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TMW RADIO - Cusin, ct Sud Sudan: "Mancini straordinario. Vi racconto la mia avventura"

di Aleandro Laudadio
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Archivio Stadio Aperto 2020-2021
TMW Radio
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Stefano Cusin, ct del Sud Sudan, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Il commissario tecnico del Sudan del Sud, Stefano Cusin, è intervenuto a Stadio Aperto, trasmissione pomeridiana di TMW Radio, parlando della sua nuova avventura: "È un Paese molto giovane, che ha dieci anni di vita, in cui lo sport deve aiutare a dare un'identità".

Qual è stata la genesi del contatto con la federazione del Sud Sudan?
"Una cosa abbastanza casuale, mi aveva contattato un agente francese per andare ad allenare una squadra della prima serie algerina, poi ciò non si è concretizzato e, poche settimane dopo, un allenatore inizialmente contattato ha declinato l'offerta, e l'agente mi ha proposto alla federazione sudsudanese; abbiamo fatto un video meeting con il presidente e il vicepresidente, ed è stato subito positivo; da quel momento sono andato a Giuba e abbiamo siglato l'accordo. C'erano dei dubbi dopo le ultime esperienze negative, ma volevo capire se ci fosse un progetto, e ho capito che era la dimensione che stavo cercando".

Che tipo di calcio sta imparando a conoscere?
"Sono atleti diversi dagli africani che conoscevo, hanno una muscolatura diversa ma sono molto tecnici, sono stati per tantissimi anni legati con il Sudan del Nord, dove le squadre hanno mezzi economici importanti. Il campionato sta cercando di proporre giovanissimi giocatori e io dovrò individuarli".

Che Paese ha trovato?
"Si è sempre molto sviluppato al nord, il sud è stato dimenticato per tanti anni, Giuba sta aumentando a dismisura, con costruzioni di alberghi di lusso ovunque e autostrade, è un Paese nuovo".

Sul piano ambientale, come vive la passione per il calcio il popolo sudanese?
"Sono pazzi di calcio. Il talento in Africa è da qualsiasi parte, puoi scoprirlo ovunque. Il nord del Sudan è molto arabicizzato, mentre il sud è africano, parlano inglese, sono cristiani e hanno una passione smisurata per il calcio, l'unica via d'uscita da una vita difficile".

Quali saranno i suoi prossimi obiettivi?
"Osservare, capire la situazione sin dal primo ritiro. Il mio lavoro sarà impegnativo ma bellissimo perché mi sono prefissato di visitare tutti gli Stati, vedere i migliori giocatori e fare un'analisi dei giocatori locali interessanti da valorizzare nella nazionale, valutare i tantissimi giocatori che giocano all'estero, per costruire una nazionale competitiva. Il presidente non esige risultati nell'immediato, ma io ho l'obiettivo di essere nella Coppa d'Africa 2023, e per raggiungerla dovremo eliminare una big".

Come è stato accolto in quanto allenatore italiano?
"Tutti sono tifosi di una squadra italiana, c'era bisogna di intraprendere la tradizione italiana, un'accoglienza calorosa da parte di tutti".

Come sono le strutture sportive del Paese?
"Per tanti anni il Paese è rimasto poco sviluppato. A Giuba c'è un solo campo in erba sintetica dove si alternano tutte le squadre della massima serie, adesso il nuovo stadio darà sicuramente più visibilità al campionato. Mancano infrastrutture".

È la sua esperienza più stimolante?
"La Palestina non era da meno, anche in Camerun è stato intrigante, tutti i paesi mi incuriosivano. Allenare una nazionale è sempre una grande responsabilità".

Come sarà giocare la Coppa d'Africa in estate?
"In Camerun avevano giocatori che giocavano in Francia e molti di loro mi confidavano che era difficile trovare un club negli anni della Coppa d'Africa dopo la scadenza del contratto. Giocare a luglio ed agosto ha poco senso come il mondiale in Qatar, bisogna trovare un compromesso per i giocatori".

L'idea del mondiale ogni due anni come la valuta?
"Stiamo giocando già troppo, soprattutto in Europa. Andando verso questa logica si rischia di togliere l'essenza del gioco e l'interesse dei tifosi".

Come giudica l'operato di Mancini?
"È stato straordinario, anche perché a livello nazionale dal 2000 in poi abbiamo smesso di produrre grandi giocatori. Mancini ha valorizzato i giocatori che nei propri club non erano visti come top player, ha dato un gioco alla Nazionale. Le critiche sono un'assurdità".

Luis Enrique ha rivoluzionato l'organico della Spagna, la Francia invece vanta un'abbondanza incredibile.
"In Spagna c'è una cultura del settore giovanile, vengono presi tecnici giovani, hanno strutture all'avanguardia con un sistema piramidale, c'è continuità del lavoro e ricerca dell'innovazione tecnologica. La Francia ha il vantaggio di aver avuto tante colonie, e investono molto nel setto giovanile e nelle strutture: questo in Italia non c'è".

Da cosa è dipeso il declino del calcio italiano?
"Non credo alle generazioni. Un Benzema, un Griezmann può nascere domani e noi ne abbiamo avuti tanti, ma erano figli di un calcio diverso, con allenatori che dedicavano l'intera carriera a sviluppare i giocatori. Oggi ci sono pochi investimenti e strutture, poca ricerca, poche figure professionali".

Diventa sempre più importante l'esperienza all'estero per l'allenatore italiano?
"Capire quel che accade fuori è importante perché il calcio è cambiato molto negli ultimi dieci anni. La presunzione non è una buona cosa nel calcio, è un arricchimento anche prender dirigenti che abbiano lavorato all'estero, ma non dobbiamo neppure dimenticare le nostre radici, perché la conoscenza tattica che abbiamo noi, gli altri non ce l'hanno".

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Domenica 5 Maggio 2024
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