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"Non vedo l'ora sia il 25 maggio". Fagioli conta i giorni per il rientro: "Europeo? Un sogno"

di Tommaso Bonan
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Prosegue il percorso di riabilitazione di Nicolò Fagioli, ancora alle prese con la squalifica per il caso scommesse. Nel rispetto delle disposizioni della Procura della FIGC, nel tardo pomeriggio di oggi il giocatore della Juventus si è presentato all'ex teatro Araldo di Torino per il terzo dei dieci appuntamenti pubblici previsti a integrazione del piano terapeutico. Fagioli dal palco dell'evento ha raccontato la sua storia.

Come stai?
“Adesso sto molto meglio. Un anno fa è stato il momento più difficile della mia vita, poi con l'aiuto di Paolo (Jarre, l'esperto che lo sta seguendo nel suo percorso, ndr) sto migliorando. Ora mi fa stare bene la mia famiglia, i miei amici, fare sport. Ho cominciato le prime volte quando avevo sedici anni, all’inizio era come un gioco, poi pian piano è diventato una malattia, ho iniziato subito con le scommesse sportive quando giocavo alla Juve nel vivaio”.

Come hai iniziato a scommettere sugli sport?
“All'inizio pensi di saperne di più, ma poi anche guardando le partite in tv capisci che essere calciatore non ti porta dei vantaggi. Da piccolo giocavo a calcio, tennis e anche oggi sto giocando di più a tennis, poi ping-pong e tutti quelli con la racchetta me la cavo”.

Che sensazioni ti dava il gioco?
“Prima di perdere il controllo mi piaceva proprio giocare, cercavo la dopamina senza saperlo. Poi mi sono reso conto che era una malattia, ci ho messo troppo tempo a chiedere aiuto. Meno male che a maggio ho avuto l'idea di farlo”.

Come passi il tempo libero?
“Giocare a tennis mi aiuta tanto, mi diverte e nel tempo libero mi aiuta tanto”.

A scuola andavi bene?
“A scuola me la cavavo, avevo la media del 6, 7, stando abbastanza largo (ride). Non mi piaceva andare a scuola, questo no. Ma se ci ripenso ho vissuto bei momenti a scuola, la facevo con i compagni di squadra e ci siamo divertiti. Quando ti trasferisci vivi con loro quotidianamente, mentre la famiglia la vedi una o due volte a settimana, non è facile ma ti fa crescere in fretta”.

Perché ti sei iscritto a piattaforme illegali?
"Perché non potevo farlo col mio nome intanto, anche se all'inizio non sapevo quale fosse la differenza tra i .it e i .com. Il motivo vero non lo so perché ho cominciato su quelle piattaforme, poi ho continuato perché mi trovavo bene”.

Sapevi fossi illegale?
“Che sia illegale o no, è sempre difficile vincere. Le perdite sono istantanee, le vincite hanno bisogno di tempo e quindi ricarichi subito, forse è questo il meccanismo per cui il banco vince sempre”.

I rapporti con amici e famiglia?
“Il rapporto con gli amici e la famiglia era cambiato, volevo sempre stare da solo, mi sembrava che quello con loro fosse tempo perso. Ed è questa la cosa più cambiata nella mia vita”.

Come hai vissuto quel periodo?
“Ero sempre nervoso, l'unico mio sfogo era la partita perché mi allenavo male e questo faceva di me un calciatore che non dava il 100% in campo”.

Quanto tempo trascorrevi al telefono per giocare?
“Al telefono trascorrevo tra le 10 e le 12 ore al giorno. Adesso? Adesso non gioco più, il telefono lo uso 3-4 ore”.

I videogiochi?
“Ai videogiochi giocavo, ma non tantissimo. Una o due ore al giorno, a Fifa o Call of Duty. Essere calciatore non è un fattore di rischio, la disponibilità economica non incide troppo perché poi se hai 100 giochi 100, se hai 1 giochi 1”.

Cosa ti ha spinto ad iniziare?
“Non so perché ho iniziato, forse la solitudine e la lontananza da casa ha influito”.

Quanta voglia hai di tornare a giocare?
“Ho tantissima voglia di tornare in campo, non vedo l'ora. Il 19 maggio finisce la squalifica, il 25 dovrei giocare l'ultima di campionato. Gli Europei? Sono un sogno”.

Sulla squalifica?
“Dal mio punto di vista mi avrebbe aiutato giocare a calcio. Stare lontano dai campi è una punizione che mi han dato ma che mi ha reso tutto anche più difficile. Sono stato obbligato ad accettarlo altrimenti non sarei più tornato”.

Ti senti sulla buona strada?
“Ho capito di essere sulla buona strada quando ho ricominciato ad apprezzare il tempo trascorso con la famiglia e i miei amici”.

I tuoi compagni ti hanno aiutato?
“Compagni e società mi hanno aiutato molto standomi vicino. Lo spogliatoio prima delle partite mi manca, ma per il resto è come se non fosse successo nulla. Dopo che è uscito il casino ero più concentrato a non far uscire altre cose di me sui giornali che non sul resto, poi superate le prime due settimane son tornato a pensare alla squadra ed è stata dura non poter partecipare a partite e trasferte. All'inizio ho provato rabbia e vergogna quando erano uscite tutte le cose sui giornali, poi ho vissuto un momento di pace. E ora ho solo voglia di tornare in campo”.

Qualcuno ti hanno detto qualcosa incontrandoti?
“Allo stadio non ho ricevuto gli insulti che temevo, penso a San Siro. Anche per strada. Continuo a fare quello che volevo serenamente”.

Cosa ti ha spinto a chiedere aiuto?
“Non dormire la notte, tutto il tempo che mi prendeva ricevere chiamate, messaggi...Ho chiesto aiuto perché avevo toccato il fondo”.

Pensavi di poter gestire tutto?
“Sembra una banalità, ma anche io a 16 anni pensavo di potermi controllare e non credevo a chi mi parlava di malattia”.

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