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Sergio Gabetto e la dedica al padre in un libro: "Lo chiamavano il Barone"

di Marina Beccuti
per Torinogranata.it

E' il fratello meno celebre di Gigi Gabetto, per anni dirigente delle giovanili granata, ora tocca a lui, Sergio, ricordare il padre, dopo che anche suo fratello se n'è andato un paio di anni fa. Sergio Gabetto ha scritto un libro "Se un angelo a Lisbona" ed è stato intervistato dal Corriere della Sera per ricordare suo padre, perito a Superga.

"Dopo essere stato per molto tempo lontano dal calcio e dal Toro ho pensato che fosse giusto dedicare del tempo alla memoria di mio padre, spinto anche da alcuni amici di infanzia. Sono stato a Cuba per tanto tempo, lì ho avuto due figlie, Carina e Jenny. Ho fatto il rappresentante di una cartiera e prima ancora l’insegnante di matematica. Alcuni anni fa sono tornato in Italia per stare vicino a mio fratello Gigi, mancato nel 2022. Dopo la sua scomparsa, dentro di me è scattata una molla: dovevo fare qualcosa per rendere onore alla mia famiglia. E ringrazio Silvia Ramasso, l’editrice di Neos, fin da subito ha creduto nel progetto".

Viene anche fuori il legame che suo padre aveva con Franco Ossola: "Mio padre e Franco erano uno al fianco dell’altro in campo, nell’attacco del Grande Torino, ma anche nella vita. Franco fu mio padrino di battesimo. In molti sanno che insieme avevano aperto in via Roma il bar “Vittoria”, chiamato comunemente “da Gabos”. Spesso ci andava anche Fausto Coppi. Fu indimenticabile quando, dopo l’amichevole tra Italia e Inghilterra giocata a Torino e persa addirittura per 4-0 (nel 1948), azzurri e inglesi si ritrovarono al bar per compilare schedine e giocare a poker. Come dicevo, era un calcio d’altri tempi, immaginatevi se succedesse adesso una cosa del genere… Oggi ho un ottimo rapporto con Franco junior, mi ha aiutato per il libro".

Suo padre era soprannominato il Barone, questo il motivo: "Usciva dal campo sempre con i capelli pettinati. Aveva una brillantina speciale di cui era molto orgoglioso. Altro soprannome è stato “le vieux diable”, il vecchio diavolo, perché era il più esperto della squadra e sapeva segnare in tutti i modi beffando i difensori avversari. Infine, Giovanni Arpino in una sua famosa poesia lo chiamò “cul pistin”, quel pistino".


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Sabato 18 Maggio 2024