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Rieti, Sedrick Kalombo: "Buu razzisti, non bisogna lasciare il campo"

di Luca Esposito

Fa certamente effetto pensare che, in una società tecnologicamente avanzata e ricca di innovazioni scientifiche, un atleta di colore, omosessuale o che professa un’altra religione debba temere la gogna pubblica da parte di tifoserie razziste. L’argomento è sempre assai gettonato in Italia e molto spesso gli arbitri hanno sospeso le partite a tutela dei calciatori maggiormente bersagliati dal pubblico. La chiusura delle curve e le multe imposte alle società non fanno altro che penalizzare la stragrande maggioranza delle persone che, invece, mostrano maturità, intelligenza e senso civico. Ma è davvero così difficile per uno straniero giocare nel nostro campionato? La redazione di TuttoSalernitana ha raccolto il parere di Sedrick Kalombo, difensore del Rieti che ha dichiarato quanto segue: “Sono nato a Fano e, grazie alla mia famiglia, ho avuto immediatamente la possibilità di studiare la lingua e di calarmi nella realtà del vostro paese. Le difficoltà per un calciatore straniero sono tante, ma ritengo che abbandonare il campo in caso di “buu” razzisti sia sbagliato. 4-5 persone non possono condizionare la mia prestazione o il mio atteggiamento: il problema è il loro, non il mio! E’ capitato, in passato, di ascoltare frasi poco carine sul colore della mia pelle, ma mi faccio scivolare tutto addosso. Certo, se tutto lo stadio si accanisce su un singolo atleta ci può stare che l’arbitro sospenda le gare. Devo dire che sono sempre stato accolto molto bene da tutti i compagni di squadra che ho conosciuto nel mio percorso, ho accettato di giocare in piazze diverse per accrescere il mio bagaglio culturale. Il calcio mi ha dato più di quanto mi aspettassi, qualcuno dice che sono un miracolato”. Parole che faranno sicuramente riflettere.


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