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Perché questo Napoli dovrebbe fermarsi dopo la sosta? Tutti citano la Lazio di Inzaghi ma non è un precedente: dalla rosa alla classifica, non esistono due situazioni più diverse

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, inviato al seguito della Nazionale
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Nella giornata di ieri la conferenza stampa di Giovanni Di Lorenzo in quel di Coverciano s'è trasformata in un botta e risposta sui segreti del Napoli capolista. Una chiacchierata che ha ben presto preso questa scia perché, innanzitutto, la Nazionale oggi ha poco da dire. Tra mercoledì e domenica, tra Albania e Austria, andranno in scena due amichevoli da dito nella piaga. Partite utili solo per il Ranking mentre le altre preparano il grande debutto in Qatar. Non doveva andare così e allora meglio non parlarne, meglio parlare del Napoli. Che chissà per quale motivo dopo la sosta dovrà fermarsi a favore delle altre. "Delle volte sento parlare della sosta per il Napoli... ma la sosta ci sarà per tutti", ha risposto Di Lorenzo alla domanda sui pericoli della sosta. "Si fermano tutti e noi anche alla ripresa proveremo a non mollare un centimetro. Sappiamo che è ancora lunga".

Il Napoli non si ferma in campionato dallo scorso 31 agosto e viste anche come sono andare le ultime gare vinte contro Empoli e Udinese, successi che hanno mostrato qualche crepa, vien da pensare che anche per i partenopei la sosta arriva nel momento giusto. C'erano tutti i sentori per un prossimo passo falso. Nell'ultimo mese poi anche le altre hanno ripreso a marciare. La Juventus è reduce da sei vittorie di fila, l'Inter s'è fermata solo nel Derby d'Italia e anche il Milan - di riffa o di raffa - le sue vittorie le sta portando avanti. Con un percorso grossomodo in linea con quello della scorsa stagione.

Ma allora quali sono i precedenti che accreditano la storia di un Napoli che si fermerà dopo la sosta? Quello più gettonato anche perché il più recente è la Lazio di Simone Inzaghi. Nella stagione contraddistinta dalla prima ondata di Covid-19, i biancocelesti volarono prima della sosta e crollarono poi, quando da giugno in avanti inanellarono tutta una serie di passi falsi che li portò a concludere la stagione solo al quarto posto, a -5 dalla Juventus campione d'Italia.

Non c'era la stessa classifica. Non era lo stesso momento della stagione
Innanzitutto bisogna partire da un paio di dati numerici per contestualizzare questo paragone. Nella Serie A 2019/20, quella sosta inaspettata arrivò dopo 26 giornate, non dopo 15 come adesso, e la Lazio non ci arrivò al comando. Grazie al successo contro l'Inter i biancocelesti si posizionarono dinanzi ai nerazzurri di Conte ma arrivarono allo stop forzato dietro alla Juventus, che aveva un punto in più. A gennaio, invece, i bianconeri ripartiranno da un -10 rispetto al Napoli, otto invece saranno i punti che è chiamato a recuperare il Milan secondo in classifica.

La Lazio aveva una rosa corta, il Napoli no
Quella Lazio era per certi versi più simile al Napoli di Maurizio Sarri che a quello attuale. Concluse il campionato con Ciro Immobile capocannoniere e poi Scarpa D'Oro grazie ai suoi 36 gol in campionato, ma con soli sei giocatori con più di due reti realizzate. Un ottimo undici di partenza con riserve non all'altezza. Storia che non sembra quella di questo Napoli, in grado di sopperire senza mai fermarsi prima all'assenza di Osimhen e poi a quella di Kvaratskhelia. In teoria (ma anche in pratica...) i due giocatori più importanti della rosa. E di andare a segno con tutti: dopo 21 gare tra campionato e Champions, già 9 giocatori hanno realizzato più di due gol.

Quella Lazio non era abituata a giocare ogni tre giorni. Il Napoli l'ha già fatto in questi primi tre mesi
E qui arriviamo al punto più importante. Quella Lazio arrivò alla stagione 2019/20 col campionato come unico obiettivo. Fino a febbraio aveva avuto la possibilità di preparare una gara a settimana e in questo modo arrivò alla 26esima giornata con sole due sconfitte. Quando poi si riprese a giugno, col calendario che a quel punto imponeva una giornata ogni tre giorni per salvare il salvabile, ecco che i piani saltarono. Le due sconfitte nelle prime 26 giornate fecero spazio ai quattro ko nelle successive sei partite. Quella Lazio non aveva una rosa adeguata per giocare con quella frequenza e quel calendario così intasato ne fece emergere tutti i limiti.
Ma quali sono le differenze tra quel calendario e quello che abbiamo visto in questi primi tre mesi? Pochissime. Le squadre impegnate nelle coppe europee hanno sistematicamente giocato ogni 3-4 giorni: 21 gare in 89 giorni, sosta di due settimane per le Nazionali compresa. In queste 21 gare sono arrivate 18 vittorie, due pareggi e una sola sconfitta a Liverpool. Insomma, il crash test che fermò la Lazio in questo caso è stato ampiamente superato.

La sosta, in conclusione, servirà a tutti per rifocillarsi. Anche al Napoli che non ha poi troppi nazionali e praticamente nessuno con possibilità di arrivare fino in fondo. Difficile dire se questo porterà o meno giovamento agli azzurri, ma dire a priori che sarà uno stop deleterio per le ambizioni azzurre non ha oggi controprove concrete. Certamente non è la Lazio di Inzaghi. Quella era un'altra storia.

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