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ESCLUSIVA TMW - Ledesma riparte dalla Promozione: "Alla LUISS progetto serio. Un ritorno alla Lazio? Magari"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Federico Gaetano

Cristian Ledesma riparte da Roma, dalla sua Roma che lo ha accolto nel 2006 quando si trasferì dal Lecce alla Lazio. E dove ha sempre vissuto salvo qualche breve parentesi. Dalla capitale inizia la sua scalata da allenatore. Per farlo ha deciso di partire dal campionato di Promozione, per la squadra della rinomata Università Internazionale degli Studi Sociali "Guido Carli", meglio conosciuta come LUISS. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita:

Cristian Ledesma, cosa ti ha portato alla panchina della LUISS?
"Prima di firmare col Lugano nel 2017, essendo senza squadra avevo deciso di fare il corso per diventare allenatore Non volevo allenare subito perché volevo dedicarmi alla mia scuola calcio, aperta a luglio, che si chiama "Ledesma Academy" a Roma. La LUISS mi aveva contattato, prima di andare alla Pro Piacenza, per giocare ma scelsi di non scendere troppo di categoria. Alla fine dell'esperienza di calciatore mi hanno ricontattato per allenare la prima squadra. Mi hanno spiegato il progetto e mi è piaciuto. Lottiamo per salire e il livello è buono".

In Promozione non si vedono persone col tuo curriculum. I ragazzi sono in soggezione per questo?
"No, sono una persona alla mano e ho trovato dei bravissimi ragazzi. Semmai quando andiamo in giro sono gli avversari ad essere particolarmente motivati per battere la squadra dell'ex allenatore".

Hai ritrovato un ex compagno della Lazio: Guglielmo Stendardo
"Lui è il secondo anno che gioca alla LUISS ed è un esempio per gli altri, l'unico che ha giocato ad alti livelli. Ci conosciamo bene ed è la nostra arma in più".

Obiettivi?
"Intanto vorrei finire quest'anno e devo dire che mi sto divertendo molto. Poi vorrei prendere il prossimo patentino e vedere se arrivano situazioni diverse. Ad ogni modo l'idea principale è di continuare il percorso con l'Università. C'è un bel progetto, una struttura solida, dei valori importanti".

La pandemia del coronavirus mette a rischio anche il campionato
"Grazie a Dio stiamo bene. Per noi non è un sacrificio, i figli stanno bene, mia moglie lo stesso. Ci aggiorniamo e l'importante è che passi questa pandemia. Ora sul campionato c'è incertezza, io personalmente preferisco non pensare alle soluzioni che si tirano in ballo. Ora l'importante è che tutti stiano a casa".

Come mai hai deciso di partire dalla Promozione?
"Non ho fretta, col direttore Paolo Del Bene ci troviamo molto come idee e valori. Ho rifiutato anche una squadra di Serie D che mi aveva offerto un contratto".

Il sogno, tornare alla Lazio?
"Mi piacerebbe tornare alla Lazio, ma per fare qualcosa di importante e non perché ho fatto 9 anni. Vediamo se un giorno potrò tornare, magari allenando i ragazzi, cosa che mi piacerebbe, o chi lo sa. C'è sicuramente tempo".

Intanto a Roma ti sei stabilito anche dopo aver lasciato i biancocelesti
"Sono diventato italiano, mia moglie è italiana. Mi sento italiano al 100%, ormai in Argentina non vado da tempo. E da quando mi sono trasferito a Roma abbiamo deciso di restarci a vivere. Non c'è città più bella. Ci sono stati momenti in cui mi sono spostato da solo, come al Santos o al Lugano. Quando sono andato al Panathinaikos si è invece trasferita tutta la famiglia, però i bambini non si trovavano bene a scuola e la società aveva problemi finanziari, così li ho rimandati indietro".

Simone Inzaghi sta facendo un lavoro eccezionale. Molti suoi ex compagni erano scettici a immaginare un suo futuro da allenatore, a questi livelli
"Mi unisco anche io a quelli che non si aspettavano da lui questa carriera. Per il carattere che vedevi non te l'aspettavi anche se conosceva tutti i campionati e tutti i giocatori. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti e la Lazio è molto più matura grazie a lui".

Hai vissuto 9 anni da calciatore alla Lazio, contribuendo all'escalation della squadra sotto la gestione Lotito. Eppure attorno al presidente ci sono sempre polemiche
"Mi fa piacere perché è riuscito sempre a migliorare. Su Lotito se ne dicono troppe ma non è non è come lo dipingono dall'esterno. Magari è un po' particolare, non si può dire il contrario ma ci sono troppe persone che lo vogliono screditare. Piace o non piace Lotito ha portato risultati importanti, ha salvato una squadra che stava fallendo e dopo la Juve negli ultimi anni è la Lazio la squadra che ha vinto più titoli".

Non tutti sanno che la tua carriera italiana è partita da Morro d'Oro, paesino di 3mila abitanti in Abruzzo
"Giocavo nelle giovanili del Boca e abbiamo fatto un torneo a Bellinzona. Mi aveva notato Pantaleo Corvino che era al Lecce ma in quel periodo non potevo firmare per un club professionistico. Scegliemmo come espediente allora di andare nei dilettanti e il mio agente, Vincenzo D'Ippolito, che è di Giulianova trovò una soluzione lì vicino, al Morro d'Oro per l'appunto".

Negli almanacchi non risultano però presenze ufficiali
"Ci sono stato un anno, allenandomi tutti i giorni e basta. La Federazione all'epoca era commissariata e non se la sentiva di dare l'ok per farmi giocare. Alla fine al Lecce sono andato ugualmente, ma dopo un anno senza giocare".

Hai rinunciato al Boca Juniors, che per gli argentini e in generale per i sudamericani è un sogno
"Avevo 16 anni e avevo tanti giocatori davanti a me. E poi quando siamo andati a fare il torneo giovanile in Svizzera sono rimasto affascinato dall'Europa e ho pensato che sarebbe stato bello giocarvi. Alla fine ce l'ho fatta ed è stata una lunga e bella carriera".

Guardandoti indietro hai qualche rimpianto?
"Mi sarebbe piaciuto finire la carriera alla Lazio. Quella era la mia idea. Però Dio non ha voluto che finisse in quel modo".

E la Nazionale italiana ti ha deluso? Dopo l'esordio non hai più giocato
"È stata un'opportunità. L'ho avuta, poi l'allenatore valuta: puoi non piacere, puoi non servire. Posso dire che è stata una grandissima e bellissima occasione".

Nessun rimpianto di aver scelto l'azzurro alla seleccion argentina?
"No. Mia moglie è italiana, i miei figli anche. Non me la sentivo di dire a loro di aver rinunciato alla nazionale italiana. Sono grato all'Italia, è un paese che mi ha dato tanto e mi ha accolto come un figlio".

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