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Addio a Eriksson, amato sia dai romanisti che dai laziali. Sampdoriani, fiorentini, inglesi...

di Andrea Losapio
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Nel 1975 probabilmente non si sarebbe mai aspettato che la sua carriera da allenatore potesse fare il botto. Invece Sven Goran Eriksson è stato un'icona per quasi cinquant'anni. Per la sua signorilità, probabilmente, ma anche perché a nessuno piacciono i perdenti di successo. Meglio i vincenti e Svennis, oggettivamente, lo è stato. L'unico ad avere vinto il double in tre campionati diversi, cioè coppa e campionato: Italia, Svezia e Portogallo, un record che resiste nonostante i grandi allenatori oramai puntino a diversificare nelle leghe, come Ancelotti, o Mourinho, financo Guardiola.

È uno dei pochi a non avere messo in competizione Roma e Lazio, anche se alla fine vincerà di più con i biancocelesti, con la Coppa delle Coppe ai danni del Maiorca e la Supercoppa Europea contro i Red Devils di Sir Alex, il Manchester United. Senza dimenticare ovviamente lo Scudetto del Giubileo. Ha allenato la Sampdoria del dopo Boskov, ma anche la Fiorentina con Roberto Baggio. Più di tutti, nel 1982, ha portato a termine il triplete: campione di Svezia con il Göteborg, vincitore della Coppa di Svezia, ma anche della Coppa UEFA. Un tripudio che lo lancia nell'Olimpo degli allenatori e, di fatto, lo porta a essere quello che è stato per decenni.

Poi commissario tecnico dell'Inghilterra, fino al Mondiale 2006. Della Costa d'Avorio, delle Filippine. Esperienze in Cina, ma anche al Manchester City di Shinawatra, quello appena prima degli sceicchi, che sembrava ambizioso uguale ma che, alla fine, è durato davvero pochissimo. Le storie di Svennis possono essere contenute in un libro che, in realtà, ha scritto qualche anno fa. Ha probabilmente influenzato Carlo Ancelotti, di cui è stato allenatore alla Roma, ma non solo: Diego Simeone, Roberto Mancini e Simone Inzaghi sono stati suoi discepoli nel periodo alla Lazio.

Nel gennaio 2024, in un'intervista alla radio svedese SR P1, rende noto di avere un tumore del pancreas in fase terminale, spiegando di avere nel migliore dei casi ancora un anno di vita. Nel documentario di Amazon Prime, Sven, ha lasciato questo messaggio. ""Mi auguro che dopotutto alla fine la gente dirà di me, sì,  in fondo era un brav'uomo. Ma so anche che non tutti lo diranno. Spero che mi ricorderete come un ragazzo positivo che cercava di fare tutto il possibile. Non dispiacetevi, sorridete alla vita. Grazie di tutto: allenatori, giocatori, il pubblico, è stato un viaggio fantastico. Prendetevi cura di voi stessi e prendetevi cura della vostra vita. E vivetela fino alla fine. Ciao". Ciao anche dall'altra parte dello specchio.

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