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Dal caso Fagioli fino al rapporto con Allegri e il mercato: tutte le dichiarazioni di Giuntoli

di Alessio Del Lungo

Uno degli ospiti più importanti della giornata di domenica del Festival dello Sport a Trento è stato Cristiano Giuntoli. Il direttore sportivo della Juventus ha parlato della sua passione per i colori bianconeri, ma anche delle operazioni di calciomercato sbagliate. Immancabile anche una presa di posizione e un'opinione su Nicolò Fagioli, implicato nel caso scommesse. L'ex Napoli è tornato anche sul suo passato in Campania, salvo poi rispostarsi sulla Vecchia Signora e sul blocco degli italiani che rappresentano il futuro della squadra. Infine due battute anche sul mercato di gennaio e su Allegri. Di seguito tutte le sue parole raccolte da TMW:

Sulla sua passione per la Juventus: “La passione per la Juventus mi è stata trasmessa da bambino. Ricordo una partita in particolare, quella giocata in casa della Pistoiese e vinta con il gol di Cuccureddu. La Juve che ho amato di più è stata quella di Platini, Scirea, Rossi, Bettega. Al bar del mio paese gli adulti si divertivano perché sapevo la formazione a memoria. Bellissima anche quella allenata da Marcello Lippi che rappresenta il giusto spirito del club. Le vittorie per me hanno tutte un grande fascino a prescindere dalle categorie. Dalla prima volta in Serie A con il Carpi allo scudetto con il Napoli. Ma la vittoria più importante è sempre la prossima".

Ancora sull'amore per i bianconeri: "Durante il centenario della Juve qualche giorno fa mi sono trovato a tavola con Zidane, Platini, Del Piero. Molto emozionante perché hanno fatto la storia della società e del calcio mondiale. Nel ‘98 ci fu l’amichevole al Comunale fra la Juventus e l’Imperia. Io giocavo da difensore centrale e marcavo Filippo Inzaghi: era l’amichevole prima del famoso match con l’Inter del rigore non rigore di Ronaldo. Ricordo che Lippi mi disse di stare attenti nella marcatura di Inzaghi perché aveva paura che si potesse infortunare. Ogni tanto ne parlo con lui e ci scherziamo. Portai in quella occasione il mio papà, era un fanatico della Juventus. Mi manca la condivisione con lui di questi momenti. Sarebbe stato molto orgoglioso di me. Mia madre invece mi dice di stare attento nei confronti di questo club che hanno amato e continuano ad amare".

Sulle operazioni di mercato: "Non tutti gli acquisti sono andati bene. C’è stato più di un flop, purtroppo si capisce solamente nel momento in cui te lo porti a casa. Le dinamiche e le variabili sono tante e svariate e magari un buon calciatore in un contesto non adatto non riesce a rendere. Dagli errori poi sono nate così positive quindi un grazie devo dirlo anche ai giocatori che ho sbagliato. A me piace parecchio parlare non solo con i calciatori, ma anche con le famiglie. Servono tante informazioni per avere un quadro molto chiaro e non solo da un punto di vista tecnico. Negli ultimi tempi va di moda confrontare gli algoritmi, io giudico prima le emozioni di pancia e poi li incrocio con i numeri. Spesso faccio tutto questo la sera in cui sono solo e riesco a produrre. Allegri non lo chiamo alle 2 di notte perché siamo insieme tutto il giorno, diciamo che non c’è bisogno".

Sulla promozione con il Carpi: “A Carpi vincemmo il campionato di B a suon di record. Un calcio transepocale, che si giocava tantissimi anni fa. Molto essenziale ma molto efficace. Lasagna lo presi dalla Serie D e fummo fortunati a prenderlo. Il procuratore era Massimo Briaschi, mio ex compagno di squadra ed ex juventino. Tutto torna...".

Sulla sua infanzia e sui suoi primi passi nel mondo del calcio: "A scuola sono stato sempre bravo. Non avevo tanta voglia di studiare ma avevo grande capacità di apprendimento. Ho iniziato anche l’università per studiare architettura. Poi però scelsi la strada della passione, quella del calcio, nonostante mia madre non era molto d’accordo. È una strada dove si è consapevoli di essere fra color che son sospesi e non si era né carne né pesce. Però avevo la vocazione da direttore sportivo, mi ero accordo che in un certo senso facevo già gestione fra allenatore, dirigenti e miei compagni di squadra. Facevo anche un po’ di mercato, davo già qualche suggerimento. Sono sempre stato uno aggregante e volevo fare fortemente il dirigente. A me non piace apparire ma adesso chiaramente è diverso, preferisco lavorare dietro le quinte e pensare sempre al noi. La prima esperienza importante fu al Carpi, mi diede fiducia il presidente Stefano Bonacini che mi ha permesso di conoscere il calcio dalle basi: dalla segreteria, ai giardinieri, ai magazzinieri. È stato un percorso straordinario che ci ha portati fino alla Serie A".

Sui suoi trascorsi da calciatore: "Sono stato un calciatore di medio o basso livello. Non avevo grande motore ma me la sono cavata. Dopo la carriera da calciatore avevo nella testa la voglia di fare qualcosa in questo mondo e diciamo che ci stiamo riuscendo. In qualche circostanza la carriera da calciatore seppur fra C e D mi è servita successivamente per capire alcune situazioni".

Sul blocco italiano alla Juventus: "Sono rimasto sorpreso dalla grande disponibilità da parte di tutti i componenti del club. Mi hanno accolto come un fratello. I grandi cicli della Juve sono nati con un blocco forte di italiani e noi ne abbiamo tanti: Locatelli, Fagioli, Miretti, Gatti. Ma dobbiamo ragionare sui mercati esteri e meno battuti per avere equilibrio fra competitività e sostenibilità. Sul mercato arabo la penso in maniera positiva perché sono risorse in più che stanno arrivando. In questo momento voglio vederla così".

Sulla seconda squadra bianconera: "La Juve ha una grande risorsa da cui attingere, la Juve Next Gen. È molto importante sia dal punto di vista tecnico ma anche per far acquisire ai calciatori che arrivano dall’estero quel senso di appartenenza alla società. Per me è un fattore molto importante. I nostri giovani sono molto forti e siamo molto fiduciosi. Non so perché gli altri club non hanno seguito questa strada tracciata dalla Juventus".

Sulla situazione di Fagioli: "Questo momento lo stiamo vivendo con grande dispiacere. Mi spiace per Fagioli, noi abbiamo da subito avvisato la Procura Federale. Gli siamo vicini, il nostro compito sarà quello di punirlo ma anche di stargli vicino. Ci vuole grande responsabilità per il futuro e dobbiamo rieducare il sistema".

Sulla sfida contro il Milan: "Quel match è un crocevia importante per le nostre consapevolezze che ancora non abbiamo. Siamo giovani, vogliamo crescere insieme senza bruciare tappe ma con pazienza. Molte volte si va alla ricerca di quello che non abbiamo e invece dobbiamo tirare fuori le qualità che noi siamo convinti di avere dai nostri calciatori. Vlahovic sta meglio, può rientrare. Cosa aspettarci dal mercato di gennaio non lo so e non faccio promesse. Vedremo se ci saranno opportunità da prendere al volo anche perché il mercato di gennaio non è facile. Promesse non ne faccio ma saremo vigili e attenti".

Sul mercato di gennaio: "Il nostro obiettivo è vincere le partite e da lì non si scappa. Per vincerne tante dobbiamo capire gli errori: si può vincere con la fortuna ma noi non vogliamo arrivare al successo essendo solamente fortunati. La squadra è giovane rispetto a quella della passata stagione e sta prendendo intensità e aggressività, lo si è visto. Siamo felici di quanto fatto, dei punti raccolti fino ad ora e di come li abbiamo ottenuti. Però dobbiamo essere più aggressivi, più intensi e con maggiore voglia di stupire. Vogliamo fare meglio ma la strada intrapresa è quella giusta. Sappiamo che ci sono progetti partiti prima di noi come Milan, Inter e Napoli. Noi pensiamo a crescere e vogliamo tornare in Champions League per motivi economici e tecnici. Ma non ci poniamo limiti, vediamo dove saremo in primavera".

Sul rapporto con Massimiliano Allegri: "Ho avuto la fortuna di conoscere grandi uomini e grandi allenatori. Vanno protetti perché sono soli, a me piace difenderlo e aiutarlo in tutto e per tutto. Per dargli dei suggerimenti e aiutarlo serve capirlo bene, è un mio cavallo di battaglia il rapporto con l’allenatore e ci credo moltissimo. Allegri ha una grande personalità che lo accomuna ai grandissimi allenatori. Ha personalità e carattere per portare i calciatori dalla sua direzione. Lui mette passione e dedizione al lavoro come se fosse sempre la prima volta nonostante i successi ottenuti. Ora con la Juventus siamo in una fase in cui stiamo analizzando tutti i nostri giocatori. Se a gennaio dovessero esserci delle opportunità valuteremo se e come intervenire. Del progetto Juve mi ha convinto il fascino e il blasone del club nonostante il momento delicato che sta passando. La Juve però è sempre la Juve e torneremo a fare quello ha sempre fatto. È una bella sfida perché vogliamo ricollocarci a determinati livelli cercando di fare un calcio vincente e sostenibile dal punto di vista economico. Non vogliamo crearci dei limiti, non ci siamo dati un tempo per tornare vincenti ma dobbiamo lavorare tanto ogni giorno per riportare la Juventus dove merita. In questa società c’è cultura del lavoro, il club ha voglia di fare cose importanti pensando che la ricostruzione parte dal quotidiano".

Sullo Scudetto con il Napoli: "È stata una grande emozione perché penso da dove sono partito. Quando arrivai nel 2015 con Sarri iniziammo il primo ciclo partendo dall’ottimo lavoro fatto precedentemente da Bigon. Dopo è iniziato il secondo ciclo di una programmazione comunque molto lunga. Meret, Mario Rui, Zielinski c’erano già prima e poi Luciano Spalletti è stato bravissimo a fare il resto partendo dal buon lavoro fatto da Gennaro Gattuso".

Sul suo rapporto con De Laurentiis: "Si può resistere per otto anni accanto a De Laurentiis. Io Aurelio devo ringrazialo perché mi prese dal Carpi quando vinsi la B. Con me fu molto carino, mi ha insegnato tantissime cose ed è stato un rapporto bellissimo con lui e la sua famiglia. Lo ringrazierò sempre. A Napoli ho trovato calciatori molto bravi con cui siamo stati insieme per tanti anni come Koulybali ad esempio. Nel momento del distacco, quando si capisce che bisogna lasciarsi, c’è sempre tristezza. È accaduto anche con Albiol, Pepe Reina ed altri. Ma dopo il Covid bisognava anche rientrare in determinati parametri economici. Il dispiacere della separazione però c’è stato".


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Lunedì 07 Ottobre 2024