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Juve: il problema (se c'è) non si chiama Sarri... Inter: la mossa di Conte è datata marzo 2019 (e a gennaio arrivano...). Milan: Ibra, un aiuto per Pioli. Cellino e DeLaurentiis: prendere esempio dal giovane Giulini. La lezione di Messi...

di Fabrizio Biasin
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© foto di Alessio Alaimo

Buonasera (se leggete di sera). Buongiorno (se leggete di giorno). Mortacci vostra (se non leggete, ma tanto non è il vostro caso, perché state leggendo). Siam qui a scrivere la consueta pappardella di fatti e fatterelli dal puro valore soggettivo. Del resto ognuno ha la sua idea (da “meglio il pandoro”, “No, il panettone” in giù) e quindi non fatevi il sangue amaro che non ne vale la pena.

Messi ha vinto il sesto pallone d'oro. C'è chi si indigna. Ok, forse c'è chi quest'anno a livello personale ha fatto meglio di lui, forse tra 50 anni ci renderemo conto che questo giocatore è stato talmente sopra tutti gli altri da meritarsi tutto e anche di più. Prendete il gol contro l'Atletico: basta quello per sbaragliare qualsivoglia classifica. Oh, opinione personale...

Si parla tanto dell’Inter capolista. L’Inter in testa alla classifica fa impressione. Non tanto per il primato (era già capitato negli ultimi anni), quanto per come è arrivato: 37 punti su 42 sono un’enormità, qualcosa di esagerato anche per i più accaniti fan di Antonio Conte. Il segreto è…. Boh, non c’è. Cioè, si parla tanto di “Conte che riesce a trasmettere il sacro fuoco ai suoi giocatori”, ma pare un po’ una banalità. Il dato di fatto è che la competitività dipende da allenamenti e applicazione, ma soprattutto dalla costruzione del gruppo. Il giorno in cui Conte ha detto “sì” a Marotta (fine marzo), l’ad nerazzurro ha subito acceso “la macchina”: "Facciamo tutto il possibile per realizzare i desideri del tecnico". Ci ha messo un po’, ha faticato, ha dovuto concedere prestiti “pericolosi”, ma alla fine, Dzeko a parte, ha consegnato al suo allenatore la squadra che desiderava, una squadra a “impatto zero” tra l'altro (fin qui nessun caso nello spogliatoio: una rarità). Un gruppo forse un filo risicato ma dove tutti hanno un senso e si sentono parte del progetto… in attesa dei rinforzi (per gennaio si continua a parlare di Vidal e Giroud, speranze anche per De Paul).
Ora, è tutto bellissimo e l’Inter vincerà ogni cosa? Guai a pensarlo. Date retta, gli stessi che ora sprecano aggettivi pomposissimi sono pronti a suonare il requiem in un amen, soprattutto se i nerazzurri dovessero interrompere l’avventura in Champions. Il segreto è il “basso profilo” e, va detto, in questo Conte è un maestro.

Sull’altro piatto della bilancia c’è la Juve, e chi sennò? Da 36 ore si parla dei bianconeri come di una squadra difettata, piena di problemi, guidata da un tecnico “capace solo in parte”. Le solite esagerazioni. I bianconeri stanno facendo enormi cose (zero sconfitte) e non può bastare un pareggio col Sassuolo per parlare di “piccola crisi” (giuro! C’è chi l’ha detto). La verità è che in serie A da troppi anni non siamo abituati a vedere due squadre capaci fin qui di fare percorso praticamente netto e la cosa sbilancia le valutazioni. La Juve non ha problemi rispetto al presente, semmai rispetto a quello che non è riuscita a fare la scorsa estate: voleva snellire la sua rosa a livello di ingaggi, voleva cambiare diversi giocatori. Non l'ha fatto: ci sono giocatori che guadagnano un sacco di soldi per non giocare, altri appena arrivati che giocano poco o niente. Ecco, il problema non è Sarri, né si deve parlare di squadra in difficoltà (sarebbe assurdo), al limite è giisto dire che a livello dirigenziale qualche errore è stato commesso, tutto qua.

Il Milan si è ripreso al di là dei 3 punti a Parma: è una questione di gioco espresso e anche di "sensazioni visive". Pioli è stato bravissimo a ridare un senso al gruppo, ora però va aiutato con l'unico giocatore che può dare concretezza al gioco in fase realizzativa: Ibra e chi sennò? Arriverà? Le probabilità aumentano.

Quindi il Brescia. E Grosso. E Cellino. E Corini che, giustamente, torna al suo posto. Il problema di troppi presidenti è che troppo spesso non riescono a stare al loro posto e scelgono di essere sciagurati protagonisti.

Lo stesso errore lo sta commettendo De Laurentiis che, certo, non è aiutato dalla sua squadra ma a livello strategico ha sbagliato qualunque cosa e non sta facendo nulla per uscire dal guano.

Entrambi - Cellino e DeLa- dovrebbero prendere esempio da un collega molto meno esperto di loro: Giulini del Cagliari. Saper delegare, spesso e volentieri, è più importante che comandare.
 
Infine la Lazio. Della Lazio frega solo ai laziali. Capiamoci: questa non è un’offesa nei confronti del club di Lotito Claudio, semmai l’esatto opposto. Ogni santa estate procediamo al giochino cretino della “griglia di partenza”: "Per me arriva prima questa, seconda quest’altra, terza quell’altra, quarta “la sorpresa”, eccetera eccetera". E della Lazio ce ne fottiamo sempre. Tutti, anche tu. Ammettilo. Sapete quanto è costata la rosa della Lazio, attualmente terza in classifica dietro alle corazzate Inter e Juve? Molto poco. Prendiamo i titolari di Lazio-Udinese 3-0. Strakosha (75mila euro); Luiz Felipe (750mila euro), Acerbi (10,5 milioni), Radu (4,5 milioni); Lazzari (11 milioni), Milinkovic (18 milioni), Leiva (5,7 milioni), Luis Alberto (4 milioni), Lulic (3,25 milioni); Correa (15,3 milioni), Immobile (9,25 milioni). Totale: neanche 90 milioni. E con 90 milioni, a certi livelli, di giocatori (forse) ne prendi tre. Bravissimo Lotito (può non piacere ma sa fare calcio), straordinario Tare.

Alla prossima.

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