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Il responsabile del settore giovanile Pasquale Arleo: "Sogno il Potenza in Serie B"

di La Giovane Italia
Fonte: La Giovane Italia (Edoardo Ferrio)
Intervista al direttore del vivaio, tra la speranza di tornare un giorno in categoria e le difficoltà di fare calcio in Lucania
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© foto di Carlo Giacomazza/CGP Photo Agency

Per Pasquale Arleo, Potenza è la rappresentazione dell'eterno ritorno. Potentino di nascita, classe 1958, a 63 anni è tornato per l'ennesima volta nella società della sua città, dove già era stato allenatore in passato, guidando anche la squadra lucana alla promozione in C1. La sua carriera non si è fermata ovviamente a Potenza: in 35 anni, Arleo è stato ovunque nel territorio: Lavello, Invicta, Melfi, Pisticci e chi più ne ha più ne metta. Questa volta, il tecnico potentino è tornato nella sua città natale nelle vesti di responsabile del settore giovanile, dopo essere stato allenatore prima e direttore dell'area tecnica poi della squadra rossoblu.
Direttore, per lei Potenza è un eterno ritorno.
“Vivo e risiedo qui, dove ho moglie e tre figli. Chiaramente ho dedicato molto tempo a Potenza e al Potenza. È la mia vita. Ho anche affrontato spesso il Potenza da allenatore, come a Melfi e a Picerno, battendolo spesso, e questo mi ha causato anche qualche dissapore, passato in fretta. Sono corretto e professionale fino in fondo e allenai sempre per vincere anche contro la squadra della mia città; mi dispiacque personalmente ma professionalmente feci la cosa giusta. La chiave è quella: in città sono apprezzato ma anche discusso perché non ho mai fatto sconti”.
Dopo tanti anni da allenatore come hai vissuto il passaggio a responsabile del settore giovanile?
“Mi sto adattando piano piano, ogni tanto ho l'istinto di prendere il fischietto in mano durante l'allenamento ma per fortuna sono riuscito a resistere alla tentazione. Domenica a Catania ero in panchina e ho partecipato attivamente alla vittoria della squadra, ma con la consapevolezza che il fischietto è appeso al chiodo”.
Cosa l'ha convinta a fare il responsabile del settore giovanile?
“Sono stato fortemente voluto da Michele Falasia e Nino Marchese: da quando me n'ero andato via non è mai stato venduto un calciatore del Potenza. Da quest'anno sono di nuovo qui e ci siamo posti l'obiettivo di portare in tre anni giocatori dalle giovanili in prima squadra. Mattia Sessa è il primo e speriamo che sempre di più approdino tra i professionisti”.
Di lui cosa mi puoi dire?
“Da un mese e mezzo gioca in prima squadra, ha fatto tre-quattro partite e potrebbe anche fare di più, basterebbe un po' più di tempo sul campo.

Abbiamo altri quattro-cinque ragazzi in rampa di lancio e già due-tre hanno fatto il ritiro con la prima squadra: se ci salviamo secondo me riusciremo a programmare un futuro con sempre più giovani del Potenza in prima squadra”.
Certo che allenare i ragazzi in Basilicata non è semplice, vista la carenza di strutture.
“Ci sono tantissimi limiti, dire che ce n'è solo qualcuno è riduttivo. Stiamo facendo i miracoli: ho chiesto personalmente allo staff tecnico di fare gli allenamenti il più possibile alla mattina perché i ragazzi si allenino al pomeriggio, con la possibilità di far giocare i giovani il più possibile. Purtroppo non abbiamo campi a disposizione per fare di più”.
Una situazione che ha trovato non solo a Potenza.
“Qui al Sud il 60-70 percento delle città è così, tranne alcune situazioni tampone. Il Bari ha una struttura privata ma è caso particolare; solo alcune realtà come Catania sono veramente avanzate”.
Come si potrebbe fare un passo in avanti?
“Dovremmo sbloccare delle situazioni a livello legislativo in modo che le società abbiano il proprio centro sportivo: questo farebbe crescere i giovani talenti locali. Darebbe la possibilità di avvicinarsi al professionismo e questo ci darebbe ricavi e aiuterebbe la logistica in modo che i calciatori in erba diventino professionisti”.
Quali sono i vostri sistemi di scouting?
“Facciamo degli stage iniziali e andiamo a vedere il campionato regionale, che purtroppo non è di livello altissimo. Quindi ci affidiamo a qualche collaboratore e consulente che ci indica quali ragazzini possano essere all'altezza della situazione”.
In regione poi non avete molti praticanti.
“Ci sono 600 mila abitanti e due squadre tra i professionisti: le possibilità sono ridottissime, sia a livello di numeri che di spazi, quindi ci affidiamo alla provincia il più possibile. Cerchiamo di avere più lucani possibili in squadra. I praticanti sono pochissimi: non ci sono strutture, non ci sono istruttori, non ci sono leggi ad hoc per investire nel calcio perché si faccia sport in maniera professionale e professionistica”.

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