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Sarri in bilico, addio se perde con l’Inter a porte chiuse. Vertice d’urgenza della società. E Allegri può tornare. Squadra spaccata: rigetto del sarrismo. Guardiola e Inzaghi le prime scelte. Crollo in borsa

di Enzo Bucchioni
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© foto di Federico De Luca

Non amo i numeri, ma a volte aiutano a capire più di tante parole. Contro il Lione la Juventus non ha tirato neppure una volta nello specchio della porta e negli ultimi quindici anni di Champions era capitato soltanto altre due volte, nel 2006 contro l’Arsenal e nel 2014 contro l’Atletico.

Il dato è impressionante e se una squadra che schiera Ronaldo, Dybala e Higuain (subentrato) non centra la porta neppure una volta in quasi cento minuti di gioco, siamo al fallimento di un’idea di calcio.

La Juventus ha rigettato il sarrismo e questo sembra ormai abbastanza evidente. Lo stesso allenatore si è arreso nel post-Lione con una frase calcisticamente drammatica: “Non riesco a trasmettere certi concetti”. Morale: la squadra non lo segue più.

Ce n’eravamo accorti da diverse settimane, nelle ultime partite i bianconeri erano apparsi calcisticamente sempre più involuti, ma anche lenti e intristiti, incapaci di giocare il nuovo calcio, ma anche ormai lontani dai concetti di quello vecchio. Una squadra confusa, divisa tra il passato e il presente.

Paradossalmente s’era vista di più la mano di Sarri in autunno, ma poi, invece della crescita attesa con il passare dei mesi di lavoro, c’è stato un incomprensibile stop figlio forse della poca umiltà e della pochissima voglia di sacrificio. In tanti abbiamo pensato che l’evidente calo fisico e mentale fosse solo una conseguenza della routine del campionato, io (ad esempio) ero fortemente convinto che in Champions avremmo ritrovato una Juve più sarriana, brillante e determinata, capace di giocare a uno-due tocchi, in grado di difendersi aggredendo, capace di recuperare palla nella metà campo avversaria, cose viste in qualche lampo di partita. Invece no, a Lione s’è toccato il fondo.

Sparito il Sarrismo, non c’è più traccia dell’Allegrismo. Con il sospetto che anche dentro lo spogliatoio qualcosa di negativo sia successo. Sarri che non assiste al riscaldamento, Bonucci che in mondovisione richiama Matuidi alla concentrazione platealmente e brutalmente, non è roba da Juventus. Ma da nessuna squadra di un certo livello.

Mi dicono che Agnelli sia pentito di aver scelto Sarri che oltre a non aver inciso sul gruppo con le sue idee di calcio, non ha mutuato nulla dell’allenatore-tipo, da Juventus, né lo stile, né la comunicazione e questo il gruppo l’ha ampiamente percepito.

E qui ha sbagliato anche la società. Se decidi di prendere uno come Sarri, con tutto il suo bagaglio, lo devi proteggere all’interno e all’esterno e lo devi mettere nelle condizioni di lavorare ancora di più di quanto non faresti con qualsiasi altro allenatore. Se la squadra non lo segue è evidente che qualcosa non abbia funzionato anche a livello societario e qui vanno chiamati in causa Nedved e Paratici. Ma questa storia è partita male dall’inizio. Lo sanno tutti che prima di Sarri nella testa di Agnelli c’erano Inzaghi e soprattutto Guardiola. E le parole dette in una intervista pochi giorni fa, hanno fatto capire tante cose.

E’ evidente che in uno spogliatoio pieno di campioni e di grandi personalità, non deve essere stato facile incidere per uno con un carattere e una cultura particolare come Sarri…

Mi sento di dire che l’anno prossimo l’allenatore della Juventus sarà ancora Sarri soltanto se vincerà la Champions.

Nel frattempo però c’è da gestire l’emergenza e la situazione è drammatica.

Ieri c’è stato un vertice societario e un confronto continuo che ha coinvolto anche i giocatori di maggior personalità. Che fare?

E’ giusto però anche ricordare che la Juventus ha gli anticorpi giusti, è una grandissima società e da queste situazioni in genere sa come uscire, quindi c’è da aspettarsi una grande reazione da parte di tutti. Il momento è particolare, forse il più difficile dell’era Agnelli. Non solo c’è il rischio-eliminazione dalla Champions, ma domenica contro l’Inter è una sfida scudetto.

Questa squadra ha una enorme qualità e grande carattere, una rosa superiore a tutti, se riesce a ritrovare testa, convinzione e coesione, può superare questa tempesta. Ma deve farlo in fretta e questa è la difficoltà.

Pochi giorni per resettare e ricaricare le batterie saranno sufficienti?

Battere l’Inter potrebbe voler dire ripartire e il Lione fra tre settimane non è un avversario insormontabile. Nelle corde della Juve c’è ancora tutto.

Il problema è uno solo: ci sarà o non ci sarà questa reazione?

Ovvio che neppure Agnelli abbia la risposta giusta. Per questo la sfida con l’Inter è il momento decisivo della stagione e forse anche del futuro di Sarri.

Se è vero che la Juve in genere non licenzia i suoi allenatori, se dovesse perdere con l’Inter senza un’apprezzabile reazione, il discorso potrebbe cambiare. Il rischio di perdere lo scudetto e di lasciare la Champions agli ottavi potrebbe far scattare l’idea di richiamare Allegri ancora sotto contratto. La soluzione più logica. Questo gruppo è ancora il suo e lui tornerebbe con una straordinaria spinta emotiva. La Grande Rivincita. Sarebbe una mossa per certi versi drammatica, ma forse l’unica. Non ci si potrebbe certo affidare a un allenatore terzo, ammesso che si possa trovare uno adatto. O Allegri o Sarri fino alla fine, sperando di invertire la tendenza.

In attesa di capire, Lione ha lasciato scorie, non solo per la partita veramente di basso livello, una delle più brutte degli ultimi dieci anni, ma anche per quello che è successo e le parole dette da Sarri e Bonucci nel dopo-gara. Compreso il clamoroso autogol dei rigori “europei” non dati. Ma si può?

No, a certi livelli non si può. Proprio questi sono i segnali che sia saltato e stia saltando tutto o quasi.

E come se non bastasse, anche la borsa ha dato il suo responso: il titolo Juventus ha perso il sei per cento. Un’ecatombe. E come se non bastassero tutti questi indicatori negativi, ora è assolutamente ufficiale che domenica Juve-Inter si giocherà a porte chiuse. Nel suo momento peggiore la Juventus rischia di soffrire anche di solitudine, non avrà spinte, non sarà aiutata dal suo pubblico…Sfiga chiama sfiga, ma la storia racconta che in certe situazioni la Juve si esalta…Vedremo se sarà ancora così

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