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Feliziani: "Malagò è potere, CONI non ha vigilato. Viva Abodi: agenzia necessaria"

Esclusiva TMW
di Ivan Cardia
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"Non mi aspettavo nulla di diverso dalle dichiarazioni scomposte di Malagò". A parlare è Belardino Feliziani, per tutti Dino, che le vicende della politica sportiva italiana le conosce come pochi. Dal 1983 al 1986 capo degli ispettori federali, fino al 2015 in Federazione, 16 anni revisore dei conti, poi vice commissario della Lega Pro dopo il caso Macalli, prima ancora con Montezemolo a capo dell'organizzazione di Italia '90 per 6 anni, si è occupato anche dell’ammissione della Roma al campionato dopo la morte di Viola, della valutazione e cessione della Fiorentina di Pontello e della valutazione del parco giocatori del Torino ex lege 21/2003. Lo abbiamo raggiunto su TMW per commentare lo scontro istituzionale in atto fra il mondo del calcio e quello della politica, dopo la notizia di una nuova agenzia governativa, che sostanzialmente prenda il posto della Covisoc, voluta dal ministro dello Sport, Andrea Abodi: "Malagò rappresenta il potere, Andrea Abodi con la sua mitezza rappresenta i valori dello sport. È il punto fermo da cui partirei, e penso che sia bene fare un excursus della carriera sportiva di Malagò, che conosco dai tempi di Italia '90. Credo che un'efficace sintesi sia dire che abbia sempre privilegiato i suoi numeri di telefono rispetto ai valori più profondi e più veri dello sport, che è invece diventato un centro di potere. Evviva Abodi".

Malagò ha parlato di potenziale figuraccia mondiale.
"Ricordiamo come nasce la sua elezione a presidente del CONI, dopo la famosa cena delle beffe, quando promise ai presidenti delle varie federazioni un taglio dei contributi alla FIGC per privilegiare le altre 44 federazioni, cosa che avvenne due anni dopo con 38 milioni in meno alla FIGC e 500.000 euro in più alle altre. L'intervento di oggi di Malagò sulla proposta di Abodi, se vogliamo parlarne seriamente, tralascia un argomento importante, relativo a UEFA e FIFA".

In molti temono appunto violazioni delle norme delle due confederazioni.
"Ricordo a tutti che a dicembre 2023 la Corte di Giustizia Europea, nella sentenza sulla Superlega, ha stabilito che le norme sull'approvazione a priori di altre competizioni sono potenzialmente contrarie al diritto europeo. La proposta di Abodi arriva in un momento di grande crisi finanziaria delle società professionistiche, che deve essersi ancora più aggravata negli ultimi anni. L'ultimo report calcio, che peraltro riporta comunque notizie datate di un anno, fa riferimento a un debito complessivo delle società professionistiche di 5 miliardi di euro, dei quali 3,7 in capo alle sole società di Serie A. Gravina ha impiegato troppo tempo a intervenire: i nuovi indici di liquidità, già annacquati dalle rimostranze della Lega Serie A, dimostrano che un intervento come quello di Abodi sia non solo opportuno ma necessario per non far ritrovare sulle spalle di tutti noi un intervento finanziario così imponente. Perché è questo che prima o poi il sistema chiederà al Governo”.

Ma non è un'ingerenza nell'autonomia sportiva?
"No, perché non interferisce nei modelli di gestione. Mette un punto sul modello organizzativo e dei controlli: è una cosa diversa, come fa la Banca d’Italia sulle banche e la Consob sulle società quotate. E infatti Abodi ha ribadito che, dopo il controllo di questa autorità, la Federazione sarà libera di ammettere o non ammettere le squadre ai campionati. In questo Carraro fu molto abile, quando mise un punto fermo sulle responsabilità tra FIGC e Covisoc. Ma non c'è solo questo".

Prego.
"La seconda cosa che stride è che Gravina, dopo le ‘dimissioni’ - arrivate prima della fine del mandato - della precedente Covisoc, formata da commercialisti, abbia nominato cinque membri di cui quattro sono giudici del Consiglio di Stato. Sorgono due problemi: i giudici ragionano in materia di diritto amministrativo e di bilanci per cassa, non per competenza. Inoltre, possono essere in conflitto d'interessi, dato che il Consiglio di Stato è l'organo di ultimo grado in caso di contenzioso tra società e Federazione. Aver compattato il vertice con persone di sua assoluta fiducia fa supporre, ovviamente non posso dire che sia necessariamente così, che non sia garantita la necessaria competenza professionale economico-societaria e l'indipendenza. Ricordiamo che le federazioni sono enti di diritto pubblico quando gestiscono i fondi del CONI e società di diritto privato quando gestiscono i proventi diversi, su tutti ovviamente quelli commerciali".

Torniamo all'intervento di Abodi. Lo ritiene necessario.
"Per evitare la deriva. Se posso dare un piccolo consiglio è che questa nuova autorità non sia composta da burocrati, ma da dottori commercialisti di provata competenza e indipendenza".

Ha qualcuno in mente?
"Umberto Lago (tra i padri del Fair Play finanziario Internazionale e professore di Economa aziendale all’Università di Bologna, ndr). È stato l'unico italiano presidente del Financial Control Body della UEFA, il primo ad aprire un contenzioso col PSG. Adesso è membro della camera di compensazione FIFA: mi piacerebbe molto che questa agenzia fosse presieduta dal professor Lago. L'importante, comunque, è che i suoi componenti non siano amici degli amici, non abbiano avuto alcun rapporto con nessuna società di calcio e siano dei consulenti veri: credo anche che tra i compiti di questo organo vi sia la proposta di ricorso al codice della crisi d'impresa, per fare in modo che una parte dei debiti delle società di calcio vengano stralciati strutturalmente".

La situazione è così grave?
"Cinque miliardi di debiti sono mezza finanziaria, faccia lei. Nel '96 Veltroni fece un errore clamoroso, da viceministro con delega allo Sport, quando, nell’introdurre il professionismo nello sport, specie nel calcio, inserì una clausola che prevedeva che il 10 per cento degli utili fosse destinato ai settori giovanili: non sapeva che le società di calcio non producono utili, sarebbe stato meglio prevedere anche solo il 2 per cento ma del fatturato. Noi ci portiamo dietro tre errori: questo è il primo, la legge Melandri, che ha dato un potere straordinario a calciatori e allenatori, è il secondo. Infine, la spartizione dei fondi della mutualità a pioggia nei confronti dei club di C a prescindere dai progetti, che in Lega Pro all'epoca per esempio verificai in prima persona. Il piatto forte, però, è un altro".

Non la fermo di certo.
"Nel 2011, a malincuore devo dire sotto la presidenza di Abete, venne modificato il regolamento di ammissione ai campionati (le NOIF, ndr), che è in netto contrasto con lo statuto federale. Lo statuto prevede che non sono ammesse partecipazioni multiple nelle società professionistiche di qualunque serie, mentre dal 2011, il regolamento fu modificato stabilendo che non sono ammesse partecipazioni multiple in società della stessa categoria: fu un regalo a Lotito. Nel 2022, per aiutare Aurelio De Laurentiis, questa possibilità è stata estesa fino al 2028. La gerarchia delle norme prevede che lo statuto sia prevalente sul regolamento interno: i revisori dei conti peraltro hanno l'obbligo di verificare espressamente l'osservanza della legge e dello statuto, non dei regolamenti. E questo non è stato fatto. Peraltro, a livello storico, c'è anche un precedente clamoroso: in passato a Moratti, che aveva comprato lo Spezia, fu imposto nel giro di un mese di vendere l'Inter o lo Spezia, cosa che fece vendendo la seconda. Siamo sicuri che dal 2012 in poi l'ammissione ai campionati italiani sia stata regolare? Bisogna avere il coraggio di chiederselo".

Messa così, la risposta è nella domanda…
"Questo discorso si riannoda a quello principale: è opportuno un intervento del Governo per esercitare un maggiore controllo sulle società professionistiche? Torno alla domanda iniziale: il CONI non ha vigilato sullo statuto, e credo sia opportuno che l'esecutivo possa esercitare direttamente maggiori controlli, che non riguardano la gestione ma il rispetto regolamentare".

Il tema però resta: non può essere un'ingerenza della politica nello sport?
"Le ho già ricordato la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che arriva anche oltre".

Però, se l'obiettivo è di rimanere nel perimetro UEFA e FIFA, il rischio si corre.
"Parliamo di norme di carattere organizzativo, non gestionale. Il modello sono la Banca d'Italia o la Consob: entrambe controllano, nonostante vi siano diversi meccanismi di controllo interno sia alle banche che alle società quotate. Sono tutte autorità governative, e fanno controlli. Non si può invocare, visti i precedenti, un'invadenza del governo che cerca di intervenire su uno stato comatoso del calcio e vuole capire come si può risolvere la vicenda".

Andiamo oltre UEFA e FIFA: molti temono che anche il CIO veda questa come un'ingerenza della politica nello sport.
"È una domanda che supera la mia competenza: di FIFA posso parlare, di CIO no. Io però escludo che ci possa essere un'ingerenza, essendo una norma di carattere organizzativo e non gestionale".

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Domenica 19 Maggio 2024
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