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Diario da Rio - Quando l’Argentina tocca il fondo, comincia a scavare

di Tancredi Palmeri
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E’ stato come vedere la procedura di demolizione di un palazzo diroccato. Il momento quando la carica viene fatta brillare ed è pronto a collassare, ma rimane per un attimo in piedi come fosse sostenuto dal vento, prima di crollare di colpo.
L’Argentina contro la Colombia è un’antica opera architettonica in condizioni assolutamente fatiscenti e pericolose, che tu vedi sgretolarsi sotto il peso della sua insostenibilità. La tregenda si intuisce nel Primo Tempo che in passato si sarebbe definito abulico, in cui l’Albiceleste è poco più che irritante nella sua pretesa di avere il pallone senza farci niente e senza ricordarsi di correre affinché possederlo possa avere un senso. Deve solo ringraziare la Colombia, che non inserisce Duvan Zapata dall’inizio, e dunque sente la mancanza di concretezza sottoporta, visto che James Rodriguez e Falcao non sono più quelli di un tempo, anche se comunque preziosi uno in fase di costruzione e l’altro nell’aprire spazi.
E l’illusione arriva nel Secondo Tempo, quando in verità finalmente prova a giocare e ci riesce, quando finalmente Messi capisce che il livello della squadra non gli permette di assentarsi nemmeno per 45 minuti, e allora retrocede per iniziare la costruzione dell’azione, se non fosse che spesso la limitatezza degli altri lo porta a voler fare tutto da solo. E per altri bisognerebbe intendere soprattutto per primo il ct Scaloni. Perché quando inserisce il carneade Matias Suarez per Aguero nel momento della rimonta, ti chiedi cosa ci abbia visto in questo giocatore rispetto ai Dybala e Lautaro Martinez lasciati in panchina, o rispetto a Icardi lasciato a casa.
Non che sia solo un fatto di scelte, perché il problema dell’Argentina è una leziosità da schiaffi dove si attende sempre la venuta del Messia.
Però anche le scelte di un ct senza alcun curriculum fanno male. O addirittura peggio, Come quella su un macellaio del gioco come il mediano Guido Rodriguez, che già sarebbe un azzardo convocare, figuriamoci schierare dall’inizio. Viene dall’America di Città del Messico, la squadra protagonista assoluta della partita.
Perché fornisce anche la sorpresa dell’incontro, quel Roger Martinez esterno sinistro che sostituisce Muriel ko per una sospetta distorsione già dopo un quarto d’ora, e lo fa scioccando tutti per la qualità di gioco, la capacità di creare sempre superiorità ed essere concreto. Fino al golazo che spacca il tabellino, uno spettacolare stop a seguire in fascia dopo un cambio di gioco da 50 metri di James Rodriguez, a cui Roger Martinez fa seguire una progressione in orizzontale fuori dall’area, lasciando sul posto anche l’altro marcatore, e poi esplodendo il destro.
E se non fosse sufficiente, la Colombia poi ci aggiunge mestiere per contenere il ritorno dell’Argentina e ammazzare con il contropiede finalizzato da Duvan (e i festeggiamenti colombiani anche qui a Rio de Janeiro per la prima vittoria nello scontro diretto dal 2007, fanno intuire quale potrà essere quantomeno la tifoseria vincitrice della competizione).

Tutto male come e peggio di quanto si temesse per l’Argentina. Per capire la portata: è la più pesante sconfitta dell’Argentina in Copa America negli ultimi 12 anni, e nelle sue ultime 17 partite nella competizione.

Sembrava il fondo fosse stato toccato in Russia con il circo fuori il campo. Ma il palazzo è imploso a tal punto da aver cominciato a scavare un cratere, da cui probabilmente solo un Messia la può salvare.
Ma come si suol dire, aiutati che Dio (e Leo) t’aiuta.

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Martedì 7 Maggio 2024
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