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Sampdoria, Stankovic si presenta: "Dobbiamo cambiare la mentalità. Chi sa soffrire sa gioire"

di Andrea Piras
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Le prime parole di Dejan Stankovic da allenatore della Sampdoria. A poche ore dall'ufficialità, il tecnico blucerchiato ha rilasciato un'intervista al canale ufficiale della società: "Non sono venuto per i due punti e la posizione in classifica. Io sono venuto per la Sampdoria. In Serbia siamo cresciuti guardando la Sampdoria. Prima con Vujadin Boskov, dopo con Mihajlovic e Jugovic e infine con Sinisa in panchina seguendo anche il cammino in Coppa dei Campioni. Peccato non potevo fare il raccattapalle perché quella partita con la Stella Rossa si è giocata a Sofia. E lì noi siamo cresciuti con la Sampdoria. Io sono venuto per il club, non per la posizione in classifica".

Ha sentito qualche ex blucerchiato?
"Ho sentito Attilio Lombardo. E' una persona spettacolare. Ho sentito Viviano, ho visto Angelo Palombo. Mancini non l'ho sentito ma ho visto suo figlio l'altro giorno. Ho parlato anche con Sinisa Mihajolovic. Lui quando è arrivato aveva più o meno l'età mia, 44-45 anni, insieme a Nenad Sakic che ha vissuto come giocatore e come vice-allenatore, ora è la terza volta che ritorna. Mi auguro che possa avere i successi come quando era vice con Sinisa: prima ha salvato la squadra e poi ha fatto un upgrade ed è migliorato molto. A noi basta solo lavorare. Nenad è una grandissima persona e sono sicuro mi darà una grossissima mano".

La stagione?
"L'unica cosa sicura è che ci sarà sofferenza anche questa volta. Ma chi non sa soffrire e non sa neanche gioire e vincere. Ho visto la squadra. Materiale c'è ma dobbiamo cambiare la mentalità. Ci sono modi e modi per perdere una partita. Devo essere sincero, senza permettermi di giudicare nessun lavoro, ma ho visto l'ultima partita e l'atteggiamento non è piaciuto. Non dobbiamo spaventarci dalla forza che ci attacca. Dobbiamo sapere cosa andiamo a difendere. Perché l'orgoglio è importante è non ha prezzo. Io vengo da un Paese che ha sofferto e per prima cosa non ci spaventava la forza che ci attaccava ma l'importanza di difendere l'orgoglio. L'orgoglio della società, dei colori e il proprio non hanno prezzo e non ci deve spaventare nessuno. Dobbiamo guardare noi stessi. Io sono molto fiducioso. Non faccio promesse ma voglio lavorare. Voglio trasmettere tutto quell'entusiasmo che ho dentro, tutta quella forza e cattiveria agonistica che ho dentro perché ogni tanto lo specchio della squadra può essere lo specchio del carattere del proprio allenatore. Con l'aiuto di tutti, possiamo entrare nelle acque calme. Ogni partita deve essere l'ultima, deve essere una finale. E come diceva un mio vecchio allenatore e mio amico, José Mourinho: 'Le finali vanno vinte non giocate'. La vedo così anche io. Andiamo a Bologna, anche loro non stanno attraversando un momento felice ma noi guardiamo noi stessi. L'esito finale dipenderà da come andiamo in campo. Ci saranno due giorni di preparazione ma in un grande club bastano anche due giorni. Dobbiamo responsabilizzarci e i risultati arriveranno".

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