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Friedkin, mentalità e infortuni: tutti gli alibi alla crisi della Roma

di Dario Marchetti
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

“Se qualcosa può andare male, lo farà”. Il momento della Roma può essere riassunto in questo modo, con uno degli assiomi della Legge di Murphy. Già, perché i giallorossi pensavano di aver toccato il fondo al Mapei contro il Sassuolo, ma così non è stato. La brutta prestazione con la squadra di De Zerbi, invece, ha avuto un continuo prima con il Bologna e poi con l’Atalanta. A spaventare Fonseca è la mancata reazione dei suoi calciatori dopo l’uno-due bergamasco. Se fino ai precedenti 180 minuti era sempre arrivata, sabato scorso ha stupito l’incapacità della Roma nel non riuscire a calciare una volta verso la porta di Gollini.
ALIBI - Il tecnico portoghese da settimane va ripetendo di aver capito il problema e che questo risieda esclusivamente nella testa dei giocatori dove si sarebbe instillata la paura dopo la brutta figura contro il Sassuolo. Già questo deve far riflettere sul reale valore di un gruppo se basta una sconfitta per minare le basi che Fonseca va costruendo dal luglio scorso. Poi da Trigoria hanno parlato di anno zero e infortuni. Tutto vero per carità, ma viene da chiedersi allora perché questi alibi non valgano anche per l’Inter che come la Roma ha un nuovo tecnico e nuovi giocatori eppure ricopre il terzo posto in classifica a tre punti dalla Juventus prima.

C’è anche chi ha individuato la motivazione in questo momento di calo dei giallorossi nella cessione societaria. Come se le voci di Friedkin potessero spostare l’andamento di una partita.
INVOLUZIONE - La verità, probabilmente, non risiede in nulla di tutti questi fattori elencati, bensì nella svalutazione tecnica e nella sopravvalutazione di alcuni elementi interni alla rosa. Il punto è che in questi giorni che sta riprendendo la Champions League la Roma vede impegnata 13 suoi ex calciatori. Da Alisson a Salah, passando per Szczesny, Pjanic, Emerson Palmieri, Rudiger, Marquinhos, Paredes, Lamela, Schick, Toloi e Florenzi: tutti o quasi titolari dei rispettivi club di appartenenza e che andando via dalla Capitale hanno impoverito la Roma, non in grado di sostituirli in maniera adeguata. La società, di pari passo all’allargamento a quattro posti in Serie A per la partecipazione alla Champions, ha abbassato l’asticella della competitività pensando di poter comunque raggiungere l’obiettivo minimo dell’Europa dei grandi. Tutto questo senza fare i conti con la crescita esponenziale avuta da alcuni suoi competitor in questi anni come Napoli, Inter, Atalanta e Lazio. Così facendo la società giallorossa ora è costretta a inseguire non solo sul campo, dove la distanza è di sei punti dai bergamaschi, ma anche nella struttura organizzativa, depauperando il vantaggio acquisito prima del secondo anno di Di Francesco.

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