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L'ultima salita del Grande Giro

di Marco Conterio
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Due giorni per acuti, per volate, braccia alzate, lacrime, preghiere, sudore, rabbia, dolore, felicità. L'ultima thule è attesa, temuta ma arriva sempre. Come una certezza, una sentenza, per chi ha già superato la sua fiamma rossa da tempo, per l'ottava volta consecutiva. Per chi ha già bloccato il cronometro, con chi trionfa all'orizzonte e con chi insegue a sgomitare nel gruppetto che sogna ma che pure teme. Il calcio è come il ciclismo perché la vita è un Giro, salite e discese, scatti e cadute. Imprevisti, catene, pedali e fatica. Perdersi tra gli eroi e i dimenticati delle due ruote che furono, che sono, è come rivivere la Serie A di oggi. La Juventus è il Cannibale, Mercxx, che fagocita, dominatrice quasi annoiata. Che festeggia orgogliosa ma parca, lei che aveva riservato i baccanali per le trasferte e che invece ha fatto scadere pure la merce più preziosa fatta arrivare dal Portogallo in estate. Il Napoli dietro, inseguitore, sognatore. Come Gaetano Belloni dopo la Grande Guerra con Costante Girardengo, un Raymond Poulidor con la maglia azzurra e con l'ossessione dei fari posteriori. Eterni secondi. Piazzati ma non abbastanza, perché gli argenti non esistono, solo ori e allori. Solo primi posti, negli almanacchi, ti ricordi Pantani a Montecampione, mica Tonkov sulle gambe.

Milano da bere Per festeggiare, per dimenticare. Brindisi o assenzio, sarà quello della staffa, oggi e domani. Milano che sognava, Argentina e argentina. Cristallina, ai blocchi di partenza, Higuain contro Icardi, Icardi contro Higuain. Sì, Ronaldo, ma Milano era tornata, si diceva all'inizio della stagione. Solo che poi le montagne arrivano e il fiato manca. A Milano c'è il traffico, Torino è vicina alle salite e si è più abituati a sprintare subito verso i valichi. Ingolfata nel gruppo di chi sgomita e rimpiange, le sponde di Milano sono vittime delle proprie scelte. Una punta sbagliata, l'altra viziata. A uno l'addio a gennaio, Higuain, all'altro la tribuna in primavera, Icardi. Lottano per la Champions e per l'Europa, mentre dalle ammiraglie si preparano a scendere Luciano Spalletti e Gennaro Gattuso, comunque andrà, pare. In mezzo c'è Bergamo, che è come quelle squadra di giovani, quelle fughe che partono e che i grandi non considerano. Gian Piero Gasperini come Carlo Clerici, classe operaia e gregaria, uno di Koblet e l'altro del calcio che conta. Solo che parte, lanciato dalla fionda dell'entusiasmo, e dietro arrancano, e dietro non arrivano a volte.

L'ultima di De Rossi Daniele De Rossi è come i grandi proletari del ciclismo, come Carrea e Corrieri con Coppi e Bartali, Conti col Pirata o quel che per Contador è stato Tiralongo, che ha del gregario l'essenza anche nel nome. Tiralongo, Tira-a-lungo, al servizio degli altri. E' stato Capitan Futuro, presente, sarà da lunedì passato. Celebrato domenica, come simbolo di una città, all'ultimo giro, l'ultima salita, atteso da una valle di commozione. Una Grand Boucle al servizio di una città, di una fede e di una passione, uno del branco e del gruppo. Uno che senza la maglia del calciatore, del ciclista coi tacchetti e col pallone, si confonde insieme ai suoi, che sono pure la sua vita. Roma ai suoi piedi, per una volta, al traguardo, con le braccia al cielo e la barba sporca di lacrime.

La maglia nera Sarà l'ultima volta di Massimiliano Allegri, già celebrato e salutato. L'ultima di Sergio Pellissier, unico raggio di sole nell'anno della maglia nera del Chievo Verona. Che era la favola, il ragazzo di quartiere che corre con gli amici e si accorge d'essere più rapido e scattante dei professionisti. E' durata a lungo, l'avventura rosea e rosa dei clivensi, oggi maglia nera all'ultima giornata in Serie A. Sarà l'ultima di grandi azzurri, Andrea Barzagli. Sarà l'ultima con quei colori, tra chi sogna di correre i grandi giri e chi invece appenderà la scarpetta al chiodo. Saranno lacrime e sudore, fatica, salite, discese, speranze, preghiere, bestemmie. La Champions League per vedertela poi col Mortirolo quello vero, la corsa per non retrocedere in Serie B, perché la Fiorentina pensava di essere degna di vincere sulle grandi salite e invece dietro ha solo le auto che chiudono la carovana. Fine gara ciclistica, c'è scritto sull'ultima macchina, quella che chiude la festa, ogni volta. Il grande circo passa, alza un polverone di gioie e di preoccupazioni e poi lascia solo un ricordo. Solo sentenze, braccia alzate o catene spezzate. Due giorni. Poi sarà rosa, sarà nero. E sarà il tempo per un nuovo Giro.

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