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ESCLUSIVA TMW - Lega Pro, Ghirelli: "Dobbiamo chiedere scusa e fare riforme"

di Ivan Cardia
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Gira, lavora, studia come uscire dal pantano di quest’estate. Una settimana fa, Francesco Ghirelli è stato eletto presidente di Lega Pro. Dal 6 novembre, il numero uno di via Jacopo da Diacceto ha girato tanti campi d’Italia e continuerà a farlo: “Lo faccio per un motivo semplice. Abbiamo perso credibilità, in questi mesi. Abbiamo chiuso gli stadi, abbiamo non fatto giocare i settori giovanili, abbiamo impedito alla gente di andare allo stadio, mandandola nei tribunali. La prima cosa da fare è chiedere scusa”.

Le responsabilità.
“Noi non abbiamo una grandissima responsabilità, altri farebbero bene a usare la cortesia di chiedere scusa. Ma è un problema loro. Il mio problema è con mia nonna: devo dimostrarle che suo nipote è diverso da quello che appare e devo contribuire in maniera importante a cambiare il verso a questo calcio. A rimettere al centro la passione, la magia, il pallone, in modo di tornare a essere la Lega dei comuni d’Italia”.

Dalla mancata qualificazione ai Mondiali in poi, è successo di tutto.
“Quello è stato l’emblema di un lungo processo di crisi, che rimarrà nell’immaginario di tanti ragazzi. Io mi ricordo l’altra volta, nel ’58 ero bambino. Se chiudo gli occhi mi ricordo l’Irlanda, la sconfitta, la pioggia, il freddo cane e noi che uscimmo. Quell’immagine rimane. Poi c’è stato un lunghissimo momento di crisi. Abbiamo vissuto l’assemblea del 28 gennaio, un disastro. Poi siamo risaliti piano piano, c’è stato un forte tentativo di non farci votare. Chiudiamo questo capitolo, come abbiamo chiuso le aule dei tribunali. Ora in Federcalcio c’è un uomo, Gabriele Gravina, che era in quest’ufficio fino a poco fa. Abbiamo l’obbligo di sostenerlo, perché crediamo che si possa veramente cambiare il calcio italiano”.

Da dove si riparte?
“Ridandogli dignità. È una nazionale che ha vinto 4 campionati del mondo. Dobbiamo ripartire da lì per aprire un nuovo capitolo positivo”.

Il fronte dei ribelli ha vinto. Cosa ci si deve aspettare da Gravina in FIGC e da Ghirelli in Lega Pro?
“Cose concrete. Noi parliamo, dall’altra parte ci sono i ragazzi che abbiamo bloccato sulla via dello stadio. Dobbiamo chiedere scusa, io sono andato a Pontedera a parlare con i tifosi. Per recuperare credibilità dobbiamo fare riforme: intanto quella della giustizia sportiva, per evitare che si ripeta quel caos. Dobbiamo ringraziare Giorgetti che ha provato a metterci una toppa, però è evidente che l’introduzione del Collegio di Garanzia ha incontrato un problema. Quello dei tempi. La giustizia sportiva va riportata all’interno del percorso federale. Sarebbe opportuno che tutti coloro che sono stati protagonisti finora facciano un atto dovuto: riconsegnare il mandato nelle mani di Gravina”.

Le piace quella definizione di ribelli?
“Il problema arriva ora. Il resto ormai è passato, la garanzia è Gravina: ora i ribelli sono diventati governance, è facile fare i ribelli ma ora si tratta di governare. Dobbiamo dimostrare di non essere soltanto contro, ma anche per”.

Otto presidenti su 56 non hanno votato per lei. E il presidente del Renate ha parlato della possibilità di ritirare la squadra.
“Nel mio programma elettorale ho scritto chi non avrebbe dovuto votarmi e perché. Non ho cercato un voto unanime, apprezzo chi la pensa diversamente. Ho detto chi non doveva votarmi, spero che risponda a questi criteri. Altrimenti cercherò di riconquistarli. Cercherò di raccogliere l’invito del presidente Spreafico del Renate: ha detto che se fra due mesi non avrò portato dei risultati dovrò fare un passo indietro. Ha ragione: i tempi non ci sono. Ha ragione lui”.

Ben 31 punti di penalizzazione già comminati in questo inizio di stagione.
“Una parte è frutto dello stesso processo che si è verificato per l’ingresso nel campionato. Se si fossero seguite le nostre indicazioni, la situazione sarebbe stata diversa. Noi dobbiamo fare delle cose che evitino questo. Entro dicembre, sono i due mesi di Spreafico, bisogna fare delle regole nuove. Che siano semplici, per evitare che succeda quello che succeda all’Entella e a tutti gli altri club: una vergogna. È una cosa che ha colpito la passione di tanti tifosi”.

Le regole.
“Devono dire all’inizio del campionato, questa volta non si può fare ovviamente, che i documenti si presentano in un giorno. Su alcune cose, per esempio gli stadi in cui sono necessarie verifiche tecniche, si potranno dare altre scadenze. Ma sulle fideiussioni, per esempio, non si può arrivare a settembre. E poi lo screening deve essere fatto a monte. Una volta iniziato il campionato, io per primo cerco di portare i club in difficoltà a finirlo per non rovinarlo. Non devono entrare se non ne hanno i requisiti, è questo il punto. Ed è quello che dice Spreafico: lui è in regola, ritiene che altri non lo siano. Il prossimo anno dovremo evitare una cosa del genere a monte”.

Poi?
“Dobbiamo lavorare sulla sostenibilità economica. Noi parliamo del semi-professionismo e oggi dobbiamo ringraziare Giorgetti perché possiamo parlare di cosa sia. Vuol dire tenere la stessa qualità del professionismo. Noi facciamo parte di quel tessuto sotterraneo che è il calcio del territorio che porta un po’ di gioia. Il semi-professionismo vuol dire defiscalizzazione, ma non per tenersi in tasca i soldi, bensì per costruire impianti e sviluppare i settori giovanili. Rispettando la nostra funzione sociale”.

Sui diritti TV.
“Dobbiamo chiedere qualche milione in più alla Serie A sui diritti televisivi. Noi siamo partiti dalla Nazionale: se vediamo i dati, ogni volta che noi perdiamo l’orizzonte e l’obiettivo dei giovani, la Nazionale va in crisi. Noi svolgiamo una funzione di vivaio: dobbiamo qualificarlo, partendo dall’alimentazione e dall’allenamento personalizzato. Abbiamo bisogno di allenatori per i ragazzi, che devono divertirsi e non pensare alle tattiche”.

I fondi europei.
“Tutti attingono al giacimento europeo, noi no. Ci sono parecchie risorse: per l’informazione, la digitalizzazione, le infrastrutture. Dobbiamo tagliare i costi, vedere cosa fare in questa direzione”.

L’identità della Serie C.
“È evidente che c’è una sofferenza delle singole società penalizzate, inaccettabile anche per tutte le società non in difficoltà. Voglio creare una nuova generazione di dirigenti del calcio italiano: Capotondi e Tognon, i due vicepresidenti, sono esattamente quello che dovranno essere i dirigenti del calcio italiano”.

Ha ricevuto una telefonata da Balata?
“L’ho ricevuta. Però quella vicenda ha strappato anche i rapporti umani. E per fortuna è arrivato Gravina, che ci obbligherà tutti a sederci attorno a un tavolo. Se non ci fosse stato lui vi sarebbe stato un problema nel parlarci. Si parla di riforme: prendiamo gli ultimi trent’anni. La C è passata da 90 a 60, la A da 18 a 20, la B da 20 a 22. Ci andrei cauto, a parlare di chi è riformatore e chi no”.

In estate è arrivata la riduzione della B all’improvviso.
“Abbiamo lavorato per due anni in Consiglio Federale, poi in un’ora e mezza avevano bisogno di far partire i campionati e l'hanno fatto senza dirlo a nessuno. Senza Gravina, sarebbe un disastro generale. Balata mi ha chiamato, sì, per farmi gli auguri: gli ho detto che magari bisognerebbe parlare di altro, noi due”.

Sul numero di squadre in Serie C.
“Il semi-professionismo prevede 60 squadre. Dovremo metterci attorno a un tavolo. Un conto è la contingenza: per l’attualità bisogna sapere che la nostra posizione è ferma. In B ci sono 22 squadre e sette dovranno arrivare dalla Serie C, non ne parliamo nemmeno. La riforma, poi, deve essere complessiva: non c’è un prima e un dopo. Bisogna ragionare di tutto quello di cui abbiamo parlato. Ma nel momento in cui si devono completare i danni nessuno pensi che noi, dopo il danno, accetteremo la beffa. Qualunque sia il numero”.

Mette in conto il rischio di un nuovo scontro con la Serie B.
“Visto e considerato che a noi ce l’hanno fatto sapere attraverso una comunicazione tv e radio che non c’erano più le promozioni, si dovranno abituare anche al contrario. Io ritengo però che si possa ancora ragionare, sedendosi tutti attorno a un tavolo”.

Cristiana Capotondi vicepresidente: per qualcuno è una mossa di marketing.
“Se chiedo scusa ai tifosi, devo accettare anche le critiche. E dire: vediamola al lavoro. Se chiedete ai presidenti dei vari club, scoprirete che chiama più lei di me. È sempre presente. Dico solo una cosa: se fosse solo un’operazione di marketing non l’avrei mai fatta. È vero che ci porta luce, a Tognon (Jacopo, l’altro vicepresidente, ndr) ho detto che noi siamo gli umili servitori della vigna e lei ci illumina. Però non fatevi illusione: c’è un carattere forte, graffiante, accanto alla semplicità e alla dolcezza con cui si presenta”.

Di cosa si occuperà?
“Viene qui per lavorare sull’informazione e la digitalizzazione. Ha una grande capacità di apprendimento e una grande voglia di lavorare, forma con Tognon una squadra omogenea. Tognon lo presteremo alla FIGC, senza diritto di riscatto, per la riforma della giustizia sportiva, e lavorerà anche sulle relazioni. La nuova classe dirigente ha quelle caratteristiche: donna, curiosa, intelligente, alta professionalità, capace di leggere anche il mondo della comunicazione. E poi vi svelo una cosa: è difficile che sbaglio squadra, quando la schiero. Non cerco e non voglio yes-man, ma persone più brave di me”.

Come è nata l’idea di avere vicepresidente un’attrice, che può sembrare estranea al mondo del calcio?
“Beh, nella storia della Roma c’è suo nonno. Era un accompagnatore particolare, perché invece di vendere frigoriferi e simili li dava in regalo ai calciatori. È quello il suo mondo. Ha stregato prima Gravina e poi il sottoscritto. A dire la verità, volevamo metterla in Consiglio Federale. In quel caso i ‘maschietti’ sono andati avanti, io ho detto a Gabriele che se la sarebbero ritrovata come vicepresidente. E, come con i ribelli, sono cavoli”.

Seconde squadre: ha aderito solo la Juventus. È un esperimento che ha futuro?
“L’avventura dei ribelli inizia l’11 aprile 2018. Nell’incontro si pensava di discutere di riforme: ci furono proposte due cose su cui dare risposta entro un’ora e mezza. Una era il calcio femminile e sappiamo come è andato a finire. Si poteva risolvere in 25 millesimi di secondo, riconoscendo alla LND quanto fatto negli anni e dicendo meno sciocchezze sul professionismo, altrimenti nessuna società farebbe una squadra e il calcio femminile sarebbe morto”.

L’altro tema?
“Il progetto, che era nostro, delle seconde squadre. Gravina in primis fece notare che si era ad aprile e si sarebbe andati incontro a un flop. Proponemmo di rinviarlo e definire un numero: se le seconde squadre servono ad accelerare l’aumento della qualità della Nazionale italiana non possiamo sottrarci. Hanno insistito, è arrivata soltanto una squadra, la Juventus, ha generato problemi nella nostra categoria. Ad aprile con un certo lavoro sarebbe stato molto più semplice, ora bisogna discuterne. I nostri presidenti, scocciati da come è stata imposta, pongono dei problemi. Faccio l’esempio della Viterbese: senza Juve U23 sarebbe stato nel girone A. Dobbiamo ragionare se questo processo serve o meno, e se serve per la Nazionale, dobbiamo dire obbedisco”.

Quindi?
“Bisogna ridiscutere le modalità. Convincere, per lo strappo operato in modo inverecondo ad aprile. Servono per la Nazionale italiana e dobbiamo essere disponibili a fare l’esperimento, serio, discutendo con tutti i nostri presidenti”.

È possibile avere il VAR in Serie C?
“Si è dimostrato uno strumento utile. Ha un costo, per noi pesante. Noi svolgiamo formazione, a tutti i livelli. È come tra scuola e università. Dobbiamo ragionare, con il presidente dell’AIA e i designatori, quali strumenti tecnologici possono aiutare. Per esempio gli auricolari: hanno dei costi, ma ne possiamo ragionare. Il 29 ci troveremo a Riccione con l’AIA e i nostri presidenti, l’idea è di fare più di un incontro all’anno per fare le verifiche sull’andamento, in positivo o in negativo. Ragioneremo con loro quali novità sono possibili, anche a livello dei costi, che per la VAR sono notevoli”.

A proposito di arbitri, un messaggio per il giovane direttore arbitrale aggredito nel Lazio.
“Siamo di fronte a dei delinquenti. Non ci può essere mediazione: non è calcio, sono delinquenti e vanno trattati come dei delinquenti”.

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