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#Napoli-Juve, i tre anni di Sarri al Napoli. Dalla scoperta al patto Scudetto

di Andrea Losapio
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

"Abbiamo perso lo Scudetto in hotel a Firenze". Sarà forse la frase, laconica e di chiusura, per cui verrà ricordato Maurizio Sarri al Napoli. Perché se è vero che i tre anni del Sarrismo in salsa azzurra ha dato gioie e dolori, non c'è niente come quell'affresco per capire quanto nel calcio possano contare circostanze indipendenti dalla tua volontà, momenti più o meno fortunati che ti cambiano il lato psicologico e, di conseguenza, anche la percezione di se stessi. La sera di Inter-Juventus ha scritto la storia: l'1-0 bianconero, l'espulsione di Vecino, il 2-1 firmato da Icardi in 10 contro 11, il fallo di Pjanic su Rafinha (da secondo giallo, con Orsato che non può andare al Var), il 3-2 di Higuain al novantesimo. Tutte fotogafie che raccontano quello che è successo nei tre anni precedenti.

UN NAPOLI BELLO - L'addio di Rafa Benitez a Napoli sembrava un ridimensionamento abbastanza netto. Con Gonzalo Higuain che in segreto si lamentava perché passato dal Real Madrid a una squadra "molto simile all'Empoli", soprattutto per gli acquisti di Hysaj o Valdifiori. Sarri parte con il 4-3-1-2, incomincia con una brutta sconfitta contro il Sassuolo, perde quota e forza. A un certo punto cambia, passa al 4-3-3, sfruttando al massimo le caratteristiche proprio di Higuain: saranno 36 gol in campionato, record assoluto per la nostra Serie A. Febbraio è il mese decisivo: il Napoli è a +2 sulla Juventus e gioca allo Stadium, la partita è incanalata verso lo 0-0, poi Zaza prende e scarica verso la porta. Complice una deviazione firma l'1-0 che, di fatto, lancia ulteriromente la Juve di Allegri, alla quindicesima vittoria di fila. A fine anno sarà secondo posto.

MERTENS CENTRAVANTI - L'addio di Gonzalo Higuain era stato colmato dall'arrivo di Arkadiusz Milik, una scelta probabilmente interessante ma, agli atti, che non frutta fino in fondo. Più per gli infortuni del polacco che non per le qualità, comunque ottime. Per sopperire alla sua assenza non ci può essere altra scelta che non quella di inventarsi un nuovo centravanti, visto che Manolo Gabbiadini sembra sentire la pressione più di quanto auspicabile. Così Mertens incomincia a giocare da numero nove, inventando lo spazio come attaccante, come successo dal Barcellona di Guardiola oppure dall'Atalanta di Gasperini senza Duvan Zapata. Non sarà una stagione semplicissima, alla fine arriva un terzo posto con moltissimi punti fatti - ben 86 - ma mai realmente in corsa per lo Scudetto. I 28 gol di Mertens inquadrano i risultati dell'idea rivoluzionaria per cercare di conquistare qualcosa di più.

PATTO PER LO SCUDETTO - Il terzo doveva essere l'anno perfetto per concludere il progetto con una vittoria, quello di uno Scudetto aspettato almeno tre decenni. Gli acquisti sono solo due, cioè Mario Rui e Adam Ounas - forse poteva essere fatto qualcosa di più - mentre le cessioni sono quelle di Ivan Strinic e Leonardo Pavoletti. L'idea è quello di riconfermare tutto il blocco e puntare tutto sul campionato, tanto che la Coppa Italia finisce subito, in Champions arriva terzo nel girone, viene escluso dall'Europa League nei sedicesimi. Tutta la letteratura sarriana, dal 2015 in poi, racconta della presa al potere, di arrivare fino al palazzo, contro la Juventus. La resa dei conti è proprio quell'Inter-Juventus, dopo che Koulibaly era salito in cielo per schiacciare di testa nella porta di Buffon. Virtualmente, in caso di sconfitta bianconera e vittoria contro una Fiorentina reduce dalla tragedia Astori, il Napoli sarebbe stato sopra, a due giornate dal termine. Il patto per lo Scudetto è finito in quel giorno, in hotel.

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