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Dal campo alla scrivania. Feralpisalò, Alex Pinardi: "Cresciamo giovani con qualità"

di La Giovane Italia
Fonte: La Giovane Italia (Edoardo Ferrio)
Il responsabile del vivaio lombardo si è gettato a capofitto nel ruolo dirigenziale della squadra, in un progetto che punta a far arrivare presto i ragazzi nel mondo dei grandi
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© foto di Francesco Inzitari/ILoveGiana

Appesi al chiodo gli scarpini da calciatore, per Alex Pinardi è iniziata immediatamente la carriera dirigenziale. Fortemente voluto dai piani alti della dirigenza della FeralpiSalò, nel 2019 l'ex centrocampista di Atalanta, Lecce, Modena, Vicenza e Cremonese (solo per citarne alcune) è diventato immediatamente collaboratore dell'Under 17, prima di iniziare a vestire, dall'estate del 2020, i panni di responsabile dell'intero settore giovanile. Un lavoro che ha iniziato con lo stesso entusiasmo di quando era calciatore, se non di più.

Alex, smesso col calcio giocato sei diventato immediatamente tecnico e poi responsabile. Come hai vissuto il passaggio dal campo a fuori?
“Mi sono sentito molto stimato, perché la dirigenza mi ha sempre voluto qui e mi hanno sempre chiesto di tornare, dopo che avevo già vestito il verdeazzurro da calciatore. Non nego sia completamente diverso da prima, perché quando sei in campo pensi, anche egoisticamente, a quello che tu in prima persona puoi dare alla squadra, mentre ora ho 110 ragazzi da seguire e devo avere più visione d'insieme. Ci sto mettendo passione, forse anche più di quando giocavo: dei ragazzi conosco vita, morte e miracoli e sono al campo tutti i giorni per seguirli. La società mi sta facendo capire che, dopo una prima stagione mutilata, mi volevano qui e mi ci sono gettato a capofitto. Cerco di fare tanto campo e poca scrivania, ma ovviamente devo anche avere presente cosa succede nelle vite private di questi ragazzi, perché bisogna interagire sia con le famiglie che con le scuole. Ma anche questa è una cosa che faccio con gioia”.

L'educazione e la famiglia quindi sono al centro comunque del progetto che coinvolge i ragazzi.
“Assolutamente. Educazione e formazione, calcistica e non, devono andare pari passo, e i ragazzi devono andare bene anche a scuola, non possono formarsi solo come calciatori. Da qualche anno abbiamo istituito delle borse di studio interne per le squadre che vanno dall'attività di base all'under 13 fino ai primi calci: il vincitore per ogni categoria non dovrà pagare la quota d'iscrizione per l'anno seguente e ad eleggere il più meritevole sono direttamente i suoi compagni di squadra. La scuola e la famiglia devono restare al centro e per noi tenere i rapporti con genitori e istituzioni scolastiche è fondamentale. Un allenamento saltato per questioni di studio non è un allenamento perso”.

Come fate scouting in zona? Il territorio lombardo è molto condensato.
“Sì, è molto condensato e infatti cerchiamo di mantenere un rapporto con tutte le realtà più grosse del territorio, soprattutto Atalanta e Cremonese. I nostri budget sono ovviamente limitati, quindi dobbiamo muoverci sui campi di provincia e provare a giocare d'anticipo. Ci sono comunque una decina di collaboratori che ci segnalano qualche ragazzo promettente che in caso andiamo a visionare; disponiamo inoltre di un database interno in cui ci annotiamo i prospetti più promettenti. Se siamo convinti, invitiamo il ragazzino a fare una prova e, se lo riteniamo adatto, lo prendiamo e cerchiamo di farlo crescere partendo sin da piccoli”.

E, classifiche alla mano, i risultati dicono di un settore giovanile di alto livello.
“In Primavera 3 siamo secondi e ci stiamo giocando la testa con l'Albinoleffe, ma in generale tutte le squadre giovanili sono ben posizionate in classifica, compresi i gruppi di agonisti più piccoli come i 2007 e i 2008. Penso che a livello di Serie C, assieme proprio all'Albinoleffe, ci siano poche società che possano vantare un livello qualitativo come il nostro. L'obiettivo è quello di arrivare ai risultati attraverso la prestazione, puntando sul gioco piuttosto che sulla fisicità, lanciando lungo il pallone”.

E come state lavorando su questo progetto, che metta il gioco al centro piuttosto della fisicità?
“Riducendo le rose: non abbiamo gruppi da trenta giocatori, quasi tutte le squadre sono composte da 23-24 elementi. In più, cerchiamo di spingere i ragazzi a giocare nelle categorie superiori: in Primavera abbiamo cinque ragazzi nati nel 2005 e tutti hanno giocato anche da titolari. Questo perché crediamo che se un ragazzo abbia prospettive debba subito confrontarsi con avversari più fisici e tecnicamente preparati. Già allenandosi una volta in più a settimana a fine anno potranno dire di essersi allenati quaranta volte più dei loro coetanei, che a quest'età è fondamentale. È importante che capiscano che più si cresce più i carichi e le tensioni aumentano, per cui se pensiamo siano adatti a giocare sotto età lo facciamo. D'altronde, se si arriva in prima squadra, nessuno ti aspetta se non sei pronto”.

E comunque, anche nel gruppo della Serie C i giovani non mancano.
“Certo, il progetto è solido anche con la prima squadra: ogni settimana ho da due a cinque ragazzi che si allenano con la Serie C. Zanini ha anche giocato da titolare in Coppa e ha esordito in campionato e pensiamo ce ne siano diversi che potranno dire la loro anche con la prima squadra. Ovviamente poi è l'allenatore la persona che li manda in campo, ma il fatto che siano considerati e portati anche in panchina alla partita è importante”.

Di certo comunque la predisposizione dell'allenatore è importante da questo punto di vista.
“Assolutamente e noi siamo fortunati ad avere un tecnico come Vecchi che nei giovani ci crede. L'importante, comunque, è la chiarezza: ci sono allenatori che vogliono giocare con i cosiddetti “vecchietti”, e questa è semplicemente una scelta diversa. Noi responsabili dei settori giovanili dobbiamo trovare delle soluzioni per gli elementi del vivaio. Tuttavia, favoriti da questa situazione, abbiamo scelto di non giocare con i fuori quota in Primavera: i 2002 giocano tutti con la prima squadra e stanno crescendo qualitativamente”.

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