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TMW RADIO - A. Filippini: "I nostri giovani si allenano e giocano poco. Guardate Pinamonti..."

di Dimitri Conti
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© foto di Luca Marchesini/TuttoLegaPro.com
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
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Antonio Filippini ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'ex centrocampista Antonio Filippini, oggi allenatore, ha parlato in diretta a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando dalle difficoltà dell'Italia Under-21: "C'è una spiegazione logica, dovuta ai numeri. Mio fratello lavora nello staff dell'U19 dopo due anni nell'U17, e il problema dei ragazzi è che quando arrivano a 18-19 anni, per due-tre anni non giocano più. Teniamo presente Esposito dell'Inter: alla SPAL ha giocato poco, ora a gennaio è andato al Venezia e neanche lì trova continuità. Così perdono di esperienza, di fisicità e intensità. All'estero invece li fanno giocare, quasi tutti in prima squadra e anche da titolari. Bisogna cambiare la struttura del settore giovanile italiano: i ragazzi si allenano troppo poco rispetto all'estero".

Le valorizzazioni economiche e/o quote obbligatorie per i giovani che formule sono?
"Per me negative, ho fatto sia la D che la C e i ragazzi fanno i calcoli, perché con le regole sanno che se per esempio ci sono due 2000 fuori, il terzo deve giocare e può persino dare meno in allenamento. Finisce che i ragazzi vengono danneggiati, quando dovrebbe esserci invece sempre meritocrazia, anche nella settimana: se qualcuno di più vecchio è meglio di me, deve giocare. Faccio un esempio, in Germania i ragazzi di 15-16 anni fanno quattro-cinque allenamenti a settimana, qua solo tre. A fine anno sono anche 50-60 allenamenti di differenza, tantissimi, e infatti sono più pronti. Meglio fare le seconde squadre come per la Juventus, così possono acquisire esperienza".

Da chi deve arrivare l'input?
"Il movimento deve partire dalla FIGC dando una regola non di minutaggio sui giovani, ma magari pensare cose come che almeno il 10% degli introiti vengano destinati al settore giovanile. Gli allenatori delle giovanili vanno stipendiati adeguatamente, a oggi è quasi un dopolavoro dove guadagnano 500 euro, senza una formazione specifica, che va a discapito del ragazzo. Purtroppo, invece, di solito se devi risparmiare 10mila euro vai a togliere, che so, un pulmino per i ragazzi... Purtroppo sono trent'anni che sento parlare di settore giovanile, ma più si va avanti e più si taglia in favore solo della prima squadra".

In altre selezioni nazionali vediamo 2000-2001 e 2002 stabilmente convocati, perché da noi molto meno?
"I vari Barella e compagnia ormai hanno grande esperienza, il problema è che Pinamonti, sempre rimanendo all'Inter, ha perso un anno giocando sì e no 90 minuti in tutto. Non è pronto per giocare nell'Inter, perché Lukaku e Lautaro sono più forti in questo momento. Ripeto: in Germania, e non dico per sentito dire, si allenano tanto di più di noi. Una volta le ore perse sotto coordinazione e attività motoria le recuperavamo tra oratorio e strada, oggi non più. Quando arrivano in prima squadra fanno davvero fatica a giocare perché non sono pronti".

L'Italia di Mancini deve avere obiettivi per gli Europei?
"Per me la ricetta giusta è fare bene, così da trovarsi pronti per i Mondiali. Il percorso della squadra deve essere questo, teniamo presente che Mancini ha fatto sì molto bene, ma ha incontrato squadre della propria fascia, non ancora avversarie come Francia o Germania, o comunque quando le hanno sfidate non hanno vinto. Non diamo troppa pressione alla Nazionale, l'appuntamento importante deve essere il Mondiale".

Nei confronti di Tonali si sentono troppi commenti ingenerosi?
"Secondo me sì, teniamo presente che ha vent'anni ed è alla prima esperienza in una grande squadra come il Milan. Ha pressione addosso, può darsi che qualche partita la sbagli, e in altre invece lasci intravedere quel Tonali visto a Brescia. Gli serve tempo per poter acquisire la maturità da Milan".

Ci regala un aneddoto su Mazzone?
"Prima di tutto è una persona leale e coerente, quello che diceva lo faceva senza giri di parole. La sua onestà veniva ricambiata perché di fronte avevi una persona affidabile. Un aneddoto simpatico è che un martedì entra un cagnolino durante la partitella, e lui in romanesco: 'Oh, ma di chi è sto cane?'. Una settimana dopo, sempre di martedì, entra un altro cane, e lui di nuovo dalla panchina. Quando gli abbiamo detto che era di Baggio, lui: 'Dategli da magnà!'. Non era come gli altri giocatori, Roberto (ride, ndr)...".

Ci racconta di quando lei, suo fratello e Gasbarroni suonaste per la promozione del Palermo?
"Io e mio fratello siamo malati di Bruce Springsteen, l'abbiamo seguito fino sotto casa rischiando di essere arrestati negli Stati Uniti! (ride, ndr). La nostra canzonetta è 'Born to run'. Abbiamo giocato davanti anche a 80mila spettatori a San Siro, ma non ci sono mai tremate le gambe come quando abbiamo fatto il concerto davanti ai 40mila della Favorita non ci sentivamo così sicuri! Un'ansia... Poi tre-quattro accordi e ci siamo sciolti, alla fine è stata un'apoteosi, un divertimento per noi e per i palermitani".

Come giudicare il cammino del Brescia?
"Tutte le squadre retrocesse iniziano a fare un po' i "professori", ma in Serie B bisogna correre e pedalare per portare a casa i punti. Spesso non si riesce a capirlo, e si va incontro a figuracce. Il Brescia quest'anno non è partito benissimo, poi a gennaio se ne sono andati in tanti e la qualità è calata. Ora con il nuovo allenatore e il rientro di Cistana, sono riusciti a raddrizzare la situazione. Se dovessero vincere anche le prossime due-tre partite possono riagguantare la zona playoff e sperare".

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