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INTERVISTA TC - Pres. Imolese: "Pronti a tornare sulla cartina del calcio”

di Francesco Ferrari
per Tuttoc.com
Giovanni Padovani
Giovanni Padovani

Piccoli e belli. Sembra quasi un miracolo il percorso dell’Imolese, ripescata lo scorso 3 agosto e capace di fare meglio di tutte le formazioni neopromosse dalla Serie D: i romagnoli, terzi a quota 58 nel girone B, sono davanti al Potenza (quinto nel C, a quota 53), alla Pro Patria (ottava a 56 nel gruppo A nonché campione d’Italia dilettanti in carica) e a tutte le altre realtà che sono passate dal dilettantismo al professionismo nell’estate scorsa. Meriti all’organizzazione di un piccolo club che vuole diventare sempre più grande, sotto la guida del giovane presidente Lorenzo Spagnoli: 39 anni il prossimo 29 aprile, è lui a raccontare in esclusiva a TuttoC.com il suo percorso con i rossoblù. Tra sogni, speranze e progetti per rendere sempre più solida la società rossoblù.

Spagnoli, avete avuto solo un mese per preparare la Lega Pro: era facile immaginarvi a lottare per la salvezza, pochissimi pensavano a un terzo posto.
“Abbiamo vissuto un’estate complicata, ma il lavoro svolto ha dell’incredibile: abbiamo preparato due squadre, una per la D e una per la C, ma è stato molto stimolante. Filippo Ghinassi, il nostro diesse, era più pronto di tutti e, malgrado solo il 3 agosto ci abbiano comunicato il ripescaggio in Lega Pro, sapevamo di poter costruire un bel mix. Eravamo pronti a lottare per la salvezza, poi si sono incastrate tantissime cose: il quarto posto è un sogno per noi”.

Tanti applausi sono per il tecnico Dionisi. Quanto c’è del suo?
“E’ giovane e ha grande entusiasmo. Nel nostro centro sportivo si respira ambizione, fame e voglia di dimostrare. Questo si vede nella società, nei giocatori e, soprattutto, nello staff tecnico”.

Sarete legati, oltre a questa stagione, per altri tre anni. Una forte dimostrazione di fiducia nei confronti dell’allenatore.
“Sì. E stiamo già programmando il futuro. Con Dionisi abbiamo trovato il pezzo di puzzle che mancava. Abbiamo sotto gli occhi i risultati sportivi, ma ciò che ha dato il via a tutto è stato il legame a livello umano: è perfetto con noi e per l’ambiente che vogliamo portare a Imola”.

Quanto c’è di Lorenzo Spagnoli?
“Io sono di supporto a direttore, mister, magazziniere… Insomma, a tutti. Il presidente deve essere pronto a motivare il gruppo di lavoro, a tirare la fila e a far vedere qual è la strada: mi interessa riuscire a trasmettere la mia identità e mi piace molto quando si riesce ad essere qualcosa in più che un semplice gruppo di lavoro. Un po’ come una famiglia”.

La società è solida.
“Abbiamo un’impostazione aziendale. Sei anni fa, quando sono diventato proprietario del club, siamo partiti dalle fondamenta, con strutture e settore giovanile. Da quel momento, che militavamo in Eccellenza, siamo arrivati fino alla terza serie”.

Lei è tra i più giovani presidenti della terza serie: pesano le responsabilità?
“La vivo molto bene perché mi sento molto a mio agio in questo mondo. E’ da quando ho 14 anni che lo sento mio: mi viene molto naturale parlare con presidenti e direttori sportivi”.

I calciatori che si ritirano dal calcio spesso fanno il salto della scrivania e diventano allenatori, lei addirittura presidente. Cosa le è saltato in mente?
“Giocavo qui a Imola in Eccellenza e mi stava calando il desiderio di giocare. Però volevo rimanere in questo mondo e, dato che il club era in difficoltà, insieme a mia moglie Fiorella abbiamo dato un’occhiata per cercare di capire la reale situazione. C’erano i presupposti per fare un investimento e da lì ci abbiamo provato: mi ha sempre affascinato il ‘non calcio’, cioè la gestione di una società e la possibilità di poter creare qualcosa”.

Sua moglie è stata molto importante in questo passaggio.
“Con lei è una formazione quotidiana. Uno che smette di giocare a calcio non può essere subito pronto a fare presidente, direttore sportivo o procuratore… Quando giochi, vedi il calcio in un certo modo ed è diverso dalla visione che ho ora nel mio ruolo. E’ stata una fortuna incredibile imparare da una manager incredibile come lei”.

Come vivete il calcio in famiglia?
“Fiorella è l’anima imprenditoriale, io sono quella sportiva. Però andiamo allo stadio insieme, viene durante il giorno al centro sportivo e viviamo quest’avventura a 360 gradi. Portiamo spesso anche i nostri figli Marta, Luca e Viola: hanno già la loro maglietta dell’Imolese…”.

A mister Dionisi dà qualche consiglio sull’undici da schierare la domenica?
“Guardi, io la formazione la vengo a sapere dallo speaker. Poi, durante la settimana, è normale che ci sia dialogo e condivisione con il tecnico, però massimo rispetto dei ruoli”.

Il calcio si vive meglio da presidente o da calciatore?
“Da giocatore. In quella veste pensi solo alla tua performance e la domenica puoi incidere nei 90’, quello che un presidente non può fare. Ora invece sono spettatore, mi sento impotente e i 90' li vivo malissimo… Ogni tanto vorrei entrare in campo”.

Da giocatore si è tolto diverse soddisfazioni: la vittoria al reality Campioni-Il Sogno e il ritiro con la Juventus nell’estate 2005, com’è stato allenarsi con Capello, Del Piero e Ibrahimovic?
“Dico sempre che ho avuto una fortuna: ho vinto un reality che però non metteva soldi in palio. Quelli magari li avrei spesi, mentre quel mese alla Juventus mi resterà per tutta la vita. Era l’ultima Juve prima di Calciopoli: Buffon, Del Piero, Ibrahimovic, Cannavaro…tanti sarebbero poi diventati campioni del mondo dodici mesi più tardi. Allenarsi con loro è stata un’esperienza fantastica, ho visto l’umiltà di questi calciatori. Sembrava di essere dentro a un film, mi trattavano come uno di loro”.

Il ricordo più bello di quelle esperienze?
“Un dialogo con Del Piero, il giorno in cui segnai un gol in un'amichevole a Pavia. Lui rimase in ritiro a Salice Terme ma al rientro mi fece i complimenti per il gol. “Era solo un rigore” - gli dissi. “I rigori bisogna saperli tirare, complimenti” - mi rispose. Lui non se la ricorderà, io non me la scordo di certo”.

A Imola la squadra vola, anche se la città sembra ancora un po’ distante.
“Se si guardano i dati del pubblico, questa è l’impressione che si può avere da fuori. Però, al sesto anno di mia gestione, non ho mai visto così tante persone: prima sembravamo a teatro, ora ci sono 1000-1100 persone a gara. Quest’anno le cose sono cambiate e ringrazio i tifosi che si stanno avvicinando, i ragazzi ne hanno bisogno”.

Lei aveva presentato l’intenzione di fare lo stadio nel luogo dove vi allenate, il progetto è tramontato?
“No. E’ ancora attuale: c’è l’idea di realizzare uno stadio dentro al centro sportivo e sarebbe un investimento del club. Ci stiamo lavorando”.

Il centro sportivo è uno dei vostri punti di forza.
“E’ vero. E’ molto bello, grande e abbiamo fatto investimenti importanti. Abbiamo 4 campi a 11, più sintetici a 7, a 5 e al coperto. Poi sala stampa, uffici, un ristorante e tutte le attrezzature per prima squadra e settore giovanile. Mi piace avere tutti dentro all’interno di un centro sportivo e la possibilità di viverlo al 100%: questo ci dà un qualcosa in più”.

Dove vuole arrivare questa Imolese?
“Siamo una società piccola, ma dobbiamo lavorare sulla qualità del lavoro, sui ragazzi del nostro settore giovanile e dovremo investire. Mi piacerebbe lavorare anche per il calcio italiano, facendo passare da Imola giocatori importanti magari crescere talenti che un giorno possano vestire la maglia della Nazionale. Vorrei trovare il giusto mix per trovare giovani di valore e portare avanti anche un progetto di zoccolo duro, per rafforzare l’identità e spiegare cosa significa vivere un centro sportivo come il nostro”.

La Serie B è troppo al momento?
“La C è come la Champions League. Il primo obiettivo è sempre la salvezza, poi ai playoff ce la giocheremo e non ci tireremo indietro. Il mio obiettivo è mettere Imola sulla cartina del calcio italiano”.

Il Monza ha appena stipuato un accordo con il suo autodromo. Qualcosa è in programma anche da voi?
“Sarebbe bello che ci fosse questa sinergia. Non so se capiterà, però mi piacerebbe”.

L’Imolese non è solo calcio a 11: il Kaos calcio a 5, che fa parte del club, è stato promosso in Serie A2.
“Il calcio a 5 si è guadagnato la promozione ed è un’ottima cosa per l’Imolese. A gestire questo ramo c’è Gianluca Matera, mio uomo di fiducia, che sta facendo un buonissimo lavoro. Basti pensare che le metodologie di allenamento del calcio a 5 sono valide per tutto il settore giovanile”.


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