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Corvino: "Della Fiorentina mi manca tutto. Prandelli, Gonzalez-Lautaro e Vlahovic: vi racconto"

di Dimitri Conti
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© foto di Federico Gaetano

Pantaleo Corvino, oggi dg del Lecce ma con un trascorso duraturo nella Fiorentina, ha parlato delle vicende presenti e passate del club viola, intervistato da Radio Bruno, partendo dall'influenza dei procuratori: "Dopo la legge Bosman i procuratori hanno alterato gli equilibri del calcio perché prima i giocatori erano proprietà delle società, oggi subiscono molto la loro influenza e di conseguenza ne subiscono le società. Ma la situazione viene da lontano, si tratta solo di capire con quali procuratori lavorare di più o di meno, tenendo conto degli equilibri. Io vengo accusato di aver lavorato molto con Ramadani: a Lecce e Bologna mai ho avuto un suo giocatore, nella Fiorentina i sei-sette che ho preso hanno prodotto plusvalenze, anche se me ne ha proposti una trentina ho preso quelli che ritenevo io. Se non procurano danni i procuratori, va bene".

Come si sta due anni senza Fiorentina?
"Voglio salutare innanzitutto i tifosi viola e voglio fare l'in bocca al lupo per la stagione. Dieci anni nel calcio possono essere 50 anni di vita normale, significa che hai fatto un fidanzamento e poi un matrimonio lungo. Non ho mai fatto uso di sostanze che creano dipendenza ma dalla Fiorentina è come se soffrissi di dipendenza. Come fai a dimenticare tutto il vissuto insieme partendo dall'inizio e i risultati ottenuti tra Champions e Europa League fino all'autofinanziamento dove si è cercato di mettere con una squadra giovane le basi per un futuro solido?".

Rimpianto di non poter usufruire delle risorse di Commisso?
"Ho parlato del primo ciclo, con anni belli poi ce ne sono stati tre in cui è stato fatto il possibile. Io lasciai a febbraio a quattro punti dall'Europa League e non tornai per stare vicino a mia madre poi morta. Il secondo ciclo è quello che rimpiango di più perché ho dato il meglio visto che non c'erano risorse, a differenza del primo. Ho ottenuto 60 punti nel primo anno, 58 nel secondo, poi nel terzo a dicembre eravamo vicini alla Champions con la squadra più giovane, erano anni in cui attraverso le idee si cercava di guardare al futuro. Un dirigente è un funzionario che deve fare con quello che ha, anche se comunque avevamo 37-40 milioni di monte ingaggi. Poi ci sono state dichiarazioni di qualcuno che a marzo hanno portato a quello che è successo".

Qual è l'ambizione che deve avere Firenze, per la sua storia?
"Io dicevo che arrivare in Champions era come il nostro scudetto, dicevo di godercelo e venivo deriso. Tutti lottiamo per il massimo essendo coscienti però di quale sia. Eppure arrivavamo terzi e quarti, davanti al Milan di Kakà e alla Roma di Totti... Oggi il calcio è cambiato in modo negativo, il livello si è molto abbassato. Molto dipende dalle idee, che vanno supportate. Ci vuole un humus positivo. L'ultimo anno si finì a lottare per non retrocedere ma a marzo avevamo già 40 punti con giocatori giovani ma ci vuole tempo. Ognuno conosce la sua strada e va rispettata ma va analizzata se ha prodotto risultati. Mettere risorse per un quarto o quinto monte ingaggi il settimo o ottavo posto è riduttivo".

Perché ha detto che Vlahovic lo vedrebbe alla Juventus?
"Io rispondo a delle domande, un giornale di Torino mi chiedeva se le qualità di Vlahovic erano da titolare della Juve. Ho detto che l'età non conta e che può giocare ma io spero che possa rimanere alla Fiorentina anche se i direttori sportivi sono tenuti a sentire tutte le offerte e portarle alla proprietà che poi decide se ascoltarle o meno. Ad esempio io avevo una richiesta per un giocatore il cui procuratore spingeva per andare alla Roma, che mi chiese la valutazione ma ora si racconta il contrario".

Muriel sarebbe rimasto con lei?
"Se l'ho preso in prestito è perché non avevo mezzi in quel momento per prenderlo, ovvio. Arrivò a dicembre per andare in ritiro a Malta e disse di aver scelto la Fiorentina e non il Milan perché io lo avevo convinto, perché allora non avrei dovuto riscattarlo a giugno? Ora sarà un rimpianto ma allora si diceva che mancava l'attaccante, mentre c'era lui".

Dragowski, preso nel 2017, è cresciuto come si aspettava?
"Sì, è stato il primo giocatore che ho portato alla Fiorentina nel mio secondo ciclo. Sousa gli preferiva Lezzerini, preso sempre da me giovanissimo nel primo ciclo per inciso, e per me fu una delusione che il tecnico non lo ritenesse pronto. Per questo presi Lafont per mandare Dragowski a giocare. Credo molto nella scuola polacca. Arrivò anche Neto che è andato nel Barcellona e allora non era ben visto".

Spinazzola stava per arrivare alla Fiorentina?
"Il responsabile di un'area tecnica si deve sentire anche un funzionario, se ci sono dei club che ti chiedono dei giocatori hai il dovere di ascoltarle e riferirle alla proprietà che poi decide. In quel caso c'era Chiesa, anche se poi la mia proprietà non mi disse di venderlo, così come Milenkovic in quel dicembre. E nell'offerta c'erano Spinazzola o Demiral sul piatto oltre a 40 milioni ma la società disse di no. Io avrei cercato di ottenere Demiral definitivo perché i difensori si fa fatica a trovarlo e Spinazzola in prestito"

Il nuovo acquisto Gonzalez le piace?
"Nell'ultimo viaggio in Argentina trattai due giocatori, uno era Lautaro Martinez che aveva una clausola rescissoria di 9 milioni ma c'era anche altro così il giocatore andò all'Inter. A Milano parlai anche con Gonzalez: l'offerta dello Stoccarda però fu maggiore e lui andò lì. Erano entrambi molto giovani, parliamo di 4 anni fa: Gonzalez era ancora in evoluzione a livello tattico ma si vedeva che aveva potenzialità importante. Ora avrà trovato il suo ruolo".

Cosa le manca di Firenze?
"Tutto, dopo 10 anni. Ho mia figlia ancora a Firenze e ci ritorno ogni tanto. Sono stato il direttore che nella storia viola c'è stato di più, come faccio a non provare amore e affetto? Non si può dimenticare, ho avuto solo striscioni dai familiari dei giocatori che non riconfermavo ma con i tifosi c'era odio e amore. Anche quando ho sbagliato, e di errori ne ho fatti, loro sapevano che cercavo di fare il bene della Fiorentina. Prendevo cantonate ma un conto è farlo quando prendi giocatori a 3-4 milioni, un contro quando li prendi a più di 10 milioni. Io ho preso solo quattro giocatori da oltre 10 milioni: oltre alla scarpa d'oro Toni, Vargas a 11, Gilardino a 13, Simeone 16".

Dispiaciuto per Prandelli?
"Cesare lo portai nonostante fosse stato scelto un altro allenatore che non conoscevo (Guidolin) perché devi proporre un tecnico che già conosci. Mi fu anche doloroso fare la telefonata a Guidolin per prendere Prandelli ma era giusto così. Con Cesare abbiamo vissuto quasi 5 anni straordinari sotto l'aspetto dei risultati, a parte le ultime partite. Le fortune dei direttori sono avere un bravo allenatore accanto e viceversa. Pur con tante contraddizioni, come quella di Mutu che lui era d'accordo a cedere davanti ad un piatto di spaghetti con le cozze a Lecce. Dopo l'incontro con la Roma al momento di cederlo, all'ingresso del ritiro, il presidente mi disse di non cederlo più perché l'allenatore non voleva. Ed io su quella decisione non ero d'accordo e tornai a casa mia a Lecce. Il giorno dopo mi richiamò Diego Della Valle per farmi tornare perché avevo fatto bene il mio lavoro. Poi dopo sei mesi dovemmo fare a meno di Mutu per altri motivi, come sapete".

Ha più sentito i dirigenti della Fiorentina dopo l'incontro acceso con il dg Barone?
"A meno che non parlino i muri, ognuno può raccontare quello che vuole. La storia dice che ero un ds di una proprietà che non c'era più e quindi era giusto che, nonostante un contratto di altri tre anni, non era giusto rimanere. Il fatto che lo abbia detto io, dal bilancio si può vedere che i tre anni di contratto non mi sono mai stati risarciti; ho preso una cifra lontana dai tre anni ma anche dai due. Ma era giusto che non rimanessi, per non mettere in difficoltà la nuova proprietà, che doveva essere libera di scegliere con un management scelto da lei. Poi non c'è stata più occasione".

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