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Perché Inter, Milan e Juve vogliono il campionato a 18. Napoli tentato dalla Superlega

di Ivan Cardia
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© foto di Insidefoto/Image Sport

La Serie A vuole più autonomia, ha detto ieri il presidente Lorenzo Casini. Tradotto in altri termini, il massimo campionato vuole che la voce decisiva, nel processo per le riforme del calcio italiano, sia la propria. Così non è e finora non è mai stato, considerando i pesi elettorali squilibrati verso le serie inferiori. Soprattutto, così non sarebbe se davvero l’11 marzo il presidente federale Gravina superasse il diritto d’intesa delle componenti federali. Uno scenario oggi francamente irrealistico, tanto più alla luce della nuova posizione di via Rosellini, da dove si parla di spirito collaborativo ma tutto sommato arriva una vera e propria minaccia. Non che in Serie A ci sia grandissima unità d’intenti.

Le big vogliono il campionato a 18. Non è una grandissima novità, ma non ha neanche lasciato indifferenti che le dirigenze di Inter e Juventus, all’indomani di un derby d’Italia privo di polemiche, si siano presentate insieme in assemblea. In mattinata, del resto, vi era stato un incontro, con anche i vertici del Milan, per cementificare una posizione comune. La principale preoccupazione è un calendario che di anno in anno si farà sempre più ingolfato e ingestibile, costringendo a rischi inutili o costi superiori per gestire tutti gli impegni. Le obiezioni del resto della compagnia? Non poche. La prima, fatta notare dai vertici di lega: meno squadre vorrebbe dire meno partite da vendere alle tv. Quattro giornate in meno di Premier League e Liga: lo spettacolo si può anche alzare, ma è tutto da dimostrare; l’offerta di sicuro si abbasserebbe.

Le piccole e il Napoli. L’altra obiezione, nella giornata di ieri: più che di riduzione del campionato, c’è da fare fronte comune rispetto alle ipotesi di una riforma nonostante (per non dire contro) la Serie A. Ecco perché il presidente Casini ha potuto rappresentare una posizione unitaria, sebbene molto variegata al suo interno. Rimandate, almeno per un po’, le divisioni. Che restano e prima o poi affioreranno: se si segue il principio per cui il peso economico e i bacini d’utenza determinano anche il peso politico, oggi è Serie A vs FIGC, ma prima o poi sarà grandi contro piccole. C’è poi chi, sempre e comunque, va in direzione ostinata e contraria. De Laurentiis ha lanciato nuove frecciate, in assemblea sono abituati a decisioni prese 19 contro 1, ma gli scenari cambiano. Non è passato inosservato che il Napoli non abbia preso posizione sulla Superlega dopo essere stato citato da Laporta. La Roma è stata l’unica a farlo in maniera netta con un comunicato; l’Inter ha fatto trapelare un no ambiguo che tradisce le sue diverse anime sull’argomento, ma per ora è no. Il Milan da tempo si è palesemente messo in posizione attendista, mentre la tentazione sembra aver colto nel segno con De Laurentiis.

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