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Ventimila morti, ma a quelli del calcio importa poco. Ha ragione Malagò, non ci sono idee e programmi seri per ripartire. Il protocollo non può funzionare, calciatori a rischio. Le date per la Champions

di Enzo Bucchioni
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© foto di Federico De Luca

Ventimila morti, un paese economicamente in ginocchio, un virus che non molla, ma i Signori del Pallone cinici e avidi come sempre, continuano a pensare solo e solamente ai loro interessi e al loro potere. Avvertiteli. Fermateli. Fateli ragionare.

Nella feroce polemica di questi giorni io sto con Malagò, quello che fanno nel calcio è improvvisato, non c’è programmazione, mancano le idee e la coesione fra le componenti. Manca anche un freno morale che di questi tempi potrebbe servire.

Si naviga a vista, un giorno si dice una cosa e il giorno dopo si cambia idea.

E’ l’ennesimo inquietante balletto di un mondo che sta usando il Coronavirus solo per nascondere l’ennesimo fallimento gestionale con un buco di 2,5 miliardi per la serie A, che c’erano già prima di questa crisi epocale.

Tutti soldi buttati in stipendi, provvigioni e parcelle fuori dalla realtà, da un ambiente malato di gigantismo e impreparazione, senza regole e senza programmi, la Pandemia sta diventando soltanto un alibi per nascondere le carenze di un sistema che da anni corre come un’auto a cento all’ora senza pilota. Prima o poi si sarebbe schiantato. Si sta schiantando ora.

Ma non dobbiamo mai dimenticare, parlando di calcio e di serie A, che prima del Coronavirus la Federcalcio veniva dalla gestione Tavecchio che ha portato l’Italia fuori dal mondiale, era reduce da un commissariamento dell’ex segretario del Coni Fabbricini per arrivare alla recente restaurazione di Gravina, uomo Figc di lungo corso. Da anni si aspettavano riforme, a cominciare dal format dei campionati, e cambiamenti gestionali che non sono mai arrivati. Chi doveva controllare e intervenire perché non l’ha fatto?

La Lega riesce a fare ancora peggio. Dopo il commissariamento di Malagò in persona, il presidente Miccichè è stato impallinato dalla divulgazione di una registrazione vergognosa rubata durante una riunione. L’ambiente è questo. Tutti contro tutti. Fazioni contro fazioni. Conti in rosso. La paralisi al potere o, al massimo, una gestione non al passo con i tempi. Basta vedere i ricavi, le iniziative, il posizionamento del brand serie A nel mondo. Non può funzionare una Lega dove i presidenti delle squadre di serie A vogliono occuparsi direttamente delle cose, senza delegare ai manager.

E se, comunque, prima si riusciva ad andare avanti tappando le falle, il dramma Coronavirus sta mettendo a nudo tutto e tutti.

Quelli che raccontano che del calcio bisogna avere rispetto perché è una grande azienda con un indotto da 40 mila persone hanno ragione. E’ vero. Ma è tollerabile che una grande azienda del genere possa essere gestita in questo modo da anni e anni? Era il 2002 quando il governo Berlusconi varò una legge Salvacalcio, approvata nel 2003. Diciassette anni dopo la situazione è la stessa con in più soltanto l’aggravante di questa crisi epocale imprevista e imprevedibile. Un’azienda gestita in questo modo è intollerabile. Soltanto perché si opera in un settore popolare, che suscita emozioni, che regala distrazioni, che coinvolge emotivamente il Paese, si può consentire di non pensare ai bilanci, di non pensare al futuro, di non fare riforme e ristrutturazioni necessarie per stare ai tempi? No. Non è tollerabile e allora nessuno si venga a lamentare oggi per come stanno andando le cose.

Ci sono tante altre industrie e aziende nel Paese, molte gestite bene, che stanno andando in gravissima crisi per il Coronavirus. Avete visto e sentito qualcuno fare quello che ha fatto e detto Gravina nell’ultimo mese. Tutti vorrebbero ripartire, ovvio, ma lo fanno in silenzio, lavorando, programmando, trovando soluzioni, ristrutturando. Il calcio no, continua a litigare e a spingere soltanto per finire il campionato e non perdere i diritti televisivi senza preoccuparsi, neanche adesso, di cambiare passo. E se la serie A è al collasso, la B e la C vanno ancora peggio e ora pagheranno la crisi dei piccoli imprenditori-presidenti.

In casi drammatici come questo ci si dovrebbe sedere tutti, nessuna componente esclusa, attorno a un tavolo con un unico obiettivo: analizzare le criticità e programmare il futuro. Delle teste pensanti saranno pur capaci di trovare soluzioni per uscire tutti assieme dalla crisi o no?

Macchè. C’è chi vuol giocare solo per vincere lo scudetto, chi vuol finire così per salvarsi, chi vuole andare avanti come siamo sempre andati perché le regole da rispettare non piacciono a nessuno, basta ricordare le prese di posizione di molti presidenti nell’ultimo mese per rendersene conto. Si guarda sempre la punta dei piedi, non si riesce mai ad alzare la testa, purtroppo. Gravina si agita perché è già cominciata la campagna elettorale in Figc, ma siamo sicuri che questa sia la strada giusta?

La riunione della commissione medica della Federcalcio dell’altro giorno, tanto per rimanere ai tempi nostri, ha stilato un bel protocollo per ripartire con gli allenamenti il quattro maggio. Bene. Nella commissione non c’è un medico sportivo, nessuno che sappia come si svolge un ritiro di una squadra di serie A con settanta persone coinvolte. Quali sono i tempi, i modi, i ritmi, le esigenze. E poi, tutte le squadre di serie A hanno un centro sportivo con settanta camere, tante docce, tante stanze, tanti campi per fare allenamenti alle distanze previste, tanti attrezzi, tante macchine, ma anche tanti medici per seguire i giocatori distanziati e per i controlli a tappeto ogni quattro giorni?

Non crediamo, al massimo le grandi. E le altre? Ma poi, dove eventualmente si potrà giocare? Solo al Sud come dice Gravina?

E qualcuno ha pensato poi al coinvolgimento emotivo di una squadra come l’Atalanta, tanto per dirne una, simbolo di una città dilaniata. C’è un cuore ? C’è un’idea di cosa sta succedendo?

Manca proprio il pudore, il tentativo di ripartire che sta facendo il calcio andava fatto sottotraccia, con discrezione. Ricominciare a giocare per qualcuno sta diventando un problema tale da coinvolgere l’intero Paese mentre la gente continua morire.

Non ci siamo, purtroppo.

E sapete cosa non hanno capito, fra le altre cose, i Signori dl Pallone?

Con questi comportamenti (ci metto anche le polemiche per il taglio degli stipendi) stanno scavando un solco sempre più profondo tra il loro mondo e i datori di lavoro. E già, hanno infatti dimenticato che dipendono dal pubblico, dai tifosi, da quelli che comprano i biglietti, gli abbonamenti alle pay tv, le magliette e quant’altro. Sono loro che finanziano il sistema e loro sono profondamente delusi e frastornati da quello che accade. In mezzo al dramma c’era da aspettarsi un comportamento più vicino alla realtà e alla gente.

L’idea che il calcio può tutto, che al calcio è tutto dovuto e i tifosi devono pagare e star zitti è una filosofia da marchese del Grillo.

E’ ovvio che si speri che tutto questo finisca presto, è ovvio che riprendere il campionato significherebbe la vittoria sul virus, ma per arrivare a questo le strade da battere avrebbero dovuto essere altre e il percorso purtroppo sembra ancora lungo.

Il rispetto della salute, delle autorità sanitarie e del Paese prima, e poi un piano serio e condiviso dentro un sistema capace di collaborare e programmare, questo si chiedeva. E’ intollerabile invece che il calcio pensi ancora di essere una zona franca, non bastano gli esempi di Atalanta-Valencia e Liverpool-Atletico? Contate i morti di Bergamo e quelli di Madrid…

Siamo sicuri che ripartire in queste condizioni non metta a rischio la salute dei giocatori? Per fortuna l’ultima parola spetterà all’autorità sanitaria e ognuno si prenderà le sue responsabilità.

E, comunque vada, questo è e resterà un campionato profondamente falsato. Due-tre mesi di stop nel momento decisivo della stagione hanno azzerato tutto. Anche se si dovessero giocare le 124 partite che restano sarebbero partite in laboratorio, senza pathos e senza storia, oltre che senza pubblico. Finire questo campionato ha (come detto) senso soltanto per non perdere i soldi delle Pay-Tv, mettiamocelo bene in testa, perché dello steward dello stadio senza lavoro, ai Signori del Pallone non frega proprio niente. Se pensassero a lui e ai tifosi, negli anni avrebbero già fatto le cose necessarie, dalle riforme agli stadi.

Comunque, ammesso e non concesso che si possa ripartire, ora almeno c’è un calendario di massima stilato con l’Uefa. I campionati nazionali non potranno andare oltre il mese di luglio. Le coppe saranno completate in agosto con finale di Champions prevista per il 29 e l’Europa League per il 26.

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