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La Roma e quel rapporto speciale con Mazzone: la storia di Fabio Petruzzi

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di TMWRadio Redazione
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Storie di Calckio con Fabio Petruzzi e Marco Piccari
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Blue Eyes lo chiamava il mitico commentatore a cavallo tra gli anni Novanta e 2000 Carlo Zampa. Parliamo di Fabio Petruzzi, difensore classe 1970, cresciuto nel vivaio della Roma con la quale esordì in Serie A l'11 febbraio 1990. Poi lo sbarco veloce a Caserta nella stagione 1990-1991, dove ottenne la promozione in Serie B, prima del ritorno in maglia giallorossa. Qui ha legato il suo nome prima a Carlo Mazzone e poi Zdeněk Zeman. Ma è col primo che ha creato un rapporto importante, tanto da seguirlo prima a Brescia e poi a Bologna. E ha raccontato un po' la sua storia a TMW Radio.

E' sempre stato il suo sogno il calcio?
"E' sempre stata la mia passione. Volevo giocare a pallone, magari non arrivare ma giocare. Anche quando sono stati nelle giovanili della Roma non ho mai pensato di arrivare in Serie A. Forse solo in Primavera ho cominciato a capire qualcosa".

Il suo idolo?
"Di Bartolomei. Ero innamorato, è stato il prototipo del calciatore che avrei sempre voluto essere, poche parole e tanti fatti. Per, me è stato il più grande di tutti, anche se quella dei miei tempi, quando ero ragazzino, era una Roma piena di campioni. Ho avuto modo di incrociarlo, ma ho avuto sempre soggezione del capitano. Mi sarebbe piaciuto stringergli la mano ma non ci sono mai riuscito. Cosa mi ha lasciato la sua storia? Tanta amarezza, scoprii che era morto mentre ero in nave con la famiglia e piansi davvero tanto. E' stato un mito".

Cosa le viene in mente sentento l'audio del suo esordio?
"Stadio Flaminio, Roma-Inter 1-1. Ricordo che ero molto emozionato. Avevo solo 20 anni e incrociai quell'Inter che aveva tanti campioni come Matthaus, Klinsmann. Ma era una bella Roma, al Flaminio difficilmente si passava. E' una Roma che ha dato alla gente quello che voleva, ci metteva davvero tutto".

Il ricordo più bello a Roma?
"Il 3-0 nel derby con Mazzone, quando il mister andò sotto la Curva. La Lazio era fortissima. Era una Roma tale e quale il suo allenatore, che durante la settimana fu sbeffeggiata sui giornali in un confronto con la Lazio. E il mister ce lo ricordò. Fu un derby senza storia".

E di Mazzone che dice?
"Per me è stato tutto. Sono arrivato a Roma dopo un anno dove ho avuto diversi problemi fisici, sono andato avanti grazie a un lavoro fisico importante che mi ha rimesso in piedi. Mazzone mi mettava soggezione, temevo inizialmente questo rapporto. Nel ritiro temevo davvero di non essere all'altezza. Quando fai la preparazione e ti senti a pezzi non è bello. Io arrivavo col gruppo dei portieri, il mister però mi spronava. Poi tornammo a Roma, facemmo un'amichevole estiva col Valencia e Pruzzo mi annunciò che mi voleva vedere. Caddì durante il pre-partita e mi si gonfiò la caviglia, ma il medico Alicicco mi disse di stringere i denti. Mazzone mi distrusse a parole per quell'episodio, ma alla fine quando durante l'anno si fece male Annoni mi fece giocare. E da quel momento è nato un rapporto incredibile. Mi disse che se mi dava quella maglia è perché la meritavo. Mi ha tirato fuori quello che nessuno è riuscito a fare. Anno dopo anno è cresciuta la stima, tanto che mi ha cercato a Brescia e a Bologna e non ho potuto dire di no. Pensavo di chiudere la carriera a Roma, ma non è stato così. A Brescia addirittura mi avevano prospettato una carriera in società ma ho rifiutato per seguirlo a Bologna. Era uno che ti tirava fuori tutto, davvero".

Sacchi invece?
"Torneo in Svizzera con la Nazionale, fu il mio esordio. Eravamo io e Statuto, stava sempre sul pezzo il mister. Era un calcio che era avanti davvero. Mi ricordo i suoi allenamenti, erano molto belli, propositivi, che ora sono la regola".

Altro nome importante Zeman:
"Pronti-via anche con lui è stato un rapporto particolare. Venivamo da un anno brutto con Bianchi, molti di noi non rientravano nei suoi piani, tra cui io. Facemmo la preparazione a Trigoria ma dopo il ritiro venni riaggregato subito. Come lui calcisticamente parlando ce ne sono stati pochi. E' uno che martella. Feci l'anno dopo la preparazione, furono 20 giorni difficilissimi ma insegna calcio. Si creavano tante azioni da gol, subivi anche ma il suo gioco era questo".

Con chi non ha avuto un bel rapporto?
"Capello. L'anno prima mi ruppi il ginocchio, non mi sono operato subito e proprio prima dell'arrivo di Capello, che mi voleva al Milan qualche anno prima. Cominciai la rieducazione, ma durante questo lavoro venne Galbiati, il suo secondo, e mi disse che dovevo uscire dal campo perché non facevo più parte della prima squadra".

Il più difficile da marcare?
"Ronaldo il Fenomeno, lo era veramente. Io giocavo d'anticipo e soffrivo chi era rapido".

Con chi si è trovato meglio?
"Lanna e Aldair".

E Baggio?
"L'ho conosciuto in una sfida con l'Inter in cui fui espulso per un fallo su di lui che non ci fu. Glielo ricordai a Brescia anche (ride, ndr). Ma è stato davvero un grande, ci siamo divertiti a Brescia. E' stato un grande calciatore ma è anche un grande uomo, quanto ci siamo divertiti".

Totti invece?
"E' stato uno dei più forti in Italia e al mondo. Un giocatore universale. Mi chiedono di un raffronto con Baggio, ma sono due fenomeni. Baggio era un 10 naturale, Francesco è universale, ha fatto tutto".

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