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Juve, Pjanic: "Allegri è stato eccezionale nella gestione del gruppo"

di Simone Bernabei
Fonte: dall'Allianz Stadium, Giovanni Albanese
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Il centrocampista della Juventus Miralem Pjanic è il protagonista dell'evento Randstad all'Allianz Stadium. Il giocatore ha ripercorso i suoi primi passi nel mondo del calcio e spiegato quali sono le attenzioni che un calciatore professionista deve avere nel corso della carriera:

Sui suoi inizi: "A casa mia c'era sempre un pallone. Quando avevo un anno sono andato in Lussemburgo, un posto in cui lo sport non è ai massimi livelli quindi è difficile pensare di arrivare a vedersi in tv. Ma per me è sempre stato un sogno e un obiettivo. Ho iniziato a crederci di più a 8/9 anni, ho capito di essere un po' più bravo degli altri anche perché giocavo con quelli più grandi e alcune grandi squadre hanno iniziato a contattare la mia famiglia. Il primo passo è stato lasciare casa senza i genitori: avevo tante possibilità, ma quando sono stato invitato dal Metz ho capito subito che era la scelta giusta. I miei venivano ogni weekend e dopo le partite tornavano a casa. Dalla mia camera vedevo lo stadio e sognavo di giocare lì, poi a 17 anni ho raggiunto il mio obiettivo".

Sull'addio alla Bosnia: "Ce ne siamo andati quando è arrivata la guerra. Abbiamo provato più volte ad ottenere un documento per lasciare il paese, alla fine l'abbiamo avuto e siamo partiti per il Lussemburgo. Mio papà lavorava la mattina e poi andava a giocare a calcio, per me è sempre stato un esempio come calciatore e soprattutto come persona".

Cosa mi hanno insegnato i sacrifici dei miei giocatori? "Mi hanno fatto crescere più velocemente. Dalle difficoltà sono riuscito ad andare avanti e a centrare i miei obiettivi. Penso sempre da dove vengo e quanta strada ho fatto per essere qua".

Sul perché ha scelto la Bosnia: "Dal punto di vista sportivo la scelta migliore sarebbe stata la Francia, ma avevo 18 anni e avevo giocato solo un anno in prima squadra. Il ct mi chiamò per dirmi del suo interesse, ma avevo parlato anche con la Bosnia e quello era sempre stato il mio sogno. A 17 anni avevo già deciso, per questo dissi al ct francese che la scelta era già stata fatta. Arrivare al Mondiale è stato un orgoglio, ora sarà bello venire qua per rappresentare la mia nazione".

Su quanto è cambiato il mondo del calcio: "Tanto. E' più veloce e si punta sempre più alla perfezione per vincere tutto. Per essere al top con una grande squadra devi avere qualità e riuscire a metterle in discussione ogni giorno. Il più grande cambiamento è nella velocità del gioco e per questo è importante ciò che fai fuori dal campo. Tu giochi come ti alleni, come prepari le partite, come riposi, come mangi e come bevi. Io l'ho capito col tempo. Se dovessi consigliare qualcosa ad un giovane direi questo. A me lo dicevano, ma non ci credevo all'inizio. Negli ultimi anni ho cambiato qualcosa e sono migliorato. In campo devi sempre star bene fisicamente e di testa, perché ogni 3 giorni c'è una partita. Dare sempre il meglio non è semplice, soprattutto se devi fare 50 partite all'anno".

Sulle sue qualità da calciatore: "Non sono il più veloce o quello che fa i doppi passi. Io questo l'ho capito e faccio ciò che è nelle mie corde. Ovvero le giocate di prima, il gioco semplice e veloce. Ho capito i miei punti forti e ci ho lavorato. A me piacciono i giocatori che riflettono, a volte basta uno sguardo per capire i compagni. E alla Juve ce ne sono tanti così".

Sull'importanza dei piedi e della testa: "Ci sono calciatori che hanno fatto grandi carriere pur non avendo piedi straordinari. E' la testa che ti fa progredire, nella vita e nel lavoro. Nel calcio ci sono tante pressioni e se non sei forte mentalmente fai fatica. Per esempio Cristiano Ronaldo è molto forte in questo aspetto. Ha un livello di concentrazione fuori dal comune, quando le cose vanno bene ma anche quando vanno male. E' forte di testa e sicuro di se, per questo va sempre avanti".

Come si allena la testa di un giocatore? "Quando cadi ti devi rialzare. E' lì che devi essere forte, perché rialzarsi non è mai semplice soprattutto nei brutti momenti quando i tifosi fischiano e i giornalisti sono contro".

Qual è la caratteristica principale per arrivare in alto? "Il rispetto. E' importante ascoltare i genitori o gli educatori. Per me il rispetto è la cosa più importante".

Come si trasformano 11 giocatori in una squadra? "E' una domanda da fare ad Allegri, lui lo sa fare molto bene. Gestire 24 persone non è semplice e io gli ho sempre fatto i complimenti per questo, è stato eccezionale e ci è sempre riuscito molto bene".

Quanto conta il talento? "In tanti hanno più talento di me. Io ho sempre lavorato e continuo a farlo perché voglio essere fra i migliori centrocampisti del mondo. Questo mi ha fatto arrivare alla Juve".

Cosa avrei fatto se non fossi diventato un calciatore? "Difficile dirlo, anche da piccolo il mio sogno era fare il calciatore. Per questo non saprei".

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Venerdì 29 Marzo 2024
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