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Il calcio di Rangnick, spiegato da Rangnick: "Ho fuso il videoregistratore con i video di Sacchi"

di Simone Bernabei
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Il nome di Ralf Rangnick sta acquistando sempre più consistenza, per il futuro del Milan. Ma chi è Rangnick? E quali sono le sue idee di calcio? La risposta arriva direttamente da una vecchia lettera scritta dallo stesso Rangnick per The Coaches' Voice. Era il 2018/2019 e in quel momento era allenatore del Lipsia: "Sono stato allenatore-giocatore in sesta divisione, al Viktoria Backnang, fuori Stoccarda. Non eravamo molto forti, ma estremamente fortunati visto che nel febbraio del 1983 ci siamo imbattuti in un genio. La Dinamo Kiev, la squadra del leggendario allenatore Valeriy Lobanovskyi, era vicina a noi e aveva bisogno di un'avversaria morbida per un'amichevole. Dopo pochi minuti di partita, ho dovuto fermare il gioco e contare i loro giocatori. Qualcosa non andava, erano 13 o 14 sul campo? Avevo già giocato contro grandi squadre, e ovviamente ci avevo già perso, ma queste almeno occasionalmente davano sempre la possibilità di guadagnare spazio. La Dinamo era la prima squadra affrontata che sistematicamente pressava per recuperare il pallone. Quella è stata la mia epifania calcistica, lì ho capito che esisteva un modo diverso di giocare.

L'aneddoto su Sacchi Un paio di anni dopo diventai allenatore degli amatori dello Stoccarda. Lì incontrai un ingegnere che si era concentrato sulle tattiche calcistiche ed era diventato il primo allenatore in Germania ad introdurre il ballorientierte raumdeckung, un sistema che combinava la marcatura a zona con un pressing aggressivo. Il suo nome era Helmut Gross e insieme iniziammo a scrivere manuali di allenamento. Avevamo degli amici in Italia che ci mandavano i video di Arrigo Sacchi al Milan, noi mettevamo in pausa e riavvolgevamo i nastri così tante volte che abbiamo rotto il videoregistratore.

Idee di gioco contrarie al possesso palla estremo Nel '98 andai in tv per parlare dei vantaggi della difesa a 4 in linea. Nel paese che aveva regalato al mondo il libero era considerata una novità, quasi un'eresia. "La tattica è per i cattivi giocatori", diceva felix Magath. Quelle cose che 10-15 anni fa sembravano rivoluzionarie oggi sono diventate standard, anche se di recente abbiamo visto il ritorno del 3-5-2 e delle marcature orientate sull'uomo. A volte le squadre parcheggiano due bus davanti alla porta e ti obbligano a fare tanto possesso, il che rende difficile la ricerca del ritmo e il creare occasioni da gol. Se fai troppo possesso, il tuo gioco ricorda la pallamano e non vai da nessuna parte. Siamo preparati a giocare con passaggi rischiosi anche a costo di sbagliare, perché questo ci apre alla possibilità di attaccare le seconde palle.
La cosa più eccitante è vedere come le transizioni di gioco si siano evolute e siano diventate più veloci. Succedono così tante cose negli 8-10 secondi dopo la conquista o la perdita del pallone. Sono quelli i momenti che decidono le partite e gran parte dei nostri allenamenti sono dedicati a ciò che noi chiamiamo 'swarming behaviour', il movimento sincronizzato dei giocatori. Cinque anni fa non avrei mai pensato che un preparatore atletico potesse dirmi quanti metri di corsa deve fare la mia squadra. E con che velocità. Ma ora è così. Prima ti affidavi ai tuoi occhi e alle tue sensazioni, oggi è un po' come prendere un'auto a noleggio: ti dicono quanta benzina c'è nel serbatoio e il chilometraggio che hai a disposizione.

Calcio alla PlayStation, ma con i tuoi piedi Se vuoi aumentare la velocità del tuo gioco, devi sviluppare più velocemente le menti piuttosto che i piedi. Al Lipsia lavoriamo per aumentare lo spazio della memoria e il ritmo dell'elaborazione. Per esempio mettiamo i giocatori nel Soccerbot, una macchina che simula la partite precedenti e consente ai giocatori di rivivere i momenti chiave delle varie gare. E' un calcio da PlayStation, ma con i tuoi piedi. Ai giocatori piace talmente tanto che spesso è difficile farli smettere.

Regole chiare e rapporto coi giocatori L'esperienza mi ha anche insegnato che i giocatori hanno bisogno di regole chiare, ma non basta dirgli cosa devono e cosa non possono fare. Devi convincerli che rispettare le regole fa bene a loro stessi. Lo spogliatoio deve recepirlo e trasmetterlo a tutti, perché le pressioni dei tuoi pari sono più forti di quelle del capo. E ovviamente le regole devono valere anche per l'allenatore.
Ho una forte connessione coi miei giocatori, musica a parte. Quando smetti di capirli, di ascoltare le loro paure e le loro aspirazioni, devi smettere di allenare. E' un mio dovere aiutarli a convivere con le tentazioni e la falsa realtà a cui si trovano davanti come giovani ragazzi che guadagnano un sacco di soldi. La chiave è trattarli come adulti anche se molti di loro sono teenager o hanno comportamenti come se fossero nella pubertà. Devi spiegare le cose logicamente, fargli capire perché cose come l'alimentazione o il dormire sono importanti. In Germania qualcuno ha nostalgia dei personaggi pazzi, di quelli che scappano dagli allenamenti e che trasformano la notte in giorno con le feste. Ma quei giorni sono finiti. Chi la pensa così non sarebbe più in grado di giocare a causa dell'alta esigenza fisica delle partite.

Tattica, fitness e regole sono cose importanti, ma sono solo dei mezzi per arrivare al fine. Il mio lavoro è migliorare i giocatori. I giocatori ti seguono come allenatore se sentono che li puoi migliorare. E questa è la più grande e sincera motivazione che possa avere".

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