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L'Inter perde 40 milioni e non vende Onana, Zhang non ha i soldi per ripagare Oaktree. Cosa sta succedendo al Milan? E a Juve e Roma? De Laurentiis e Lotito presidenti del Borgorosso FC (alias Marchesi del Grillo)

di Andrea Losapio
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© foto di Lorenzo Di Benedetto

Quanto costa l’eliminazione dalla Champions dell’Inter? Rispetto all’anno scorso è abbastanza semplice da calcolare. Due tutti esaurito a San Siro, un diciotto milioni per difetto. Più i premi della UEFA, altri quindici. Più sicuramente una bella mazzata per quanto concerne i diritti da ridividere in base al market pool. Stando bassi un 40-45 milioni. Non male considerando che sono, di fatto, cinque partite. Vero è che un ottavo di finale si può vincere e si può perdere, però farlo così ha certamente un altro sapore. Pensare di avere la qualificazione in pugno, sia all’andata che al ritorno, è una bella mazzata. Fin qui, il conto economico del campo. Ora c’è quello da fare fuori. Perché nelle ultime settimane si è parlato molto spesso di Inter che non dovrà cedere nessun big, di rifinanziamento con Oaktree, di stadio, di Zhang che arriva e invece assomiglia molto a Godot. Delle due l’una: o possiamo credere a qualsiasi cosa ci dicono, oppure le cose stanno diversamente. L’Inter ha chiuso un bilancio in negativo di parecchi milioni (85), un risultato discreto considerando l’anno precedente (140) e quello ancora prima (255). Sì, tutto bello: arrivi alla finale di Champions League, vendi Onana facendo completamente plusvalenza e sei comunque ben distante dallo zero. Quindi, considerando che i costi saranno gli stessi e sperando che i 40-45 milioni di buco della Champions vengano riassorbiti dallo sponsor, ecco che probabilmente bisogna cedere almeno (almeno!) un pezzo grosso nella prossima estate. Di più: Zhang - che, sottolineiamolo un’altra volta, non torna dalla Cina - avrebbe i margini di manovra per rifinanziare con Oaktree. Bene, ma come? A meno che non trovi un subentrante nel prestito (qualcuno ha detto PIF per il Milan? Ne parliamo dopo), sembra davvero quasi impossibile. Oppure a Oaktree non interessa l’Inter per i tantissimi debiti poi da ripianare? Perché in qualche modo, prima o poi, qualcuno dovrà pagare… Poi c’è la faccenda stadio che è sempre più grottesca, ma siamo in Italia e la colpa non è certo dei dirigenti. Come non lo è attualmente delle condizioni in cui versa l’Inter che, di fatto, pare non avere una proprietà solida. Si può dire?

Poi, appunto, c’è il Milan. Avevamo dato in anteprima la notizia che PIF poteva prendere il posto di Elliott - anche perché RedBird non avrebbe, usiamo il condizionale di questi tempi, nessuna intenzione di vendere, almeno secondo fonti interne - nel suo vendor loan, diventando di fatto un creditore del Milan. Nelle pieghe resterà da capire come sarà il nuovo rapporto di forza fra le parti, anche se sembra una discreta lotta di potere. Che gli arabi volessero entrare nel calcio italiano si è capito, che il Milan sia forse più interessante dell’Inter - in tema di brand, soprattutto, ma anche per un capitolo stadio che sembra più avanti (e debiti molto inferiori) - anche, che qualcosa si stia muovendo pure. Poi gli scossoni in un affare come questo ci sono e ci saranno, resterà da capire quale potrà essere l’oscillazione: se Cardinale a fine 2025 rende i 672 milioni che deve avrà tutto il Milan, nella passata stagione è arrivato un pari di bilancio che però è dovuto a San Siro con le semifinali di Champions e relativi premi, oltre alla cessione di Tonali per 80 milioni di euro. Qual è il giocatore che costa di più nella rosa del Milan? È l’unico che può essere venduto per avere certe cifre? La prima risposta è facile, la seconda no: Leao e no. C’è anche Maignan che il Milan non vuole vendere, ma può permettersi il passaggio da 2,8 milioni agli 8 che chiede il giocatore (facciamo 6,5 come Leao) per un giocatore che si avvia verso la trentina e non avrà mai un mercato come quello di quest’estate? La risposta, in un mondo ideale, sarebbe no. Ma Donnarumma ha salutato a 0 e Onana a 55, il calcio non ha troppe regole.

È stata una settimana in cui anche l’altro modello, quello del padre padrone con i bilanci (quasi) a posto, sta andando a farsi benedire. Perché da una parte De Laurentiis sta cercando in ogni modo di litigare con DAZN e Sky, magari per fare saltare i diritti televisivi dei prossimi cinque anni e sperare in un investitore terzo che crei una Superleghina italiana (visto che al Mondiale per Club ci ha già provato, ricevendo picche), dando del coniglio a Sarri, spiegando che avrebbe tenuto Spalletti (ma poi non l’ha fatto), che Kvara rimarrà, che blablabla. Alla fine vuole essere lui più importante della squadra, questo è un dato di fatto. A noi può far ridere (e gioco, siamo giornalisti in fondo e sulle dichiarazioni diverse ci sguazziamo bene) dall’altro lato c’è un modo di fare calcio che assomiglia a quello dei proprietari anni settanta-ottanta, ben sapendo che è anacronistico. De Laurentiis vuole passare come il proprietario del Borgorosso perché, alla fine, sul cinema ci può dare diverse piste. Anche Lotito ha il suo bel daffare, gestendo le dimissioni di Sarri - avevamo scritto qui che aveva oramai considerato il suo capitolo alla Lazio come chiuso - e affida la squadra a Martusciello dopo un bel binomio Rocchi-Klose. Poi forse Gattuso, magari Zaniolo, chissà come la prenderà eventualmente Zaccagni (che intanto ha ancora un anno di contratto e aspetta il rinnovo da luglio, occhio alla Fiorentina) la congiura di Luis Alberto e Immobile, Felipe Anderson che va verso la Juve… I punti di contatto fra Lazio e Napoli sono tantissimi: entrambe qualcosina l’hanno vinto con gli attuali proprietari, con lo Scudetto come linea di demarcazione fra uno e l’altro. Entrambi sordianamente Marchesi del Grillo: “Io so’ io…” e voi dovete obbedire.

Ripetiamo ancora una volta: ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Perché la Juventus potrebbe finire sul mercato - diciamo che la proprietà non è esattamente felicissima degli ultimi bilanci e dei conseguenti ripianamenti - mentre la Roma si trova di fronte a uno scandalo che nessuno ha compresso. In realtà, come abbiamo scritto qualche settimana fa, i Friedkin sembrano pronti a fare piazza pulita. Non solo i dirigenti, come Tiago Pinto che dà le dimissioni (giusto in tempo) o Mourinho che viene esonerato, ma anche dipendenti con contratto a tempo indeterminato vengono salutati cogliendo la palla al balzo. In questo senso c’è un CEO, Lina Sokoulou, che deve fare da equilibrista fra mari in tempesta, più una sola persona alla direzione sportiva, Mauro Leo, che viene approcciato dalla Dinamo Zagabria a causa di un contratto in scadenza. La Roma ha solo prestiti, da Lukaku a Renato Sanches, da Paredes a Huijsen. Oppure giocatori in scadenza dall’ingaggio importante come Spinazzola o Rui Patricio. Più un allenatore interinale come De Rossi che, probabilmente, ora come ora sarebbe da confermare. Ma siamo sicuri non possa poi diventare un nome per altri club più solidi, almeno dal punto di vista delle idee a lungo termine? Anni fa si parlava di Fiorentina e Italiano in settimana ha parlato chiaramente: chissà che certi amori non facciano giri immensi e poi ritornino.

Insomma, il campionato italiano è desolante nel suo quadro generale. Perché sembra che i nodi stiano venendo tutti al pettine, tutti insieme. Ma ricordiamolo: siamo il paese del Gattopardo e i Tomasi da Lampedusa, nel calcio, sopravvivono molto più degli incendiari.

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Venerdì 17 Maggio 2024
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