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Luis Alberto e Bentancur. I racconti della rinascita

di Marco Conterio
Fonte: dal nostro inviato a Riyad, Arabia Saudita

Quelle di Luis Alberto e di Rodrigo Bentancur sono storie diverse ma entrambe ripartono da un nuovo romanzo. Quello dello spagnolo è il racconto di un trequartista che pareva alla perenne ricerca della propria identità, ondivago, tra un dribbling riuscito, una mirabilia artistica e una gara di poca presenza e sostanza. Poi Simone Inzaghi, suo tecnico e nuovo demiurgo, ha deciso di cambiargli abito. Di strappargli il lezioso dieci dalle spalle e di investirlo di maggiori responsabilità in entrambe le fasi. Di dirgli che il bello fine a se stesso è bello ma non basta, non serve. Di abbassarlo e di renderlo interno, per stanare gli avversari e lanciare fendenti per le prime linee degli avanti. La Lazio in fondo è come una riuscita macchina da rugby, Inzaghi è stato abile nel rimodellare Luis Alberto in un abile mediano di mischia. Gli ha dato la dieci ma dei quindici, l'ovale in mano e dritti gli altri a finire in meta.

Rodrigo, l'identità che arriva A due, a tre, regista, interno, trequartista. Rodrigo Bentancur dall'Uruguay è il Brachetti della Juventus, così abile nello svestirsi e nell'indossare nuovi panni tattici da non accorgersene. Una volta nuda, la nuova Juventus di Maurizio Sarri, sul perno che non t'aspettavi e non pensavi, è crollata proprio contro la Lazio e da quella mischia è venuto fuori palla sotto braccio Luis Alberto e poi è finita come è finita per la Juventus. Sarri presto dovrà attaccare un'etichetta a Bentancur, per adesso è il camaleonte della Juventus, però riuscito a differenza di Federico Bernardeschi. Quello dell'uruguaiano è il racconto di un ragazzo che è arrivato con buone premesse, con ottime promesse, e che è già diventato una certezza. Ovunque.


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