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CR7 con le sue dichiarazioni ha deluso tanti appassionati. A cominciare da un giovane madeirense che ha conquistato il mondo: Cristiano Ronaldo

di Carlo Pizzigoni
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Dopo una certa ora, capita. L’ora delle grandi confessioni, quella del secondo, terzo, giro.
“La verità è che forse ero più forte io!”
Forse l’ha detta davvero questa frase, forse solo qualche amico suo l’ha fatta girare. O è la solita invenzione che corre nelle storie senza lieto fine in quelle dove inciampi nei “con un’altra testa”, nei “se non mi fosse capitato…”Fabio Ferreira era arrivato all’Academia dello Sporting Club de Portugal, quello che da sempre noi italiani chiamiamo Sporting Lisbona, da giovane talentuoso. Avvistato in un torneo dell’Algarve, sud del Paese, era giunto nella capitale portoghese e nelle partitelle mostrava grandi doti. Perfetta era l’intesa con l’altro attaccante della squadra under 14, un ragazzino giunto da oltre mare, da Madeira. Algarve e Madeira, periferia del mondo portoghese, accenti forti strani, di quelli che gli altri ridono, in faccia. “ Ma come parli!?!”

Le canzonature si aggiungono alle umiliazioni, ai pochi o nulli soldi in tasca.
Il madeirense e Fabio Ferreira, fanno gol, tanti gol in campo e coppia anche fuori, anche perché sono gli unici che rimangono praticamente sempre nel collegio del club, mentre gli altri tornano dalle loro famiglie. Le poche volte che si avventurano per qualche locale, per una coca o un gelato, scatta la rissa. E’ quasi sempre Fabio Ferreira a iniziarle e quasi sempre il madeirense, che ormai avete capito di chi si tratta, a rimanere incagliato per subire le conseguenze.
Le poche monete che si ritrovano in tasca servono per i gettoni e le chiamate a casa, Cristiano Ronaldo piange, a volte sono minuti di singhiozzi, mentre il papà, l’uomo che per primo gli ha messo un paio di scarpini ai piedi e gli ha regalato la passione per il gioco più bello del mondo, se lo stava portando via la cirrosi epatica.

È dura, durissima, però c’è il calcio. Per i Fabio Ferreira e i Cristiano c’è quel pallone per chiudere le bocche, smorzare i sorrisini, sentirsi il centro del mondo. Gli applausi degli allenatori, i bravo dei pochi spettatori presenti.
Fabio Ferreira però non ce la fa a gestire questi alti e bassi dell’adolescenza. Nel bar, nelle aziende ittiche delle sue parti, dove ha poi passato il resto della sua vita, dopo che l’ennesima scivolata ha chiuso la relazione prima con lo Sporting poi col calcio, Fabio ha raccontato che l’idolo di tutti, Cristiano Ronaldo, l’uomo che ha colorato di rossoverde portoghese ogni sua impresa, compresa un campionato europeo, dove non era giunto nemmeno il mito Eusebio, era amico suo. Era il suo assist-man. E forse, a livello di talento…

Cristiano, una determinazione mostruosa, una ossessione imparabile è arrivato, è già nella storia del calcio. Addirittura chi rideva di lui probabilmente indossa una maglia, una tuta con scritto sopra CR7, ha visitato Madeira e il museo a lui dedicato. Il 5 febbraio 1985, per tanti lusitani, era natale, anche se quel giorno della nascita era dall’oggi orgogliosissima mamma Maria Dolores cercato in ogni maniera di evitare. Con diversi tentativi di aborti naturali (il Portogallo devoto a Fatima e preconciliare non prevedeva una legge per ospedalizzare la donna e procedere all’intervento), tipo bere birra scura e correre a perdifiato nelle discese scocese di Funchal. Quel feto non voleva morire, attaccato alla vita, e alla volontà di emergere. Il 5 febbraio 1985 è però lontano, e il calciatore Ronaldo non è più quello che inorgogliva un Paese. L’ossessione non si è però spenta, ostacolando il necessario contatto con la realtà.

L’intervista al Sun di questi giorni con le accuse a tecnici e dirigenti dello United colpevoli di avergli mancato di rispetto sono lontane dagli anni della sua prima Lisbona. Sono anche nella forma, liquidati come professionisti che valgono poco “Rangnick? Non so nemmeno se facesse l’allenatore, io non l’ho mai sentito”.
Oggi Cristiano Ronaldo è finito dall’altra parte. Ha compiuto un giro grande, enorme, pieno di successi, tutti meritati, tutti sudati, ed è diventato uno di quei mocciosi di buona famiglia, che la maglia la indossavano forse più per raccomandazione che per merito, che ridevano di lui per l’accento madeirense, per la dentatura non perfetta, per i suoi abiti non sempre alla moda.

Ronaldo con quelle dichiarazioni arroganti ha deluso tanti tifosi dello United che lo idolatravano, tanti portoghesi che lo mitizzavano.

Ronaldo ha probabilmente deluso Fabio Ferreira, che si è sognato mille volte di essere ancora lì, a chiudere il triangolo al limite dell’area con Cristiano, per poi concludere in porta.

Ronaldo ha soprattutto deluso se stesso, con quelle dichiarazioni, con quel modo spavaldo di parlare e porsi, ha deluso quel giovanissimo grande talento di Madeira, che dal niente e con niente se non il proprio orgoglio e una indicibile determinazione ha modellato un talento clamoroso e lo ha portato a primeggiare in ogni campo.

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