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Il taglio agli ingaggi e il paradosso allenamenti: i club hanno fretta, ma dovranno aspettare

di Ivan Cardia
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Tagliare gli stipendi dei calciatori. È questa una delle idee dei club per fronteggiare la crisi economica che l'emergenza Coronavirus lascerà in dote al nostro calcio. Di cui, in questo momento, nessuno può sapere o prevedere l'entità. Per capirsi: la dimensione del buco, per la sola Serie A, va dai 70 ai 700 milioni di euro, a seconda di se e quando si tornerà a giocare. Un buco che, va precisato, non nasce oggi: alla situazione attuale ci siamo arrivati con bilanci sgangherati, club oberati da debiti e sul perenne orlo del fallimento, evitato alle volte grazie al meccanismo delle plusvalenze, già sotto la lente d'ingrandimento della FIFA. Insomma, l'emergenza è emergenza, ma i danni di oggi vanno anche iscritti in uno scenario che c'era ben prima dell'esplosione del contagio.

I conti della FIGC - Sul punto della quantificazione, è bene fermarsi un attimo. Nei prossimi giorni, infatti, la Federcalcio sottoporrà al governo un quadro dei potenziali danni che il calcio subirà dallo stop forzato dovuto alla pandemia COVID-19. Danni che il calcio, il movimento traino dell'intero sport italiano a livello economico, si aspetta che le istituzioni aiutino a colmare. Quantificare, senza sapere quando usciremo da questa emergenza, resta pressoché impossibile. Ma ciò non vuol dire che la federazione non stia lavorando per farlo. E che i danni siano non solo in Serie A, ma nell'intero movimento calcistico italiano: anzi, nelle serie minori, seppur inferiore a livello assoluto, il crollo economico può avere conseguenze molto più pesanti.

Il taglio degli ingaggi e la posizione dei calciatori - Detto che sul tema l'AIC non potrà trattare a livello collettivo, perché eventuali rinunce spettano alla disponibilità del singolo tesserato, l'assocalciatori ritiene prematuro parlarne ma non ha chiuso la porta a una discussione sul tema. Detto in altre parole, anche i giocatori comprendono i sacrifici del Paese e sono disposti a contribuire. Fermo restando che, per quanto possa sembrare un ragionamento populista, non sono tutti Cristiano Ronaldo, e che una decurtazione dello stipendio avrebbe un impatto ben diverso sul bilancio di un calciatore di Serie C. Il punto, però, resta chiaro: dalle società è visto come un problema immediato, dall'assocalciatori fanno notare come sia ancora troppo presto per ragionarne davvero, mentre nessuno sa quanti soldi si perderanno a livello di movimento. E c'è un'altra questione.

Il paradosso allenamenti - Il vero motivo di scontro, in questo momento, sia tra i club che nei rapporti fra questi ultimi e i calciatori, riguarda la ripresa dell'attività sportiva. Degli allenamenti, ovvio, perché in campo tutti sanno che non si potrà andare per l'intero mese di aprile, almeno. E qui si registra un cortocircuito: in Serie A, diverse società spingono per riprendere gli allenamenti dalla prossima settimana. La Lega Calcio, d'altra parte, a differenza di quanto accaduto con la Lega Pro, non ha trovato un'intesa collettiva sulla sospensione. Il cortocircuito? Al netto delle ferie, allenandosi i giocatori rispetterebbero in pieno i propri obblighi contrattuali, senza sospensione della propria prestazione lavorativa. E la decurtazione dell'ingaggio sarebbe a tutti gli effetti una mano tesa da parte loro ai club. Che, specie se avranno tanta fretta di tornare ad allenarsi, a maggior ragione su quel fronte potrebbero invece trovarsi costretti ad attendere.

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