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2 maggio 1941, nasceva il professor Franco Scoglio

di Redazione TMW
Nascita: 2 maggio 1941, Lipari Morte: 3 ottobre 2005, Genova Luogo di sepoltura: Cimitero Canneto
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Luca Serafini ricorda Franco Scoglio, il professore, che oggi avrebbe compiuto 83 anni

Se un limite ha avuto, il Professore, è stato quello di voler adattare sempre e comunque le sue idee ai giocatori, anche quando non erano in grado di assimilarle o metterle in pratica.
Franco Scoglio però non era cocciuto, irremovibile per orgoglio, o miopia, o testardaggine: lui ci credeva fino in fondo. Non aveva dubbi. Con questa sua adorabile arroganza, supportata da una favella colorita, ricca, gestuale, animata, si era conquistato la simpatia di tutti al pari di un’ammirazione profonda, perché la coerenza – anche a scapito del risultato – premia per la fatica che comporta e la determinazione da cui è accompagnata.
Era un po’ la caratteristica di quella generazione integralista che ebbe in Arrigo Sacchi il massimo esponente, ma anche Marchioro, Orrico (un po’ prima), Maifredi, Zaccheroni… fino a Sarri e Guardiola che è oggi forse l’ultimo erede di quell’epopea, tendente a privilegiare il gioco e la squadra piuttosto del singolo giocatore.

Laureato e poi insegnante di pedagogia, Scoglio ebbe una minuscola – quasi invisibile – carriera da calciatore, iniziando ad allenare a soli 30 anni, nel 1971, a Gioia Tauro, vivendo i picchi nella sua Messina (portando la squadra in serie B nel 1986) e poi sulla sponda genovese rossoblù con un’altra promozione dalla B alla A nel 1989. Al Genoa il suo capitano era il povero Gianluca Signorini, autentica bandiera del club. Per lui Scoglio aveva non una predilezione, ma un’autentica venerazione.
Quando, con l’operatore, raggiunsi il ritiro estivo genoano ad Acqui Terme, per uno dei servizi degli speciali di SportMediaset nel 1990, spiegai all’allenatore che avremmo dovuto realizzare qualche intervista e riprese di allenamento.

Rispose: “Nessun problema, parlate con Signorini e fate la scaletta con lui”.
Rimasi un po’ spiazzato: “Abbiamo parlato con il vostro ufficio stampa, abbiamo pianificato…”.
Mi interruppe: “L’ufficio stampa vi ha autorizzati a venire qui, adesso per la regia dovete affidarvi a Signorini”.

Nacque con Scoglio un rapporto di grande simpatia, di reciproca stima, che proseguì nei moltissimi anni successivi quando iniziò a frequentare più gli studi televisivi (Antenna 3 con Maurizio Mosca, Mediaset, Primocanale a Genova) delle panchine.
Io me lo trovavo ovunque, perché collaboravo per tutte e tre le emittenti, compresa quel Primocanale – conduceva Fulvio Collovati – dove ero spesso ospite con Claudio Onofri e Massimo Brambati.
Negli studi di quella televisione Franco morì in diretta il 3 ottobre 2005, dopo una vivace discussione telefonica con il presidente del Genoa, Enrico Preziosi, così che si avverò una sua goliardica profezia di qualche tempo prima: “Morirò parlando del mio Genoa”.

Mi ricordo una battuta, in quel suo ultimo periodo di vita in cui Milan e Juventus dividevano scudetti e piazzamenti: “Sono le uniche due squadre che fanno movimenti sincronizzati, le altre si muovono come le alghe sott’acqua”, mimando con le dita delle mani.

Siciliano di Lipari, sferzante e poco incline al convincimento, Scoglio si è distinto ovviamente per le sue idee, ma soprattutto per i toni musicati dalla cadenza, per frasi a effetto subdole come stoccate. Ne ho trovata una raccolta su un sito, in occasione dei 18 anni della sua scomparsa.

“Non amo parlare ad minchiam”. “Tutte le mattine devo alzarmi odiando qualcuno”. “Che libidine quando perdo! La sconfitta mi esalta come la vittoria: posso riassaporare stimoli insostituibili”. “L’avversario non decide: sono io che decido come deve giocare”. “Sono un allenatore di strada, un po’ puttana, che si arrangia”. “I miei calciatori devono avere attributi tripallici. Quelli che hanno tre palle fanno il pressing, quelli che ne hanno due giocano al calcio, quelli che ne hanno una fanno le partite tra scapoli e ammogliati”. “Non ho la coppola in testa e nemmeno la lupara incartata, sono siciliano e con me il figlio di Gheddafi non ha mai giocato e non giocherà mai: non amo subire ricatti da parte di nessuno”. “Ci sono 21 modi per battere un calcio d’angolo, ma solo 12 per battere una punizione”.

Aneddoti che dipingono molto bene il professor Franco Scoglio: ce lo ricordano più vivo che mai su una di quelle panchine, su una di quelle poltrone negli studi televisivi, in cui si parlava di calcio.
In un altro modo, né migliore né peggiore, ma diverso, come uno strascico romantico. (di Luca Serafini per filippogalli.com)

Alcune delle frasi celebri del Professor Scoglio:
Io non faccio poesia. Io verticalizzo.
Mi faccia una domanda precisa, non posso fare dichiarazioni ad minchiam.
Io non alleno. Insegno calcio
Ci sono ventun modi per battere un calcio d'angolo.
L'allenatore rivelazione? Quello che vince.
Di solito parlo con il senno di prima
Io odio la Sampdoria e non perdo occasione per ribadirlo
Quando allenava il Messina: quando perdo soffro due volte: la prima perché sono l’allenatore, la seconda perché sono Messinese
Il doping è sempre esistito e i calciatori sono ignoranti, nel senso che ignorano elementi di chimica e farmacologia.
Allenare più di sedici giocatori mi fa venire il mal di testa.
Il mio calcio è fatto così: 47 per cento di tecnica, 30 per cento di condizione fisica, 23 per cento di psicologia.
Che libidine quando perdo. La sconfitta mi esalta e mi fa assaporare stimoli insostituibili.
In campo faccio del mio peggio.
La zona sporca è un accorgimento contro i buchi che può creare la zona pura. Il fuorigioco non è automatico quando lo sporco sta dietro. Diventa obbligatorio quando lo sporco scala in avanti al posto di uno dei quattro difensori in linea.
Nel calcio è bene nascondere i propri pregi.
Giacomo Leopardi? Mi piace la sua poesia perché è chiara e indecifrabile.
Nella mia vita ho subito microtraumi da libri.
Lei, là in fondo, con quelle cuffie, la deve smettere sennò parlo ad minchiam.
Mi ero prostituito, nelle ultime esperienze italiane. Ma quando ti prostituisci e poi rinasci, sei a posto con la coscienza
Ogni mattina mi guardo allo specchio e mi dico che Capello è la più grande offesa per la categoria.
Io in campo guardo a 300 gradi, gli altri 60 li tengo per me.
Lippi è un allenatore eccezionale che non esce mai dal macinato.
Morirò parlando del Genoa

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