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C’eravamo tanto pagati: l’estate di Lukaku e Messi. Juve di nuovo favorita senza aver fatto (ancora) nulla

di Ivan Cardia
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È l’estate degli affari che ci avevano promesso non ci sarebbero stati. Lionel Messi via da Barcellona, tra le lacrime. Romelu Lukaku via dall’Inter, senza aver ancora mandato un messaggio ai tifosi, se non per tramite del suo agente. C’eravamo tanto amati? Sì, ma soprattutto c’eravamo tanto pagati. Chi ironizza sul calcio del popolo ha gioco facile, ma centra il tema fino a un certo punto. È un’estate nella quale due-tre club, per ragioni in parte diverse e in parte abbastanza analoghe, la fanno da padrone. E soprattutto nella quale, ove ne sentissimo la necessità, abbiamo avuto la conferma che di pane e sentimenti non si vive, ma soprattutto non si calcia un pallone. Che poi la soluzione fosse la Superlega, beh, se ne può quantomeno discutere. Ma non divaghiamo.

Le lacrime di Leo, peraltro umanamente comprensibili, valgono quanto le spiegazioni ufficiali del Barcellona. Tutto giusto, un po’ meno bello, in fin dei conti un paravento per le reali ragioni di un addio che affonda le proprie radici in anni di mala gestione economica da un lato e nella voglia, comunque legittima, di cambiare aria. Sull’approdo, si può discutere: di scommessa, personale e professionale, ha poco o nulla, ma tant’è. Ha tanto di voglia di rivalsa personale, assicura Pastorello, anche il ritorno, il terzo, di Romelu Lukaku al Chelsea. Anche qui: tutto bello, tutto giusto, soltanto ci si crederebbe più volentieri se Big Rom non avesse detto, in ogni singolo club in cui è andato, di essere arrivato nel posto dei suoi sogni, di sentirsi realizzato, di essere felicissimo. Ecco: non c’è nulla di male nell’essere un professionista e come tale cambiare casacca di tanto in tanto. Magari si potrebbe evitare di aggiungerci della poesia e lasciare il tutto di una prosa nella quale si guarda, com’è giusto che sia, a due cose: il conto in banca e le prospettive, appunto, professionali. In ordine sparso, per carità, ma da qui non se ne esce e l’amore meglio lasciarlo alle coppiette abbracciate sui lungomari d’Italia. La separazione tra l’Inter e il suo miglior giocatore, a conti fatti, era semplicemente inevitabile. Per i nerazzurri vessati dai diktat cinesi era la soluzione più logica per fare cassa, per il miglior attaccante dell’ultima Serie A era fuori luogo in una squadra in disarmo tecnico ed economico. Si sono ingolositi entrambi dall’opportunità, basterebbe dirsi questo.

Quanto all’Inter, che ne esca ridimensionata è un dato di fatto. Ha perso il meglio che aveva, l’ha rimpiazzato con Dzeko, ingloriosamente silurato dalla Roma. Prenderà un altro attaccante (alla fine Correa?), difficile basti a colmare il gap tra quel che era e quel che resta. A due settimane dalla fine del mercato, è in generale successo così poco che paradossalmente la Juventus, quarta per il rotto della cuffia nell’ultimo campionato, è tornata in pole position senza aver fatto ancora nulla. È bastato cambiare l’allenatore. Il Milan anche si è per ora indebolito, pur avendo tenuto la schiena dritta che ai fini del gioco vale quanto i sentimenti di cui si discuteva poco sopra. Il Napoli ha fatto zero, la Lazio quasi, la Roma si è imbarcata in un bellissimo viaggio mediatico ma sul campo chissà. I bianconeri alla fine prenderanno Locatelli, per ora non l’hanno ancora fatto, il conto alla rovescia fino al 31 agosto va avanti per tutti e manca così tanto a così tante squadre che è difficile dire se quel che accadrà basterà a sovvertire queste gerarchie. Del tutto opinabili, ça va sans dire.

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Venerdì 17 Maggio 2024
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