Menù Notizie

Cambiare e rinnovarsi, per rimanere competitivi. Il Porto di Sergio Conceicao è fedele alla storia, e proprio per questo rimane credibile ad alto livello.

di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
Foto

Il Benfica è sempre stato il Portogallo, calcisticamente parlando. Le coppe dei campioni degli anni sessanta, il mito Eusebio, le idee di Béla Guttmann, le letture calcistiche di Mário Coluna, l’imponenza dello stadio Da Luz, nel momento della costruzione, nel 1954, il più grande impianto d’Europa.
A livello internazionale il calcio portoghese erano quelle maglie biancorosse, l’elemento più riconoscibile di quel piccolo paese in un angolo di vecchio mondo, spesso nell’ombra, chiuso in se stesso nella dittatura salazarista.
Il Benfica è stato il Portogallo, fino al 17 aprile del 1982.
Il Paese si era finalmente aperto al mondo, aveva iniziato un cammino di democrazia dopo la celeberrima rivoluzione dei Garofani, il loro 25 aprile, e il mondo del calcio iniziava a trovare nuove dinamiche dentro e fuori dal campo.

L'elezione del Papa e il caso Bosman
Quel 17 aprile veniva eletto presidente del Porto il Papa. Meglio: quello che oggi viene chiamato così dopo aver inciso non solo nel futebol ma nella storia del calcio: il Papa nella declinazione calcistico-portoghese è Jorge Nuno Pinto da Costa, il presidente, l’allora e l’attuale presidente. Prima del suo arrivo, i bianco-blu avevano vinto sette campionati e otto Coppe di Portogallo nei loro 89 anni di storia. Da quel momento, gradualmente e parallelamente all'evoluzione dei tempi e delle circostanze più rilevanti, nasceva quello che è diventato uno dei progetti calcistici più straordinari del calcio europeo: la filosofia del Porto. Una filosofia figlia di visioni e lavoro che ha portato nel nord del Paese le stesse coppe dei campioni del Benfica, due, e in epoche differenti, nel 1987 con Artur Jorge in panchina e il tacco di Allah, Rabah Madjer, in campo, e nel 2004 con José Mourinho che non era ancora lo Special One e aveva già riempito la bacheca del club con un altro trofeo continentale, la Coppa UEFA, battendo in semifinale la Lazio e in finale il Celtic. Questi due straordinari exploit erano solo la punta dell’iceberg di un club che era entrato nella modernità prima degli altri, e aveva imposto un nuovo modo di vivere il mondo del calcio. Non avendo né capitali né appeal, l'accesso ai giocatori di alto livello non era così facile e si è deciso di inventarsi un modo diverso, e più ampio, in tutti i sensi, di guardare. Il grande segreto della politica dei trasferimenti del Porto è sempre stato quello di scegliere: giocatori e mercati. Dopo il caso Bosman, solo un anno dopo, i Dragoni divennero una Società per Azioni e con il passare degli anni iniziarono ad essere quotati in borsa, circostanze importanti e molto vicine nel tempo che, insieme ai successi sportivi. Giocatori mai considerati, mercati dove nessuno si inoltrava, il Porto ha mostrato al mondo che il calcio è davvero del mondo: ovunque si trovano buoni giocatori, basta saperli vedere, saperli inserirli in un sistema, e levarsi quell’altezzosità, quella puzza sotto il naso che accompagnava (e in alcuni casi ancora accompagna: guardiamoci attorno) l’europeo quando si approccia ad altre realtà calcistiche. E poi, il Porto sapeva vendere al momento giusto.
La ricerca evoluta non si è fermata ai calciatori, quelle che noi definimmo “scommesse” perché ancora alieni a quel modo di lavorare, ma sono andate anche sugli allenatori. Dal Mourinho, ex traduttore di Robson, con 9 presenze sulla panchina del Benfica e un ottimo inizio di stagione all’União Leiria, a profili che non hanno avuto fortuna coi bianco-blu, come per esempio Gigi Delneri. Il tecnico italiano fu seguito per diversi mesi e poi scelto per essere il successore proprio di José: le cose non andarono bene, e dopo pochi mesi ci fu la separazione. Ma non perché quei metodi e quella proposta calcistica era realmente sbagliata, ma arrivava in un momento sbagliato.

Sergio Conceicao: la scommessa vinta di Pinto da Costa
L’anno scorso discutendo con l’ex tecnico del Chievo gli dicevo che il suo 442 ad alto ritmo era la base dei recenti successi di Sérgio Conceição, l’ennesima “scommessa” vinta da Pinto da Costa, dato che è sempre lui, da quell’aprile del 1982 a governare il Porto. L’ex esterno visto brillare sulla fascia destra di diverse squadre italiane ha mostrato proprio al Porto di essere un grande allenatore: subentrato nel giugno del 2017 a Nuno Espirito Santo riporta già in quella stagione, dopo cinque anni di attesa, il titolo ai Dragoni. Lavora su una squadra che ha proprio come base il sistema di gioco preferito da Delneri, lo irrora con intensità ed è immediatamente credibile in uno spogliatoio che pareva poco ricettivo e con limitata mentalità. Ottiene risultati e continua, nella linearità di ricerca di quel tipo di calcio ad alta intensità, a cambiare uomini e stile. L’anno passato, in quanto a creatività, forse la sua stagione migliore, stabilendo un nuovo record di imbattibilità nel calcio portoghese. Sopravvissuto alla partenza di Luís Díaz a gennaio, ha costruito la squadra più dominante e creativa da quando è alla guida dei bianco-blu, integrando giovani che avevano solo bisogno di un impiego continuo, e quindi di fiducia. Questo è il segno di Sérgio Conceição e del Futebol Clube do Porto nella stagione 21/22, che non solo ha vinto il titolo ma ha anche aperto la strada per il futuro, non intaccato da un modesto inizio di stagione. E proprio grazie a queste basi si sta riprendendo. Al Dragão, la proposta ha assunto un altro significato. È impossibile comprendere la crescita delle prestazioni senza l'affermazione definitiva di giocatori dal profilo più tecnico, che cercano soluzioni collettive: nelle stagioni precedenti, la squadra dipendeva parecchio dai calci piazzati (manca il piede sinistro di Alex Telles) o da una vena individuale (Brahimi, Corona) per direzionare le partite. A causa delle caratteristiche della squadra, Sérgio Conceição ha cercato più la forza della tecnica che la tecnica della forza. E oggi il suo centrocampo non è più in linea ma è piena di elementi che ruotando offre soluzioni diverse: davanti a una difesa a 4 con due terzini sempre offensivamente coinvolti, giostrano il brasiliano Otavio ( naturalizzato portoghese e pronto per Qatar2022), il colombiano Matheus Uribe, il canadese Eustaquio, il serbo Grujic, che aveva steccato a Liverpool, Pepe, pescato al Gremio, Galeno, scoperto nel sottobosco della Primeira Liga. Alle spalle dell’iraniano Taremi e dell’ex Fluminense Evanilson
Gente da Porto, insomma.
Figli di una storia, molto calcistica, molto moderna.

Altre notizie
Domenica 28 Aprile 2024
11:34 Serie B Spezia, Hristov: "Non bisogna mai abbassare la testa. Col Palermo per la vittoria" 11:30 Serie A Le pagelle di Baroni: prepara bene la partita, paga un black out dei suoi sul gol della Lazio 11:27 Calcio estero Sfida Marsiglia-Milan, ma Fonseca non pensa al futuro: "Ancora non ho deciso" 11:23 Serie ATMW Inter, è qui la festa? Cori ed entusiasmo: l'arrivo del pullman dei nerazzurri a San Siro 11:19 Serie C Foggia, Cudini: "Stagione complicata ma sono contento di quanto fatto dai ragazzi"
11:15 Serie A Le pagelle di Zaccagni: ritorno migliore non poteva immaginare, entra e segna il gol dell'ex 11:12 Calcio estero Athletic, insulti razzisti a Nico Williams. Poi l'esultanza polemica verso i tifosi dell'Atletico 11:08 Serie A Vocalelli: "Inter, scudetto simbolo della superiorità. Ha meriti anche la proprietà" 11:04 Podcast TMWPodcast TMW La decisione che ha sorpreso il mondo: perché Xavi è rimasto al Barcellona 11:00 Serie A Inter-Torino, le formazioni ufficiali: c'è Calhanoglu. Un centrocampista in più per Juric 10:58 Serie AProbabili formazioni 34^ di Serie A, le ultime LIVE: Cajuste al posto di Zielinski, Abraham ancora titolare 10:56 Calcio estero Atletico, Simeone: "Con l'Athletic non era una finale, l'umiltà è la chiave di questa squadra" 10:53 Serie A Lazio, Patric: "Continuare a vincere è la cosa più importante. Non possiamo sbagliare" 10:49 Serie B Ascoli, il match winner Botteghin: "Avevo tanta voglia di segnare e di vincere" 10:45 Serie A Le pagelle di Giroud: non si vede mai, Bremer lo ferma col braccio fuori dal finestrino 10:42 Calcio estero Scontro Klopp-Salah, il tecnico minimizza: "Abbiamo parlato nello spogliatoio" 10:38 Serie A Lazio, Zaccagni: "Sono contento di essere tornato al gol e aver aiutato la squadra a vincere" 10:37 Serie ALive TMW Genoa, Gilardino: "Mettiamo un timbro forte su questo campionato. Vitinha sta bene" 10:34 Serie C Catania, Zeoli felice: "La partita l'ha vinta la squadra. Fatto qualcosa di eccezionale" 10:30 Serie A Le pagelle di Milik: garanzia di resa immediata, va vicino al gol in due occasioni 10:27 Calcio estero Barcellona, si lavora al rinnovo di Cubarsì: pronta una clausola da 500 milioni di euro 10:23 Serie A Hellas, Coppola pensa già alla Fiorentina: "Giocare in casa ci darà una mano" 10:19 Serie B Brescia, Bisoli e la fascia a Paghera: "Gesto condiviso con i compagni. Ragazzo speciale" 10:15 Serie A Le pagelle di Vlahovic: esaurisce presto le energei ma Allegri lo toglie troppo presto 10:12 Calcio estero Il Bayern Monaco pesca in Premier League, fari puntati su Kyle Walker 10:08 Serie A Lautaro: "Da quando sono all'Inter ho trovato gente che mi vuole bene" 10:04 Serie B Sampdoria, Borini: "Gol bello e preparato. Peccato per la squalifica a Lecco" 10:00 Serie A Le pagelle di Chiesa: ottimo impatto sul match, una risorsa quando è più libero 09:57 Serie A Hellas Verona, Baroni: "La squadra c'è, è viva e non ha perso la propria identità" 09:53 Rassegna stampa Il Corriere dello Sport: "Il Cosenza è implacabile, al San Vito il Bari affonda"