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De Laurentiis, la frecciata alla Juve e il problema dei fuochi d'artificio

di Marco Conterio

Ha detto Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, che "Ronaldo non è servito a salvare la Juventus. Il calcio è uno sport di gruppo, la squadra vince tutta insieme". Lo ha detto il numero uno azzurro che è alla guida della società da quindici anni e che per adesso può contare nel suo palmares la Serie C1 dell'estate 2006, la Coppa Italia del 2012, quella del 2014 e una Supercoppa Italiana. Il problema sta tutto qui. Nel preoccuparsi delle sconfitte altrui, in ogni angolo del paese. Dei fuochi d'artificio per celebrare l'uscita dalla Champions della Juventus, senza pensare che l'approdo di Cristiano Ronaldo in bianconero ha ridato lustro al pallone italiano. La Vecchia Signora ha fallito in Europa, malamente, contro l'Ajax. Il problema, però, è che il pallone nostrano non riesce a ragionare come movimento, come un blocco unico, e figuriamoci il tifo che è fatto di campanili e rivalità acuite sempre di più dai diretti protagonisti. L'erba del vicino, quando s'ingiallisce, è motivo di scherno in Italia. Quella del proprio, invece, è secca da tempo, trasandata, tralasciata. Solo quando l'Italia, in Europa, negli investimenti, nei progetti, riuscirà a tornare a pensare da una e una soltanto, potrà provare a ripartire. Come Lega e come Federazione, in primis. Il problema del calcio italiano, invece, sta tutto lì. E non c'entra il colore, il bersaglio, nel caso la Juventus, o l'accusatore, nella situazione il Napoli e Aurelio De Laurentiis. E' che aprire la vigilia della gara che poi segnerà la fine anticipata della stagione di una squadra, riservando le frecciate a un'altra, racconta da solo perché le polveri dei fuochi d'artificio nostrani, in Europa, sono sempre più bagnate.


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