato pagato il Milan ha fatto un affare, soprattutto per le cifre che girano ora sugli attaccanti. Sicuramente può fare bene".

Invece della parentesi all'Atalanta che cosa si porta dietro?
"Ho poco da dire. Sono passato di proprietà dalla Juventus all'Atalanta ma difatti senza mai andarci, perché dopo avermi acquistato mi hanno sempre mandato in giro per vari prestiti, senza mai provarmi in ritiro nemmeno una volta. Non ho mai avuto la possibilità di dimostrare il mio valore a Bergamo".

Lo dice con rammarico o rancore?
"C'è dispiacere, perché ripeto non ho mai avuto la chance di restare in rosa. Nemmeno in ritiro, non mi hanno fatto mai cominciare con il primo giorno della preparazione. Sono sempre andato con i fuori rosa e poi mi hanno girato in prestito a fine mercato. Non so cosa sia successo dietro a quel trasferimento, ma ricordo che quando passai dalla Juve all'Atalanta finii la stagione in prestito alla Spal. Dopo aver chiuso l'annata lì, credevo di potermi giocare le mie carte a Bergamo, ma la verità è che non sono mai stato convocato in ritiro e così ho iniziato a girovagare. Non so neanche io cosa sia successo in quel trasferimento e non saprei neanche con chi prendermela, so solo che mi dispiace. Per fortuna poi ho avuto altre esperienze positive come a Cagliari, a Bologna. Ma parlando di Atalanta, non mi hanno mai fatto giocare le mie carte".

Però del percorso dell'Atalanta è rimasto sorpreso?
"Hanno ottenuto un grande risultato l'anno scorso, però come dicevo prima, non saprei dire come lavorano. Sicuramente l'Europa League è un grande traguardo, come lo stabilimento in Champions. Stanno lavorando bene a livello tecnico".

Poi c'è stata Bologna. Come ricorda quell'avventura e come vede il futuro dei rossoblu?
"Per caratteristiche, strutture e solidità societaria, il Bologna può emulare senza problemi il percorso dell'Atalanta. È una realtà che può diventare simile a quella se non migliore, non mi sorprende ciò che stanno facendo. Ho conosciuto la società attuale, la mia parentesi a Bologna è cominciata con Inzaghi e le avevo giocate praticamente tutte, ma fu una prima parte di stagione molto sfortunata. Non andavamo benissimo e infatti ci fu l'esonero. Poi arrivò Mihajlovic che ha portato entusiasmo, ci ha svoltato dal giorno alla notte. Però da lì ho iniziato ad avere problemi fisici continui che mi hanno fermato parecchio. I mesi successivi in cui la squadra giocava bene li ho saltati, e ho questo rimorso di aver perso la parte più bella dell'anno. Alla fine però ci siamo salvati e ripeto, fino a prima che arrivasse Mihajlovic rischiavamo il peggio per il Bologna. Invece forse è proprio da quel momento che è cominciata l'ascesa del Bologna attuale".

Un particolare ricordo di Sinisa?
"Era una persona davvero schietta. Ti diceva le cose in faccia. La sua sincerità era rarissima nel calcio di oggi. Ricordo che giocai una partita quando lui era arrivato da poco, avevo diversi acciacchi e mi toccò giocare con delle infiltrazioni. Lui il giorno dopo mi chiamò nel suo stanzino per ringraziarmi, perché avevo stretto i denti. Lui era così, una persona veramente di cuore. Di quelle che piacciono a me, perché nel calcio ci sono tanti personaggi che hanno tante facce, lui invece ne aveva una. E sapevi che se volevi giocare, con lui dovevi fare 100 cose diverse, che ti diceva direttamente. Penso sia stato lui la svolta del Bologna che conosciamo oggi".

Allo Spezia invece ha avuto molti infortuni reiterati.
"Mi piacerebbe raccontare anche esperienze positive (ride, ndr). Con Italiano, allenatore bravissimo, purtroppo ho passato l'anno forse peggiore di sempre. Sono stato tutta la stagione fuori per problemi muscolari: ho saltato un intero anno sempre per acciacchi. Guarda caso, sempre da terzino destro. Tutte le stagioni che ho fatto lì mi hanno causato problemi. Era un ruolo in cui non mi sentivo bene e probabilmente questo ha influito. Di Italiano però ho un ricordo di un allenatore tatticamente preparato, che fa giocare bene. Ma difatti non ci ho mai lavorato, perché mi sono fatto male in continuazione".

Ma a Bologna pensa possa continuare il progetto avviato da Motta?
"Addirittura mi aspettavo di vederlo già ora in un top club italiano, come poteva essere il Milan. E non escludo che ci possa andare in futuro. Si vedeva che era un tecnico diverso dagli altri, infatti è andato in una bella società come la Fiorentina e ora è al Bologna. Sta facendo bene e avrà modo di crescere".

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