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Canzi: "Cagliari e i giovani, ecco come nasce un modello virtuoso"

di La Giovane Italia

Il Cagliari ha ripreso la stagione sabato sera, con una sconfitta patita sul campo dell’Hellas Verona per 2-1. A sedere nelle vesti di vice allenatore della squadra di fianco a Zenga è Max Canzi, il cui curriculum parla di una carriera lunghissima, iniziata da giovanissimo nell’Half 1919 e proseguita poi spesso e volentieri come allenatore in seconda (conta un lungo sodalizio al seguito di Mario Beretta). Dal 2015 però, Canzi ha preso casa in Sardegna, guidando la Primavera del Cagliari, prima dell’avventura, per la verità appena cominciata, come vice di Walter Zenga. Dall’alto della sua lunga esperienza, Canzi spiega nel dettaglio il progetto virtuoso innescato dal Cagliari e che coinvolge l’intera regione sarda.

Mister, campionati giovanili fermati. Decisione giusta?
“Direi giusta e anche inevitabile. I costi per continuare a giocare erano troppo alti e i rischi difficili da contenere: meglio fermarsi e pensare a ripartire a settembre con i campionati. Dipenderà tantissimo dalla curva di contagio in Italia e nelle varie zone d’Europa. Se continua di questo passo e i contagi scendono sono convinto che a settembre si possa riprendere. È chiaro che se non dovesse succedere andremo in difficoltà".

Esiste qualche soluzione da attuare nel breve periodo?
“Per i campionati giovanili potrebbe essere una bella idea fare dei mini-campionati sullo stile argentino: uno di apertura e uno di chiusura in modo tale che, se i contagi dovessero salire nuovamente, saremo in grado di finirne almeno uno dei due. Confido però che la situazione migliori e che si trovi un vaccino: anche se ci vorrà del tempo sono convinto riusciremo a tornare a giocare anche a livello giovanile".

Il Cagliari ha un modello virtuoso per il calcio giovanile, che sta facendo passi qualitativi molto importanti negli ultimi anni. Come l’avete strutturato?
“Si tratta di un progetto importante e che coinvolge tutta la Sardegna. Abbiamo una collaborazione importante con l’Olbia in Serie C, dove 10-12 ragazzi provenienti dalla nostra Primavera stanno facendo esperienza e mettendo partite nelle gambe in una categoria molto competitiva. Penso a Roberto Biancu, Riccardo Doratiotto, Nicholas Pennington, solo per dirne alcuni. Sono ragazzi che poi potranno avere la prospettiva di giocare in categorie superiori e per i quali è importanti maturare delle esperienze importanti con la possibilità di giocare spesso. Anche in Serie D ci sono tanti prodotti del nostro vivaio, soprattutto nel Lanusei e nel Muravera. È un progetto a tutto tondo nel quale cerchiamo di coinvolgere tutto il territorio: i ragazzi possono fare esperienza vicino a casa e strutturarsi come giocatori in campionati di livello, per poi poter ambire a fare passi in avanti nella loro carriera. Questa botta del Covid ridimensionerà un po’ il sistema calcio da un punto di vista finanziario e per una società come il Cagliari avere questo patrimonio sarà importante: non escludo che alcuni tornino alla base e che abbiano qualche possibilità in più di vestire la maglia della prima squadra".

Quali sono gli aspetti che curate di più nello sviluppo dei giovani?
“La crescita deve essere a tutto tondo e deve valutare gli aspetti fisici, mentali ed emotivi. Le percentuali dei giocatori che arrivano in prima squadra o a fare i professionisti sono basse perché i posti sono limitati. Da allenatore delle giovanili devi contribuire alla crescita del ragazzo al di là delle possibilità di continuare a giocare a calcio a lungo termine, perché in seguito potrebbe anche fare altro nella vita. Non si considerare solo l’aspetto sportivo".

Un bel peccato che la stagione della Primavera si sia interrotta comunque. Il Cagliari era lanciatissimo.
“Purtroppo sì, il Cagliari non era mai stato così alto nella sua storia in Primavera, e trovarsi secondi con 6 punti di vantaggio sull’Inter davanti a squadre come Juventus e Roma, che hanno budget infinitamente superiori al nostro, con la possibilità di entrare ai play-off e di giocarsela per lo Scudetto sarebbe stato il giusto coronamento di una stagione fantastica. Purtroppo il destino ha deciso che non potessimo giocarci il campionato, ma questo non toglie il grande lavoro fatto quest’anno. Giocare ogni partita con 8-9 giocatori sardi cresciuti nella società contro squadre da 10-15 stranieri in rosa ed essere competitivi è un traguardo che io ritengo di rilievo assoluto, visto che ci siamo costruiti la rosa in casa".


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