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Inter: Conte è andato, Hakimi andrà, ma sono storie molto diverse. Juve: Allegri ha detto no al Real (e c’è chi non l’ha presa bene). Milan: le due facce di Donnarumma (e un destino non scritto). Superlega: delirio in arrivo

di Fabrizio Biasin
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Eccoci qua, tra poco inizia l’Europeo. L’Europeo – come il Mondiale- è quella cosa che prima la Nazionale ti rompeva un po’ le balle in quanto “pausa per la Nazionale”, ma con l’Europeo ti organizzi la cena con i birroni ghiacciati e, quindi, alé Azzurri e po-po-po.
Questa sera Mancini eseguirà gli ultimi due tagliuzzi: trema uno tra Toloi e (l’altro) Mancini e uno tra Cristante, Pessina e Sensi (ma se Sensi sta in piedi il ct se lo porta dietro eccome). Bene, il sottoscritto non ne prende una e quindi alla fine il Mancio lascerà a casa, boh, Donnarumma per farmi dispetto.

A proposito, dopo parliamo di Donnarumma.

Ecco, dicevamo, non ne prendo una. Quando il Chelsea si è affidato a Tuchel, per dire, ho pensato: “Ma guarda questo minchione del russo, si affida a Tuchel e non si tuffa su Allegri”. E, niente, ha avuto ragione lui, il russo.

A proposito, dopo parliamo di Allegri.

Tuchel è stato bravo perché ha fottuto il suo avversario, Guardiola, nel campo prediletto dello spagnolo: la tattica. Cioè, non è che il tedesco si sia inventato chissà che cosa, semplicemente ha sfruttato il “futurismo tattico” del collega che alla consueta impostazione “no punte” ha associato anche un centrocampo parecchio svuotato. Diciamo che per una volta Pep non ci ha visto giusto. Significa che non sia un genio totale? No. Significa che non sia uno dei pochi rivoluzionari del pallone? Giammai. Significa semplicemente che ha toppato la partita. Capita.

Da gran signore qual è, ha preso la sua medaglia, l’ha baciata, si è congratulato con tutti e ha tolto il disturbo. Ecco, saper perdere è difficile quanto riuscire a vincere: Guardiola sa fare entrambe le cose.

A proposito, ora parliamo di Hakimi.

Hakimi lascerà l’Inter, è questione di tempo. Oddio, a volte i miracoli accadono e magari in casa nerazzurra riusciranno a trovare incastri diversi, ma le speranze sono poche. La situazione, al momento, è la seguente: l’Inter ha fatto il prezzo, le pretendenti (Psg su tutte) lo sanno, devono semplicemente trovare il coraggio per investire una cifra vicina agli 80 milioni richiesti (bonus compresi).
Molti dicono: “Ma che cazzo fanno all’Inter! Hakimi è l’ultimo da vendere!”. Credete a un cretino (il sottoscritto): lo sanno anche Marotta e Ausilio. Prendete il ds: ha corteggiato il marocchino per 4 anni, lo ha convinto a venire a Milano e ora si trova costretto a venderlo dopo una sola stagione. Pensate che sia felice? No, ma sa anche che prima di ogni singolo giocatore dell’Inter viene… l’Inter stessa. E l’Inter – che al momento non ha ricevuto offerte concrete per altri giocatori – ha bisogno di quel grano. E al più presto. Conte questa cosa non l’ha accettata e, infine, ha tolto il disturbo.

A proposito, dopo parliamo di Conte.

L’Inter riparte da Simone Inzaghi, che non era la prima opzione nella capoccia di Marotta, ma meglio l’ex Lazio di tutti gli altri (l’ad nerazzurro ci ha provato fino all’ultimo con Allegri, ma Max si era prima promesso al Real, poi al Napoli se non lo avesse scelto il Real, poi alla Juve che ha battuto proprio il Real. Il tutto contro l’opinione dell’entourage allegriano che lo avrebbe volentieri piazzato… al Real. E ha pure insistito).
Inzaghi imposterà il suo 3-5-2, che sembra simile a quello di Conte ma in realtà non lo sarà, anche solo perché non avrà tutti gli stessi giocatori. Eriksen, per dire, potrebbe giocare qualche metro più avanti. Vedremo.

Ecco, parliamo di Conte.

Ci sono due piani di ragionamento sulla questione “Conte ha lasciato l’Inter”: il primo è quello dell’osservatore esterno. Si può biasimare un professionista con legittime ambizioni, che rispetto ad alcuni imprevisti sul percorso, ad alcune promesse che non si possono più mantenere, ad alcune “variazioni sul tema”, sceglie di abbandonare la nave? No, non si può. Si può biasimare Antonio Conte da Lecce che da anni e anni “vuole”, “pretende”, “ottiene” e in cambio del suo ottimo lavoro esige la perfezione altrui? No, non si può. Ci si poteva aspettare che di fronte alle rogne pandemiche, ai conti ballerini, al “bisogna tagliare”, al “non ti compriamo nessuno” costui, l’uomo venuto dalla Puglia, decidesse di salutare la truppa? Certo che sì, in fondo lo aveva già fatto (Juve, Chelsea, e anche nelle sue esperienze precedenti non è che si fosse lasciato trai baci e gli abbracci).
Ecco, Antonio Conte ha lasciato l’Inter semplicemente perché è Antonio Conte e non bisogna sorprendersi troppo: andrà avanti a svolgere il suo brillantissimo mestiere, triterà record (forse a Madrid) e “avrà sempre un posto nella storia del club nerazzurro” come hanno giustamente scritto i suoi ex datori di lavoro, nel comunicato di commiato (anche solo perché nessuno prima di lui ha guadagnato così tanto in così poco tempo. Nessuno).
Poi però c’è l’altro piano, quello del tifoso. Antonio Conte lascia l’Inter dopo una stagione complicata, che è stata sua ma anche dei dirigenti, dei dipendenti, dei giocatori, di tutti gli appassionati che hanno il sangue nerazzurro quando le vacche sono grasse e anche quando le vacche sono magre.
Ebbene, ora le vacche sono magre, magrissime, ma nessuno si sogna di voltare le spalle alla bandiera, anzi, al limite il contrario. C’è bisogno di spalare un po’ di merda? Dateci una pala. Perché oh, è bello e assai libidinoso godersi il viaggio sulla strada asfaltata e con zero nuvole all’orizzonte, ma bisogna provarci anche quando la strada si fa brutta e in fondo si intravede la tempesta, altrimenti è troppo comodo.
Non stimo a farla lunga e ribadiamo il concetto: Conte è stato grande perché ha riportato all’Inter il tricolore dopo anni 11 e in condizioni complicate. Grandi come lui e forse anche più di lui sono quelli che sono rimasti a bordo, quelli che navigano nel mare affollato dagli iceberg, che stanno passando il tempo a fare calcoli per far quadrare conti che non quadrano, che assorbono le incazzature quotidiane di chi non capisce la situazione e mai la capirà (“prendiamo Milinkovic-Savic e pure Correa?”), che stanno cercando incastri impossibili per mantenere “a livello” il club campione d’Italia.
Ecco, Conte merita applausi, coloro stanno combattendo questa infame battaglia “anti-crisi” con un unico scopo (il bene dell’Inter) anche di più.
E ora parliamo di Donnarumma.
Sia chiaro, Donnarumma giocherà a calcio anche la prossima stagione e guadagnerà soldi a palate. Ma non è questo il punto. Il punto è che uno dei portieri più forti al mondo, attualmente, è senza squadra. Questa cosa succede perché il gigante si è fidato del suo agente, il furbissimo Mino Raiola che tutto può, ma qualche volta no.
Costui, Raiola, ha consigliato al suo assistito di non firmare il rinnovo proposto dal Milan a 8 milioni di euro all'anno e lo ha convinto in nome di una promessa: Gigio, incasserai molto di più e lo farai in un club che giocherà la Champions.

Peccato che nel frattempo il Milan abbia raggiunto la qualificazione al coppone (anche per merito di Gigione, ovviamente) e, quindi, alla fine sia rimasto solo un motivo per abbandonare la nave rossonera: il portafoglio più gonfio.

Nel corso delle settimane gli "amici degli amici" spergiuravano che su cotanto portierone ci fosse mezza Europa. Ed è vero, Gigio piace a tutti. Ma non alle condizioni imposte dalla casa madre (Raiola). Tra l'altro, la gran parte dei club di primissima fascia (quelli che si possono permettere ingaggi da oltre 10 milioni a stagione, oltre alle commissioni multimilionarie pretese dall'agente), tra i pali, sono sistemati e quelli che volentieri porterebbero a casa Donnarumma devono prima riuscire a piazzare il rispettivo titolare. Il Barcellona, per dire (Ter Stegen, 5 milioni di ingaggio e scadenza del contratto nel 2025), ma anche la Juve (Szczesny, 7 milioni di ingaggio e scadenza nel 2024).

Fine. Non arriveremo a scrivere “chi troppo vuole nulla stringe”, perché alla fine una squadra Donnarumma la troverà e quella squadra in qualche modo farà un affare ma, certo, la brutta figura è servita, forse accompagnata dal rimpianto del diretto interessato: avrebbe potuto diventare il capitano e simbolo del club che lo ha allevato e fatto diventare "grande", si ritrova con un agente costretto al porta-a-porta come un venditore di enciclopedie qualsiasi. Brutta bestia l'avidità.

Infine, parliamo del botta e risposta Uefa-Superleague.

Questa cosa della Superleague che porta l’Uefa davanti alla Corte Europea, in termini tecnici, si può definire “bordello totale”. Prepariamoci a una straordinaria stagione di carte bollate, ricorsi e reclami; soprattutto, prepariamoci a un finale non scritto. Quelli della Superlega si sono presentati male, malissimo, ma non è detto che alla fine non vincano la loro battaglia. Anche perché, ricordiamolo, nel frattempo il calcio è fallito, anche se continuiamo a far finta di niente.

E con questa botta di ottimismo ci diamo appuntamento alla prossima settimana.

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Mercoledì 1 Maggio 2024
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