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Bergomi: "Inter, da tre anni la proprietà è come se non ci fosse. Mancano dei leader"

di Ivan Cardia
Fonte: Trascrizione a cura de linterista.it
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Intervistato da Radio Nerazzurra, l’ex capitano interista Giuseppe Bergomi analizza così il momento vissuto dall'Inter di Simone Inzaghi: “In 20 anni di carriera ci sono stati dei momenti dove ci poteva essere delle frizioni con gli allenatori, non dico di avere lo spogliatoio contro ma a volte possono crearsi delle situazioni. Se il gruppo è sano le mele marce scivolano e si va avanti, comunque non ho mai avuto la sensazione di un gruppo contro l’allenatore. Sicuramente i cambi al 30’ possono creare dei problemi, ma ci sono i modi per recuperare un rapporto, Inzaghi è bravo. Anche io ci sono rimasto, magari aspetti fine primo tempo, Bastoni poi aveva appena avuto una grande occasione. Io credo che lo spogliatoio sia sano, ma bisogna ritrovare entusiasmo, la voglia di difendere, di fare quel metro in più. Dopo tre anni fatti molto bene in questo momento questo sta mancando”.

All’Inter manca una leadership?
“Quando hai un allenatore forte alla fine vinci, penso agli allenatori che l’Inter ha avuto nell’ultimo periodo. Nella mia Inter il leader era Matthaus, ma anche Simeone. In questa squadra non siamo mai riusciti a reagire nel modo giusto, lì ci vogliono dei giocatori di personalità e carisma. Da dentro non li conosco, ma sicuramente da fuori posso dire che qualcosa manca”.

Sostituendo ogni giocatore dopo un’ammonizione non pregiudichi la cattiveria agonistica?
“La cattiveria agonistica ci vuole, in questo momento però noi siamo sempre in ritardo. Io non ce l’ho con Barella, ma quando un difensore ti sfila dietro non è un bel segnale. Noi abbiamo ottimi giocatori, ma devono avere poco campo alle spalle, serve la voglia di rientrare a 200 all’ora. 12 calci d’angolo con l’Udinese, prima o poi il gol lo prendi. C’è qualcosa dentro che non va”.

C’è un problema di condizione fisica?
“Non so come Inzaghi abbia impostato la preparazione, ma quello che manca è la voglia di andare a fine allenamento a migliorarsi, di fare sempre qualcosa in più, che deve andare oltre la preparazione. Poi sicuramente la squadra non corre, non so il tipo di preparazione e non mi va di giudicare, ma con le conoscenze che ci sono oggi non puoi sbagliare la preparazione”.

C’è un po’ paura di cambiare modulo?
“È difficile, questa squadra è costruita per un 3-5-2, non hai gente che salta l’uomo, hai quattro punte forti. Il calcio sta andando verso un tipo di direzione, noi siamo ultimi in tantissimi dati, la squadra è costruita in maniera diversa. Forse quest’estate si poteva fare qualcosa per migliorare in questo senso”.

Perché non giocano mai i giovani?
“Io che alleno l’accademia Inter dico che da 20 anni vinciamo quasi tutti i campionati giovanili, quindi serve coraggio di buttarli dentro. Il calcio va verso quella direzione, le possibilità ci sono, soprattutto in un momento in cui da tre anni la proprietà è come se non ci fosse”.

Quanto può aver inciso la società in vendita?
“Credo tanto, avere un punto di riferimento nella proprietà è importante, questi ragazzi sono giovani e può aver inciso nel rendimento. Si può recuperare, ma serve ritrovare entusiasmo anche nei tifosi. Allo stadio vanno in tanti, ma vanno a guardare la partita e non a tifare. Tutti insieme se ne può venire fuori”.

Come può aiutare Ferri?
“Non so bene che ruolo ha dentro, sicuramente deve essere un tramite tra la squadra e la dirigenza”.

Vorrebbe che ritirassero la maglia numero 2?
“20 anni fa quando ho smesso ci sono rimasto male, ma adesso credo che sia meglio che i numeri rimangano lì e che qualcuno possa indossarli di nuovo”.

Le piacerebbe un giorno allenare l’Inter?
“Vorrei andare se ho capacità e non per il nome. Mi sarebbe piaciuto vedere Zenga, Mandorlini, Cambiasso, ce ne sono tanti. L’attaccamento alla maglia alla lunga può fare la differenza, ma deve essere credibile, non devi metterlo lì solo perché ha un certo nome”

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