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Divock Origi e Lucas Moura, ovvero ventisette

di Marco Conterio

Ventisette è il cubo perfetto, tre alla terza. E' dispari, decagonale, è potente, è il numero atomico del cobalto. Tralasciando il significato della smorfia, tutt'altro che poesia, il ventisette è stato il numero di Gilles Villeneuve, Ayrton Senna, Alain Prost, Nigel Mansell. Delle lettere dell'alfabeto ebraico, è la percentuale di materia nera che compone l'universo. Ventisette è il numero del destino dell'ultima Champions League, delle semifinali più incredibili della storia recente della competizione. Ventisette è il numero di Divock Origi e di Lucas Moura. Di due che non sono storicamente eroi ma comprimari, promesse e premesse, pure milionarie, non mantenute. Sostituti, certamente sostituibili, stelle delle notti d'Europa. Origi lo ha alternato al quattordici, al nove, al sedici, al trentuno, al trentatre. Lucas al sette, al diciassette, al ventinove. Segni e numeri, più caso che destino. Cubo perfetto, sì. Ma ventisette è il numero dei sogni, dopo questa settimana.


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