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Davide Ancelotti: "Io il braccio, papà la mente. Non ho fretta di cominciare ad allenare da solo"

di Pierpaolo Matrone

Davide Ancelotti, vice-allenatore del Real Madrid, ha parlato a Prime Video del suo ruolo da assistente di papà Carlo: "Quando lavori insieme a tuo padre, puoi sicuramente utilizzare il fatto di non avere barriere comunicative, la comunicazione è costante e onesta. All'interno del centro sportivo io sono il vice e lui è l'allenatore, poi ovviamente ci sono dei momenti, come quando segniamo un gol, in cui si vede che siamo padre e figlio".

Andate sempre d'accordo?
"No. Quando si preparano le partite c'è sempre un tavolo di discussione in cui ognuno mette al centro le sue idee. Il compito dello staff è di sfidare le sue idee, farlo pensare, tenerlo vivo".

Carlo poliziotto bravo e Davide poliziotto cattivo?
"Non rende l'idea perché caratterialmente siamo due persone molto simili. Io sono un po' più il braccio sul campo. Il mio ruolo non è quello di essere amico dei calciatori. Di capire e accogliere le sue emozioni, sicuramente, ma non di diventare loro amico altrimenti sarebbe dannoso".

Sui primi anni di carriera.
"Quando sono arrivato nello spogliatoio del Real Madrid, la prima volta, con Casillas, Ronaldo, Ramos ho dovuto rimboccarmi le maniche. Loro mi testavano, volevano vedere le mie capacità".

Hai dovuto convivere con l'accusa di essere un raccomandato.
"L'accusa di essere un raccomandato me la porto dietro da sempre, bisogna superarle. Come l'ho fatto? Lavorando e avendo il supporto delle persone che mi vogliono bene".

Quando comincerai ad allenare da solo?
"Non mi sono prefissato un momento in cui comincerò ad allenare da solo, ma non ho ansia e fretta. Speriamo che ci sia una dinastia Ancelotti, significa che avrò fatto anch'io qualcosa nel mio futuro".


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