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Atalanta, Gasperini: "E' il momento di far tornare a sorridere Bergamo e i tifosi"

di Pietro Lazzerini
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Gian Piero Gasperini, allenatore dell'Atalanta che ha stupito l'Europa con bel gioco e risultati, ha rilasciato una lunga intervista al Guardian ripartendo dal modo con cui prova a motivare la propria squadra: "Una delle ultime volte ho inviato ai ragazzi una frase di Michael Jordan: "Ventisei volte mi sono preso il tiro finale e non ci sono riuscito. Ho fallito tante volte nella mia vita ed è per questo che alla fine riesco in quello che voglio". Ma la cosa migliore che ho fatto è quella di aver attaccato nello spogliatoio una foto di un branco di lupi: ci sono lupi nella parte anteriore, al centro e in fondo al gruppo. Quelli in primo piano impostano il ritmo, quelli in fondo sono i più forti e quelli al centro vivono protetti dagli altri. L'ultimo è il capo che si assicura che nessuno venga lasciato indietro. Il messaggio è che il leader non si limita alla prima linea: si prende cura della squadra e questo è quello che voglio dai miei giocatori".

Come ha fatto a trasformare l'Atalanta in una delle squadre più divertenti al mondo?
"Per darvi un'idea utilizzerò un proverbio cinese del 500 a.c.: "La difesa ti rende invincibile, ma se vuoi vincere, devi attaccare". Questo riassume lo spirito e la mentalità che voglio che abbia la mia squadra. Ma che anche qualcos'altro di importante: l'identità che crei in una squadra deve essere sempre rafforzata. Devi crescere e migliorare, giorno dopo giorno, perché se non migliora, hai finito. Chi si ferma, è perduto".

I suoi allenamenti sono diventati famosi per intensità e fatica.
"Durante l'allenamento i miei giocatori devono lottare. Quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano. Dalla lotta nascono le vittorie. Se non corri in allenamento, allora non corri neanche in partita. Poi ovviamente è importante anche divertirsi in allenamento perché da questo deriva lo stile del gioco e la qualità di esso".

Gomez, Ilicic, De Roon, Gosens e tanti altri hanno raggiunto il miglior momento di forma delle rispettive carriere. Come ci è riuscito?
"C'è un segreto: quando raggiungi la maturità necessaria per capire che il duro lavoro porta a risultati, non senti più la stanchezza. Non perdiamo di vista il fatto che i calciatori non si allenano duramente come tanti atleti di quasi tutte le altre discipline, dove gli allenamenti sono più duri e intensi. I miei giocatori devono ricordarsi questo e dare sempre di più. Non abbiamo mai avuto i mezzi per grandi investimenti, quindi abbiamo dovuto trovare giovani giocatori in giro per l'Europa che avessero la stessa filosofia. Capaci di adattarsi al nostro stile di gioco, di prendere la mentalità offensiva della squadra e che fossero disponibili a lavorare sodo. Chi ci crede è uno di noi, quelli che hanno paura, se ne vanno".

Gomez una volta ha detto che con lei la partita è come un giorno libero, cosa ne pensa?
"Stiamo parlando di un giocatore straordinario, che prima di oggi non ha mai raggiunto il massimo dal proprio potenziale perché non si allenava bene. Quando ha iniziato ad allenarsi meglio, ha alzato il suo livello ed è diventato uno dei più forti d'Europa. Ha perso tempo perché è l'allenamento che ti rende un campione: lui ha sempre avuto tutto per diventarlo".

E Ilicic?
"Lo chiamavamo "la nonna" perché era sempre gentile con tutti. Abbiamo dovuto convincerlo ad aumentare gli sforzi in allenamento. Gli mancava quello scatto mentale necessario che poi ha fatto trasformandolo da "nonna" in "professore". Si è reso conto che ogni sessione di allenamento può essere divertente e da quel momento è rinato. 5 gol in Champions in questa stagione sono un record straordinario".

L'addio all'Inter l'ha portata a uno dei momenti migliori della sua carriera.
"Ero appena stato licenziato perché non avevo la stessa visione della dirigenza. Ho ricevuto un bellissimo messaggio da Guardiola che mi disse che voleva incontrarmi e voleva farmi assistere agli allenamenti del Barcellona. E' stato un momento molto difficile della mia carriera e ricevere il suo supporto mi ha fatto capire che tipo di persona sia. Mi ha reso felice".

Il suo modo di interpretare il calcio ebbe dei problemi all'inizio dell'esperienza con l'Atalanta.
"Ho deciso di percorrere questa strada e lo farò fino alla fine. Sono pronto a rischiare tutto perché credo in quello che faccio. Abbiamo lanciato giocatori come Caldara, Gagliardini, Petagna, Conti e altri giocatori che avevano pochissime partite in Serie A. La vittoria contro il Napoli fu l'inizio della nostra crescita, l'inizio di questa bella storia".

La scelta di lavorare con i giovani l'ha premiata.
"Fin da subito ho voluto lavorare con i giovani. Bergamo viene considerata una città molto produttiva, dove il lavoro è fondamentale. Volevo un progetto composto da giovani che preferibilmente fossero cresciuti nel vivaio. Per troppo tempo la spina dorsale della squadra era stata vecchia, quindi ho cercato di evitare la retrocessione con un metodo diverso: avere piena fiducia nei giovani facendoli crescere dando la priorità alla qualità".

Ai suoi calciatori è arrivato a dire di seguire l'arbitro per trovare spazio, è vero?
"Trovare spazio è fondamentale per un calciatore e quindi ho detto loro di seguire l'arbitro però sempre nella posizione ideale per vedere il gioco. Gomez è uno che ha capito questo consiglio alla perfezione e lo ha aiutato molto".

Sua moglie Cristina dice che a volte si sveglia di notte e si mette a scrivere degli appunti.
"Sì (ride). Con il mio computer di notte o con la lavagna, studio delle soluzioni per le partite successive e solo quando sono sicuro che possono funzionare riporto quelle idee in allenamento".

Giocare con tre difensori era visto come difensivista e qualcuno l'ha anche accusata di esserlo all'inizio, poi cosa è successo?
"Sono orgoglioso di questa scelta. Molti anni fa provai a consigliarlo quando ero allenatore delle giovanili della Juventus e mi dissero che ero troppo difensivo. Ho dimostrato il contrario: i tre difensori partecipano alla corsa, sono pronti per essere coinvolti. La formazione non ha importanza, è importante con quanti giocatori attacchi o difendi. Se dovessi riassumere la mia idea della difesa, direi che non aspetterei mai un errore altrui per conquistare palla, penso che uno debba trovare il modo per attaccare l'avversario e portargli via la palla".

Qual è la filosofia che vuole trasmettere ai suoi giocatori?
"Io dico sempre o vinciamo o impariamo, non perdiamo mai. Il mio obiettivo è creare una squadra che possa dare fastidio a qualsiasi avversario. Chi gioca contro di noi deve correre molto ed essere infastidito dal nostro gioco".

Cosa ha provato dopo che è tornato dalla trasferta di Champions contro il Valencia?
"Sembrava di essere in un paese dilaniato dalla guerra. Tutto è accaduto così in fretta, in pochi giorni non si sapeva più cosa potesse succedere. Ricordo che quando arrivammo a Valencia, trovammo una città piena che festeggiava per le strade, mentre a Bergamo si parlava già di situazione critica. Ci siamo resi conto di quanto fosse cambiata la situazione in sole 48 ore. Siamo passati dall'euforia alla paura. Bergamo è stata colpita profondamente da questo terribile virus, con tanti morti e tanti malati. Non dimenticherò mai le sirene nel centro di Bergamo, per tutta la vita".

Quando riprenderete a giocare, cosa dirà alla squadra?
"Metterò l'aspetto emotivo a destra, davanti e al centro. Questi giocatori hanno tutti un legame fortissimo con la città e con i tifosi. Parlerò di emozione e sentimento: Bergamo ha sofferto molto, è il momento di farla sorridere di nuovo".

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