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La Juventus passerà il turno. Ma il ritorno è l’ultimo dei suoi problemi

di Ivan Cardia
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© foto di Nicolò Campo/Image Sport

La Juventus più brutta della stagione? Difficile dirlo. Quella vista ieri sera col Porto ci è andata vicino, ma c’è l’imbarazzo della scelta e questa è già una notizia. Col Barcellona, con la Fiorentina. Al do Dragao s’è consumato l’atto terzo, ma non è questo il punto. I passi falsi capitano, tanto più in un percorso di crescita e in una stagione complicata come questa. Il gol di Federico Chiesa è la migliore notizia, l’unica buona, arrivata dalla trasferta portoghese. Tiene in corsa i bianconeri. Perché la squadra di Pirlo passerà il turno, andrà ai quarti di finale di Champions League. O meglio, può farcela, se fa la Juve. Che è una squadra superiore al Porto, nei suoi singoli e non solo. Perdere 2-1, da questo punto di vista, è quasi un buon risultato. Grasso che cola, vista la prestazione. Lascia aperta la porta, e a Torino la Signora ha ottime possibilità. Ma è l’ultimo dei suoi problemi. Il KO di ieri, che sia o meno il più brutto della stagione, ne ha messi in risalto altri.

La Juve dipende da alcuni singoli. Più di quanto non faccia da altri, e Cristiano Ronaldo è solo la punta dell’iceberg. Se non segna lui, diventa difficile. Se sparisce, quasi impossibile. Non è la prima volta, per la cronaca, che il portoghese mette la erre minuscola. Oltre al lusitano, ci sono dei giocatori imprescindibili. Uno su tutti: Cuadrado, regista dislocato. Poi Arthur, poco appariscente ma indispensabile. Ancora, Leonardo Bonucci: dei quattro difensori centrali, è forse il meno abile in marcatura, ma il più utile nello sviluppo del gioco. Erano assenti tutti e tre ieri sera: ai bianconeri mancavano i propri principali cervelli. E non consideriamo Dybala perché in questa stagione s’è visto poco. Non averne uno è un problema, non averli tutti dovrebbe ragionevolmente portare a cambiare lo spartito tattico. E qui si passa al secondo punto.

La costruzione dal basso. Vituperata, dopo l’errore di Bentancur, per la cronaca neanche il primo per un calciatore dalle grandi potenzialità ma ancora incompiuto. “Insisterò su questa strada”, ha detto Pirlo nella conferenza stampa post partita. Impostare dal basso non è il male assoluto: se riesce, è un’arma in più per vincere. E serve, altrimenti non ci proverebbero tutti i migliori allenatori del pianeta, che di solito a vincere ci tengono. Non è neanche, però, la risposta a tutto. Se non riesce, è un’arma a doppio taglio. Il tecnico bresciano ha già dimostrato di saper essere flessibile in molti aspetti della sua idea di calcio. Perché non adattarsi anche da questo punto di vista all’andamento della partita? Insistere, se la cosa non funziona, non ha molto senso: nei momenti in cui la luce si spegne, è improbabile che sbattere la testa sull’interruttore la riaccenda. Ci si arriva.

La coperta è corta. Il ritmo forsennato e i tanti piccoli infortuni di una stagione straordinaria hanno il loro peso. Però la Juve ha i numeri contati in troppi reparti. Sulle corsie difensive, anzitutto, e non serve neanche spiegare perché. A centrocampo: se McKennie diventa esterno e Kulusevski attaccante, in un colpo solo manca un uomo o in mezzo o sulle fasce. Senza considerare le problematiche di un reparto progressivamente svuotato di qualità nel corso degli anni: discorso vecchio. In attacco: non è un caso se a gennaio la dirigenza cercava in maniera più o meno esplicita un’occasione come quarta punta. Non è arrivata, perché non era il mercato adatto. Del resto, anche i nomi circolati non avrebbero cambiato di molto le sorti europee di una squadra di livello superiore alle soluzioni ventilate. È una questione, inoltre, che affonda le sue radici negli anni e nella programmazione a lungo raggio: la Juve di oggi oggi ha una rosa numericamente limitata anche perché ha attinto poco o punto alle risorse del proprio vivaio. Imporsi in un club del genere è più difficile per un giovane? Vero, ma qui si sta parlando di un paio di innesti che nel tempo avrebbero consentito maggior varietà (numerica e in termini di qualità). È un problema da porsi, quantomeno.

I blackout. Continuano a esserci. La Juve va benissimo o malissimo. A inizio stagione ha saputo anche essere mediocre, nel corso del tempo ha polarizzato le sue prestazioni: a momenti grandiosi si avvicendano errori da matita blu. È una squadra umorale, quasi lunatica nei suoi alti e bassi. Quali ne siano le ragioni, sta a Pirlo trovare una risposta a questo quesito. Può essere una questione di leadership (e tornano in mente le parole dello stesso Bonucci quando ha parlato del rientro di Chiellini), di caratteristiche tecniche, di dipendenza dalle lune dl un giocatore (Ronaldo) o di un certo tipo di calciatore (i cervelli di cui sopra). Sta di fatto che quest’alternanza va avanti, non è una novità, ed è costata spesso l’obiettivo, specie in Europa. A passi falsi seguono imprese. La Juve può farla al ritorno con Conceicao & Co; forse è anche eccessivo chiamare tale la necessità di battere la seconda squadra del Portogallo rimontando un gol. Ma prima o poi, in Champions, troverà un avversario che non lascia spazio a imprese. Contro il quale può lottare ad armi pari, ma che non soffre delle stesse amnesie collettive. E lì servirà giocarsela punto su punto, senza essere costretti a inseguire. È stata la Juve più brutta della stagione? Forse no. È tutto da buttare? Sicuramente no. Supererà il Porto? Probabilmente sì. Ma deve dare risposte ai suoi dilemmi, per assicurarsi un percorso a lunga scadenza.

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