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Severgnini al CorSera sul caso scommesse: "Noia e solitudine, la colpa non è soltanto loro"

di Paolo Lora Lamia

In fondo sul Corriere della Sera, il giornalista Beppe Severgnini ha parlato del caso scommesse: "E invece, rieccoci. Sandro Tonali, Nicolò Fagioli, Nicolò Zaniolo, in modo diverso e a vario titolo, sono accusati di aver scommesso su piattaforme illegali, sebbene il Codice della Giustizia Sportiva (art. 24) vieti le scommesse ai tesserati. Tutto lascia credere che altri nomi seguiranno. Gioventù, energia, successo, denaro, amore del pubblico: perché ragazzi che hanno così tanto rischiano di buttare tutto? La risposta forse è più semplice di quanto immaginiamo: perché nella loro vita c’è un vuoto. I soldi e la fama non lo riempiono".

Prosegue: "Lo smartphone è un pozzo scintillante e senza fondo: ci sono i social, gli amici, le ragazze, i commenti sportivi; anche le app per le scommesse, purtroppo. Pensate ai calciatori che hanno avuto carriere e vite felici, come Javier Zanetti. Dietro c’è una famiglia solida, un ambiente coinvolgente (gli argentini a Milano, la fondazione Pupi). Se scavate nella vita dei campioni finiti fuori strada — scommesse, guai giudiziari, investimenti sbagliati — la solitudine è un comun denominatore".

In chiusura: "A questa condizione contribuiscono tutti. Le società, che hanno isolato le squadre dai media (un tempo i giornalisti entravano negli spogliatoi!). I tifosi, che hanno trasformato l’affetto in idolatria, facendo scattare nei giocatori meccanismi difensivi. I genitori, spesso più attenti al conto corrente che alla salute mentale del campione in famiglia. I calciatori non sono burattini, come Pinocchio. Ma quando si rimane soli, il Gatto e la Volpe arrivano sempre".


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