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ESCLUSIVA TMW - Moriero: "Le Maldive la mia nuova scommessa. Grazie a Nuno Gomes"

di Gaetano Mocciaro
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Da circa sei mesi Francesco Moriero vive alle Maldive, dove è diventato commissario tecnico. Una scelta di vita esotica, ma non la prima della sua carriera d'allenatore, iniziata quasi 16 anni fa in Costa d'Avorio. Obiettivo qualificare la selezione, attualmente 156ª nel ranking FIFA, alla prossima Coppa d'Asia. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova avventura:

Francesco Moriero, cosa l'ha spinta a scegliere le Maldive?
"Chi sceglie di fare questo mestiere non deve avere restrizioni, perché è un mestiere che ti porta a girare tutto il mondo".

Come è nata l'idea?
"L'idea è nata da un mio amico, ex giocatore, ossia Nuno Gomes. Aveva avuto una chiamata dal presidente della Federcalcio delle Maldive che cercava un allenatore italiano. Lui mi aveva seguito negli anni, mi ha proposto e io ho accettato. Ho detto di sì perché mi piace sempre raccogliere sfide molto particolari".

Immaginiamo le grandi differenze a livello tecnico e tattico trovate
"Ho trovato un ottimo materiale tecnico, normale che il modo di lavorare e giocare è molto differente al nostro. Hanno una carenza dal punto di vista fisico, però sono ragazzi che riescono a fare quel che gli chiedo. Stiamo facendo un percorso e questo lavoro mi sta appassionando tantissimo".

Non è la prima esperienza all'estero: ricordiamo quella in Costa d'Avorio
"Ho girato molto, ho fatto esperienze. Non mi creo barriere assolutamente. In Italia ho imparato tanto e mi reputo all'altezza per affrontare queste esperienze".

Sono sempre più gli allenatori italiani che preferiscono provare l'esperienza all'estero piuttosto che vivacchiare in Serie C e alcuni di essi hanno dichiarato di aver dovuto portare degli sponsor. Qual è il suo punto di vista?
In italia purtroppo si guarda solo la domenica e un allenatore diventa bravo solo se si vince. Non si guarda al lavoro fatto in settimana, alla valorizzazione dei giovani. Io nella mia carriera mi reputo soddisfatto, perché ho sempre allenato in piazze abbastanza difficili tranne Frosinone, dove abbiamo espresso un grande gioco ma c'erano altri problemi. Le mie esperienze le reputo tutte positive, normale che poi quando esce sul curriculum 'esonero' è anche brutto, ma molti di quegli esoneri sono stati più divergenze con la società e si è deciso di lasciare la situazione".

Si è dato una spiegazione sulle difficoltà del movimento calcistico italiano? Due mondiali persi consecutivi ai tempi in cui eri calciatore erano semplicemente inconcepibili. Cosa non sta funzionando?
"Lo sappiamo tutti, il problema è alla base. Io reputo Mancini un grande allenatore e mandarlo via sarebbe stato da folli. Lui non ha mai avuto paura di lanciare i giovani, di lasciare qualcuno a casa. Il problema è alla base e mi riferisco alle scuole calcio, ai settori giovanili, dove stiamo facendo fatica a coltivare i nostri giovani. Il problema fondamentale è la mancanza delle strutture e soprattutto di gente che sappia insegnare calcio. Soprattutto nelle scuole calcio dove la maggior parte dei giocatori, me compreso, sono riusciti a diventare qualcuno. C'erano allenatori che ci mettevano passione e non allenatori che pensavano a fare esperienza personale. Io sarei molto più rigido per quel che riguarda la selezione degli allenatori nei settori giovanili, ma vorrei aggiungere una cosa".

Prego
"Siamo abituati a dire sempre: 'Ve l'avevo detto', ma non funziona così: ci vuole programmazione. Se non coltivi i giocatori diventa difficile. Noi ai ragazzi e a Mancini dobbiamo dire grazie per averci fatto vincere gli Europei. L'Italia deve sempre partecipare ai Mondiali, ma per Mancini non è facile trovare i giovani".

Facendo un salto indietro, al Moriero calciatore. La sua carriera è stata spesso legata a Carlo Mazzone. È stata lui la persona più importante per la sua crescita calcistica?
"Per me è stato un secondo padre, colui che mi ha fatto esordire contro la Juventus in Coppa Italia e non mi ha mai tolto quella maglia. L'ho avuto per tantissimi anni come allenatore e ho imparato tanto, soprattutto come vivere nello sport, come comportarmi, come essere professonista. E ti posso garantire che non era facile gestire Moriero calciatore. E i suoi insegnamenti li porto avanti e insegno ai ragazzi i principi che mi ha insegnato lui".

Nella sua Lecce è nata una lodevole iniziativa, ossia "Angeli di quartiere"
"È nata nel periodo del lockdown. Insieme a Fabrizio Miccoli abbiamo voluto aiutare le famiglie leccesi in difficoltà, mettendo all'asta tantissime magliette, soprattutto le nostre. Abbiamo aiutato 1800 famiglie e di questo ne vado fiero. Perché uno sportivo vero, oltre i fischi e gli applausi in campo, deve sfruttare la sua immagine per aiutare le famiglie. Ultimamente abbiamo aiutato un bambino piccolo di 12 anni, si chiama Ivan. Stiamo raccogliendo denaro e invito a tutti per andare sul mio profilo Instagram per vedere nei dettagli in che modo si può fare una donazione".

Il suo nome è legato all'Inter, al gesto dello sciuscia a Recoba, ai dribbling, al gol in rovesciata al Neuchatel. Eppure poteva essere al Milan, avendo già firmato. Ha mai immaginato come poteva andare la carriera in quel Milan (peraltro in difficoltà all'epoca)?
"Mi sento soddisfatto della mia carriera, partita a Lecce che è la squadra della mia città. Ho avuto esperienze stupende a Cagliari, dove sono arrivato fino alle semifinali di Coppa UEFA. Poi la Roma e l'Inter. Un po' meno nel Napoli a seguito di un infortunio abbastanza grave al ginocchio. Circa il Milan avevo firmato, ma poi avevano l'opportunità di prendere André Cruz e diede una lista all'Inter di contropartite. Gigi Simoni, che avevo incontrato tante volte da avversario e forse perché faceva il mio stesso ruolo decise di scegliere me. Da lì è nata la mia storia con l'Inter e sono orgoglioso di aver vestito quella maglia. La seguo sempre con affetto, anche se io poi amo il Lecce prima di tutto e poi tutte le altre squadre in cui ho giocato".

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Domenica 19 Maggio 2024
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