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TMW RADIO - Bucchi: "No al Crotone, nessun rammarico. Berardi? Non lascia la comfort zone"

di Dimitri Conti
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© foto di Nicola Ianuale/TUTTOmercatoWEB.com
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
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Cristian Bucchi intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'allenatore Cristian Bucchi ha parlato a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando dal gap che esiste tra le squadre italiane e le altre top europee: "Innanzitutto è nelle rose: in Italia non ce ne sono per competere in Europa ad altissimi livelli, solo Juve e Inter ce l'hanno. L'Atalanta poi ogni anno ci illude e ci emoziona per come gioca: ha un budget inferiore agli altri e giocatori non di primissima fascia ma grazie all'organizzazione in Italia è tra le grandi e in Europa fa strada, anche l'anno scorso è stata la squadra che è arrivata più avanti. La Lazio per il campionato ha un ottimo organico, ma non è oggi in grado di battere un Bayern Monaco: all'andata c'è stato un risultato troppo largo, ma le eliminazioni loro e dell'Atalanta per me erano scontate. Chi ha fatto meno sono state Inter e Juve, anche se in Italia dominano a prescindere. Ora stanno provando a proporsi la Roma e la grande sorpresa che è il Milan, per me lontano come organico dalle prime due. Ci vorrebbe anche di mollare qualcosa tatticamente: siamo un po' troppo fissati sulla fase difensiva, ci vorrebbe una mentalità più aperta in Europa, alzando l'intensità".

Quanto incide il non riuscire dare continuità a progetti filosofici, quasi, più che tecnici?
"Parliamo spesso di progetto, ma realmente non c'è quasi mai. Tutti vorrebbero costruire gruppi con giocatori che durino 8-10 anni e cambiare altre pedine intorno. Il problema però poi sono le proprietà: magari partono con questa idea, poi sentono cinque tifosi lamentarsi dopo tre partite, e così si rimette tutto in discussione. La differenza con l'estero è che le proprietà hanno la forza di fregarsene, le difficoltà lungo un percorso ci saranno inevitabilmente. Come nel lavoro, come possiamo pensare che non accada nel calcio che è pieno di variabili? Devi sapere che ci saranno onde positive e negative, ma se credi nel lavoro vieni ripagato a lungo termine. Penso ad esempi come la Juventus con Conte e Allegri, il Napoli di Sarri, la Lazio e l'Atalanta adesso. Di colpo non si diventa vincenti, a meno che non sei il Manchester City che spendi ogni anno 200 milioni. Eppure neanche loro vincono la Champions! Gli insuccessi vanno messi in conto, al City se perdono non pensano a fallimenti di Guardiola o di tutti e trenta i giocatori... Questa è una cosa impagabile, dà fiducia e credibilità al progetto anche con i tifosi, che sanno di avere una società forte e solida, che non si lascia condizionare. Penso anche a Klopp, in Italia magari l'avrebbero già fatto secco!".

Come si fa ad arrivare a quei livelli senza soldi?
"Magari vi spiazzerò, ma temo non ci si arrivi. Abbiamo visto ieri sera la nostra più bella realtà, l'Atalanta, giocare contro un Real Madrid che ha dei giovani fortissimi, dei fenomeni. Quei giocatori però devi pagarli. Dobbiamo ritrovare l'appeal che aveva il nostro campionato quando portavamo i talenti veri in Serie A. Non solo soldi, anche se servono: aprire ai fondi per esempio sarebbe una mossa intelligente, ma anche progetti interessanti. Se il Milan torna solido in 2-3 anni, per esempio, può diventare interessante. All'ultimo step, però, bisogna sempre tirare fuori i soldi".

Questi mesi di fatica nelle gerarchie saranno importanti per Scamacca?
"Determinanti. Scamacca doveva andar via nell'ultimo mercato: non so dove, ma in una squadra che gli potesse dare la possibilità di crescere, giocare e sbagliare. Ballardini oggi magari predilige uno più esperto, giocandosi la salvezza preferisce la certezza di un Destro al suo entusiasmo giovanile. Ora deve essere bravo: se vuole emergere ed essere protagonista nel calcio, deve capire che questi momenti in cui vieni messo in discussione ci sono".

Ha senso scagliarsi contro la costruzione dal basso?
"Non bisogna ascoltare troppo certi discorsi... Come in ogni cosa ognuno deve avere la sua idea e capire se metterla in pratica o meno. De Zerbi fa la costruzione dal basso con una squadra costruita e selezionata negli ultimi tre anni. Le caratteristiche principali dei loro calciatori sono tecnica e velocità. Se però ho una squadra con attaccanti lenti e difensori non abili, non posso farlo! Non è che se sento Adani esaltare la costruzione la devo fare per forza, diventa un autogol clamoroso, uno specchietto per le allodole. A me per esempio piace tantissimo Castori in Serie B, che non ama fare il 70% di possesso palla: è un allenatore pratico ma che ottiene sempre grandi risultati. Mi piace chi battezza la sua squadra senza farsi condizionare".

Cosa avrebbe potuto dare Sensi senza infortunio?
"L'ho allenato al Sassuolo per qualche mese e con me ha fatto tutti i ruoli del centrocampo nel 4-3-3 ma anche il trequartista nel 3-5-1-1. Oltre alla qualità ha forza fisica e grandissima intelligenza, il suo problema sono stati i troppi infortuni, legati soprattutto alla sua età. Lui è un '95, e purtroppo non è il primo anno che ha certe problematiche. Non solo così non cresce, ma fisicamente non arriva mai ad una condizione ideale. Quando ci è riuscito, è stato in assoluto quello che faceva la differenza nell'Inter, dove aveva quasi oscurato Barella. Uscito lui, l'altro invece ha iniziato a fare cose migliore. Mi dispiace, spero ritrovi la continuità fisica".

Perché Berardi non ha mai lasciato il Sassuolo?
"Per il rapporto che ha il club con Domenico, se si crea l'opportunità giusta per cui lui è felice, non guarderebbero al centesimo. Sono una seconda famiglia, e penso che lui abbia trovato al Sassuolo la sua comfort zone e non ne voglia uscire. Forse anche perché non sente di avere le certezze e la tranquillità di Sassuolo andando a giocare da altre parti per altri traguardi. Per lui lasciare il Sassuolo deve essere quel momento in cui sceglie di fare il grande passo. Un paragone con Di Natale all'Udinese penso sia perfetto".

Come la vede questa Serie B?
"Il campionato è bellissimo, e senza preparazione e con tanti turni infrasettimanali si è visto di tutto e di più. L'aspetto agonistico è sempre predominante, le squadre che hanno grande ritmo e intensità sono sempre ostiche, e quando penso alla Serie B c'è solo un nome: Cittadella. Ogni anno, credo sempre con l'ultimo budget del campionato, arriva sempre ai playoff perché hanno trovato una quadratura su agonismo, organizzazione e grandi ritmi. Magari avessero avuto un Coda da 25 gol, in questi anni, sarebbero anche riusciti ad andare in Serie A, ma questo rispecchia il mondo. Poi ci sono politiche diverse: chi arriva costruendo come l'Empoli, poi le retrocesse che comunque l'anno successivo fa sempre fatica perché ha tante aspettative ma è rinnovata e chi rimane spesso lo fa controvoglia, e poi realtà come Monza con investimenti importanti e giocatori di caratura superiore. Sarà bello vedere come si concluderà, ai playoff poi potrà succedere di tutto. Sono incuriosito dalla Salernitana, secondo me costruita molto bene sull'idea del suo allenatore: fisici, nella partita secca ti possono mettere in difficoltà".

Rammaricato per non aver accettato il Crotone?
"Il rammarico ci sarebbe stato se in questi mesi non avessi avuto nessun'altra chiamata. Però devo dire che ho avuto tante testimonianze di stima, il fatto che le trattative non siano andate in porto è perché non ci sono state le condizioni perché ritenessi corretto il percorso. Sono giovane anagraficamente ma ho il mio percorso, ho allenato otto squadre diverse. Più che la categoria guardo le persone con cui andare a lavorare, il modo che hanno di costruire e voler fare le cose insieme. Quando sei coinvolto non esistono categorie, ma senza queste componenti ho preferito prolungare l'attesa. Senza rammarico, anzi, ringrazio".

Le manca riuscire a dare continuità nello stesso posto?
"Assolutamente sì, l'unico vero rammarico di questi miei ultimi anni è stato l'Empoli, l'esonero di Sassuolo poteva starci: era un momento di cambiamento dopo un ciclo lunghissimo con Di Francesco. La società non ha avuto molta pazienza, ma i risultati non erano nemmeno gratificanti. All'Empoli no, lì si parlava di un certo percorso, eravamo a 3 punti dal secondo posto dopo dodici giornate. Sicuramente saremmo arrivati ai playoff, e avremmo raggiunto traguardi importanti. Nessuno trasforma squadre in macchine perfette in tre mesi, non esistono le bacchette magiche. Mi manca non aver mai fatto due stagioni consecutive in carriera, e alcuni dei no che ho detto di recente sono per questo motivo”.

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